Gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e l’invasione russa in Ucraina, hanno documentato per l’ennesima volta come la violenza contro le donne nei conflitti armati sia una piaga tanto aberrante quanto costante negli scenari di guerra. Siamo arrivati, però, a un drammatico punto di svolta. Se finora le donne erano considerate bottino di guerra, oggi le violenze sessuali vengono usate addirittura come arma. Al punto che, le testimonianze su quanto accaduto il 7 ottobre lo confermano, ai miliziani di Hamas venivano date istruzioni precise su come privare le donne israeliane della loro capacità riproduttiva, per arrivare a sterminare il popolo.
Tutto ciò avvalora la tesi di come la violenza sessuale, perpetrata nei confronti delle donne nei conflitti bellici, abbia registrato una mutazione sostanziale, diventando parte intenzionale e consapevole di un più vasto progetto di annientamento del nemico, con l’obiettivo di distruggerne ogni aspetto materiale e spirituale.
A tale proposito vale la pena rammentare alcuni scenari in cui la brutalità dell’uomo ha reso il corpo della donna il vero “luogo della guerra”: come nel secondo conflitto mondiale, quando l’Armata Rossa, soltanto nelle prime due settimane di occupazione della capitale tedesca, ha fatto registrare oltre centomila casi di stupro. Anche durante le guerre civili ruandesi del 1994 migliaia di donne vennero violentate per finalità epurative e l’orrore di quanto avvenuto apparve ancora più grave quando si pose il problema della nascita dei bambini nati dagli stupri, dal momento che oltre il 90 per cento delle donne violentate non intendevano tenerli con sé. I miliziani stupratori erano convinti che le donne tutsi potessero e dovessero essere violate e dissacrate perché strumenti per realizzare la propria politica di annientamento etnico. Ancora, la guerra civile in Congo, in occasione della quale si calcola che almeno duecentomila donne siano state violentate sia dai ribelli che dall’esercito regolare.
A seguito di un lungo percorso giurisprudenziale e normativo e grazie a una maggiore consapevolezza sociale e rispetto dei generi, lo stupro, e in generale le violenze sessuali perpetrate in contesti bellici, non sono più accettati quale “naturale effetto collaterale della guerra” ma largamente ritenute condotte deplorevoli da perseguire e condannare con forza, rientrando pienamente fra i crimini di guerra e contro l’umanità.
Questo disegno di legge intende fare un ulteriore passo in avanti, delineando il reato all’interno del nostro ordinamento come crimine universale. Ciò significa che anche quando il reato viene compiuto da un cittadino italiano all’estero, o addirittura da un cittadino straniero all’estero, ogni volta che l’autore del crimine fa ingresso nel territorio di quello Stato, può essere perseguito.
La lotta contro questi crimini è una responsabilità collettiva che richiede un impegno costante e coordinato a livello internazionale. Il disegno di legge italiano è un passo avanti verso una giustizia più efficace e una maggiore protezione dei diritti umani e serve da modello per altri Stati che si impegnano a rispettare e far rispettare le norme internazionali in materia di diritti umani. Con la continua cooperazione e il rafforzamento delle leggi nazionali e internazionali, possiamo sperare in un futuro in cui la giustizia possa prevalere e la dignità umana sia salvaguardata in ogni angolo del mondo.