Cosa ci dice il caso della Consigliera Rosanna Natoli

Da metà luglio il Consiglio Superiore della Magistratura è scosso dal clamoroso caso della Consigliera Rosanna Natoli.

Componente del CSM di nomina parlamentare, l’avvocato paternese ha composto la Sezione disciplinare, ossia quell’articolazione interna dell’Organo di autogoverno della magistratura che opera come vero e proprio giudice nei confronti di magistrati accusati di illeciti disciplinari.

Nel novembre 2023, mentre era ancora impegnata nella stesura della motivazione di una condanna inflitta nel precedente mese di giugno a una magistrata del Tribunale di Catania e mentre era altresì coinvolta nella trattazione di un altro procedimento disciplinare nei riguardi della stessa magistrata, Natoli ha avuto un incontro con quest’ultima, nel corso del quale le ha sia fornito informazioni sul procedimento già giunto a sentenza, sia dato indicazioni su scelte procedimentali ancora da compiere.

Il caso è esploso perché, alla vigilia dell’udienza dello scorso 16 luglio, fissata nell’ambito del procedimento disciplinare ancora in corso nei confronti della magistrata catanese, il difensore di quest’ultima ha depositato alla stessa Sezione disciplinare del CSM la trascrizione e la registrazione del colloquio incriminato.

E così, la lista degli scandali al CSM, tutt’altro che povera, si è arricchita del caso del giudice disciplinare, che incontra un magistrato condannato/incolpato per discutere dei procedimenti che lo riguardano.

La vicenda, per la quale la Consigliera risulta indagata dalla Procura di Roma per i reati di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto, si presenta effettivamente gravissima.

Del tutto comprensibilmente, sono fioccate le richieste di dimissioni.

Secondo resoconti informativi autorevoli e non smentiti, lo stesso Presidente della Repubblica, che presiede anche il CSM, avrebbe sollecitato il passo indietro.

Tuttavia, nonostante appaiano un doveroso atto di responsabilità istituzionale, le dimissioni latitano.

Si è registrato, semmai, un alquanto singolare passo di lato della Natoli, che ha abbandonato la Sezione disciplinare.

Come può restare in carica un Consigliere del CSM che, agli occhi di tutti, è venuto meno ai suoi più elementari doveri?

La risposta sta nella progressiva deviazione del Consiglio e dei suoi componenti dal modello delineato dalla Costituzione.

Nel disegno costituzionale, il CSM è l’organo di amministrazione dell’ordine giudiziario, chiamato ad agire nel più rigoroso rispetto del principio di legalità; i suoi componenti elettivi, togati e laici, sono esperti di diritto, rappresentativi delle diverse categorie dei magistrati e delle professioni più strettamente collegate all’esercizio della giurisdizione (avvocati e accademici del diritto) la cui cifra caratterizzante è essenzialmente costituita dalla professionalità e dall’esperienza

Nella prassi, invece, il CSM si è progressivamente trasformato in un organo di potere partitocratico e i suoi componenti, correlativamente, si sono ridotti a rappresentanti dei partiti, togati e laici, dai quali sono sostenuti e dei cui obiettivi e strategie si fanno interpreti e persecutori.

A caratterizzare il componente del CSM non sono (più), come vorrebbe la Costituzione, la rappresentatività ed entità istituzionale ma l’appartenenza al partito e la capacità di eseguirne la strategia politica.

In questo contesto, la presenza di questo o quel consigliere all’interno del CSM, vieppiù quando gli equilibri sono fragili e legati a numeri assai risicati, non vale in sé ma in quanto pedina di un sistema di forze partitiche in competizione.

Per queste ragioni il caso Natoli sfugge agli stringenti argini del diritto e delle responsabilità istituzionali per occupare lo spazio della contesa e degli equilibri di partito e, più in generale, di potere.

Le dimissioni della consigliera paternese altererebbero un equilibrio partitico che le forze che hanno sorretto la sua elezione mirano, invece, a conservare ostinatamente.

Da qui l’ampia copertura di fatto assicurata alla Consigliera Natoli, ad onta delle gravissime conseguenze per la credibilità dell’Istituzione.

D’altra parte, le opposte forze, oggi così solerti e zelanti nella richiesta di dimissioni, a fronte di vicende non commendevoli che in passato hanno riguardato loro appartenenti, sono invece rimaste ben lontane dal mostrare analoga solerzia, chiudendosi a riccio a difesa dei sodali di turno.

Insomma, il quadro venutosi a determinare appare quello della contrapposizione meramente strategica tra il partito della Natoli, che supporta la sua adepta, e il partito avverso, che insiste nella richiesta che la Consigliera si faccia da parte, il tutto al fine di conquistare il controllo dell’Istituzione.

