È proprio di questi giorni l’appello degli imprenditori relativo alla ricerca di nuovi profili professionali avanzati nel settore tecnologico.
A fronte di percentuali significative di disoccupazione giovanile e non solo, si registra ormai da tempo una carenza di personale tecnico qualificato.
In più, i cambiamenti intervenuti con la pandemia da Covid-19 stanno comportando un’accelerazione verso un futuro che potrà essere ricco di nuove opportunità di vivere, lavorare e studiare se si saprà fare un uso più ricorrente, decisivo e organizzato delle tecnologie, come il PNRR mette in evidenza rispetto alle riforme da realizzare entro il 2026.
È ora di investire nella formazione tecnologica avanzata, creando una nuova filiera post diploma, che dia le giuste risposte al mondo produttivo, ma che rappresenti prima ancora una grande opportunità di formazione dei nostri giovani.
Già nel 2018, ad inizio legislatura, avevo depositato a firma Mariastella Gelmini e mia la Proposta di Legge 544 “Disposizioni per la riorganizzazione del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore” per indicare al parlamento la necessità e l’urgenza di intervenire sulle criticità emerse dal 2010 in avanti con riferimento ai percorsi di ITS (Istruzione Tecnica Superiore) che, al di là di alcune eccellenze, non si sono mai trasformati in una vera e propria filiera nazionale tecnologica non accademica. Già allora ci inquietava il basso numero dei diplomati nei nostri ITS (poco più di 2.000 tecnici all’anno) e soprattutto il dato che ben il 64,2% degli iscritti appartenesse a istituti situati nel Nord Italia e solo il 19,1% al Centro e il 16,7% nel Sud e nelle Isole. Nel post Covid tutte queste criticità sono diventate vere e proprie emergenze.
La soluzione sarà lo strumento giuridico che abbiamo individuato per governare gli ITS Academy: la fondazione di partecipazione pubblico-privata, che vede allearsi istituzioni pubbliche (regioni, enti locali, scuole superiori, università, centri di ricerca e centri d’istruzione e formazione professionale) con imprese o reti d’imprese e parti sociali, per concorrere alla formazione di tecnici 4.0 con riferimento alle filiere tecnologiche di appartenenza.
Una scommessa che pubblico e privato fanno all’interno di un sistema pubblico integrato a favore dell’istruzione tecnica superiore.
Non abbiamo molto tempo. La riforma degli ITS rappresenta uno dei 3 pilastri del PNRR, insieme alla trasformazione digitale e a quella ecologica, quindi, entro il 2026 dobbiamo aver predisposto questi centri tecnologici avanzati e garantito la formazione di almeno 20.000 tecnici l’anno. Il PNRR destina 1,5 mld per interventi di implementazione in tutte le regioni per i percorsi ITS.
In Italia non partiamo da zero, visto che negli ultimi vent’anni non sono mancati piani di sviluppo di percorsi di IFTS, ma soprattutto di ITS e quindi di specializzazione terziaria.
Nonostante ciò, l’Italia continua a soffrire il gap molto forte tra ciò che si studia e ciò che serve al mondo produttivo. Siamo il secondo paese manifatturiero in europa, ma 7 giovani su 10 delle scuole superiori non lo sanno e non scelgono, dopo il diploma, un percorso appunto ITS che in due anni garantisce una formazione sul lavoro di alta qualità e che, in 8 casi su 10, permette di entrare stabilmente in un mercato sempre più competitivo. In questo senso, c’è innanzitutto un problema di orientamento.
L’«higher vet» italiano, insomma, ancora non c’è.
Attualmente le fondazioni ITS si distribuiscono su 6 aree tecnologiche, articolate in una pluralità di ambiti. Il numero più elevato appartiene all’area “Nuove tecnologie per il made in Italy” (36,5% del totale).
Gli ITS afferenti all’area tecnologica della mobilità sostenibile risultano presenti con una percentuale del 18,3%, quelli dell’efficienza energetica con un 14,0%; le tecnologie innovative per i beni e le attività culturali con un 12,9%; le tecnologie dell’informazione e della comunicazione con un 10,7%; gli ITS delle nuove tecnologie della vita con un 7,5%.