Non appare separabile da questo contesto l’idea di risolvere la questione della presenza in CSM della Consigliera Natoli attraverso il ricorso alla sospensione dalle funzioni consiliari prevista dall’art. 37, primo comma, della legge istitutiva del CSM (l. 195/1958).

Come accennato, per quanto accaduto, Rosanna Natoli è indagata a Roma per i reati di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto.

L’anzidetto art. 37 prevede che «i componenti del Consiglio superiore possono essere sospesi dalla carica se sottoposti a procedimento penale per delitto non colposo».

La sospensione può essere deliberata dal Consiglio, a scrutinio segreto, con la maggioranza dei due terzi dei componenti.

In tal senso, fortemente caldeggiata dalle aree politico-culturali avverse a quella cui è riconducibile Rosanna Natoli, sarebbe in preparazione una proposta da porre in votazione nella prima riunione post-feriale del CSM.

La prospettata sospensione, tuttavia, è ben lungi dal rappresentare la corretta soluzione giuridica del caso.

Anzi, a parere di chi scrive, costituirebbe un’illegittima forzatura da parte della maggioranza consiliare che dovesse eventualmente adottarla.

Non è possibile svolgere, in questa sede, considerazioni sull’originaria esegesi della previsione qui considerata ma non può tacersi l’elementare rilievo che, essendo la sottoposizione a procedimento penale un atto di garanzia, sarebbe un’aberrazione logica, prima ancora che un macroscopico errore tecnico, collegare ad essa effetti giuridici pregiudizievoli.

Ad ogni modo, a seguito di recenti novità normative riguardanti gli effetti della sottoposizione a procedimento penale, va categoricamente escluso che tale dato possa legittimare la prospettata sospensione.

Infatti, recenti riforme del codice di procedura penale e delle relative disposizioni di attuazione, adottate a garanzia della presunzione di non colpevolezza stabilita dalla Costituzione e della presunzione di innocenza prevista dalla Convenzione sui diritti umani, non solo hanno espressamente previsto che nessun effetto pregiudizievole, di tipo amministrativo o civile, può essere collegato alla sottoposizione a procedimento penale, ma hanno altresì stabilito che le disposizioni vigenti che ricollegano a tale dato effetti pregiudizievoli – tra le quali sarebbe annoverabile la previsione della sospensione dalla funzioni di consigliere del CSM qui considerata –  vanno intese nel senso che esse si applicano non al caso della persona sottoposta a procedimento penale, ma ai casi di persone nei cui confronti è stata emessa una misura cautelare personale o è stata esercitata l’azione penale.

Dunque, allo stato, in assenza di sviluppi del procedimento penale, la sospensione dalle funzioni della Consigliera Natoli da parte del CSM costituirebbe una macroscopica violazione di principi fondamentali.

Semmai, la sospensione dalle funzioni potrebbe essere adottata nell’ambito del procedimento penale, atteso che la rivelazione di segreti d’ufficio, che residua a carico della Natoli dopo l’abolizione dell’abuso d’ufficio sopravvenuta nel mese di agosto, è un reato per il quale è prevista la possibilità di disporre la misura cautelare interdittiva della sospensione dalle funzioni di pubblico ufficiale.

Al di là dell’aspetto tecnico, lo spodestamento a maggioranza della consigliera Natoli in assenza di solida base legale, inevitabilmente, suonerebbe come un atto di forza politico e segnerebbe un’ulteriore tappa della deriva anti-costituzionale che sta purtroppo contrassegnando l’esperienza storica del CSM.

Di contro, bisogna invertire la rotta su questo specifico terreno.

A tal fine, poca cosa sarebbe l’impegno per spodestare la consigliera Natoli. Serve lavorare e sbracciarsi, invece, per eliminare le condizioni che rendono possibile il verificarsi di casi del genere.

Serve, in altri termini, uno sforzo di reindirizzamento del percorso storico del CSM lungo i binari tracciati dalla Costituzione.

Ineludibile e decisiva, in questa direzione, si presenta la tappa della riforma del sistema di selezione dei componenti del CSM e dei criteri di affidamento dei cc.dd. “incarichi direttivi”.

Le proposte sono in campo da tempo.

Il sorteggio dei consiglieri (o, quanto meno, dei candidati) e la rotazione nelle posizioni organizzative all’interno dei singoli uffici sono interventi a costo zero che consentirebbero in breve il superamento della gestione partitica del CSM e il ritorno alla legalità e all’imparzialità nella gestione dell’organo di autogoverno.

La questione vera è un’altra. La Politica è veramente disposta a sottrarre ai partiti, togati e non, il controllo del Consiglio Superiore della Magistratura e, così, a rinunciare a un sistema che tanta influenza le consente di esercitare in ambito giudiziario?

Giuliano Castiglia

Magistrato tributario, già giudice ordinario

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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