La prima criticità che emerge da questi dati è che si scorgono differenze piuttosto forti tra le diverse regioni nell’implementazione dell’istruzione tecnica superiore. La Lombardia ha promosso il maggiore numero di fondazioni (18), seguita da Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto.
Dobbiamo ora passare dall’1% ad almeno il 20%, incrementando in modo significativo gli iscritti a questa offerta formativa post secondaria non universitaria professionalizzante, seguendo i modelli delle realtà europee già ben rodate come gli IUT in Francia e le storiche Fachhochschule in Germania, quasi inarrivabili al 35% di iscritti di studenti delle scuole superiori. I numeri dei tecnici sono oltre 750mila in Germania, oltre 500mila in Francia, oltre 400mila in Spagna, oltre 250mila in Inghilterra.
E mentre riformiamo questo segmento realizzando un vero e proprio sistema terziario non accademico, dobbiamo rilanciare quelli che si sono rivelati essere i punti di forza degli ITS: il raccordo con il mondo del lavoro, che vede già ora un partenariato delle fondazioni ITS costituito per il 37,4% da imprese ed un coinvolgimento nelle attività di stage (circa 2500 aziende), di cui quasi la metà sono PMI.
E ancora, il 69,4% dei docenti ITS proviene da imprese operanti nei singoli settori.
Il raccordo tra i due assi dell’innovazione e dell’education deve produrre un vero e proprio vivaio per lo sviluppo delle professionalità per il manifatturiero avanzato e caratterizzare i centri come ITS Academy 4.0.
Inoltre, i centri tecnologici dovranno costituire anche luoghi di placement per i giovani in uscita da questi percorsi.
La nuova legge approvata in prima lettura alla Camera il 20 luglio 2021 punta, proprio per questo, ad esasperare il coinvolgimento delle imprese per dare molto più spazio e potere vocazionale alle aziende.
Insomma, gli ITS Academy saranno quel luogo in cui non saranno definiti una volta e per sempre i percorsi di formazione, ma dove sarà l’innovazione a suggerirne di nuovi.
Meno burocrazia, più innovazione, più occupazione, più occupabilità, soprattutto più laboratori didattici innovativi STEM per il raccordo con le imprese e per appassionare i giovani a quella che sarà la tecnologia di oggi e di domani e quindi arrivare a formare le competenze per la FABBRICA INTELLIGENTE.
In questo senso, gli ITS Academy devono diventare dei veri propri luoghi di Open Innovation dove imprese e centri di ricerca mirano a generare nuove idee di impresa, partendo da contesti formativi.
Le criticità affrontate nella predisposizione della legge di riforma hanno riguardato i seguenti punti:
● Rebranding – abbiamo trasformato gli ITS in ITS Academy, perché sia chiaro che la formazione dei tecnici del futuro deve considerare adeguatamente l’impatto delle nuove tecnologie sull’occupazione.
● Governance – abbiamo modificato la governance e la natura (sempre più privatistica) delle fondazioni ITS Academy perché non sia più la burocrazia ministeriale a decidere i percorsi, ma l’innovazione a suggerirne di nuovi.
● Investimenti – occorre investire su tutti i territori ad alta vocazione industriale per rispondere alla domanda di professionalità proveniente dal mercato del lavoro, secondo gli standard europei e per sviluppare su binari paralleli i temi dell’innovazione e della formazione.
● Occupabilità – gli ITS Academy dovranno essere luoghi di placement per i giovani in uscita da questi percorsi.
● Spendibilità del titolo – gli ITS Academy devono poter offrire contratti di apprendistato formativo di apprendistato della ricerca.
● Prosecuzione degli studi ed equipollenze – abbiamo rafforzato il riconoscimento di equipollenze dei percorsi di studi effettuati negli ITS Academy (prevalentemente di durata biennale), prevedendo la qualifica di secondo livello equivalente ad una laurea professionalizzante di durata triennale e comunque la possibilità della prosecuzione degli studi in verticale (Lauree Magistrali e Dottorati di Ricerca).
Il voto all’unanimità espresso oggi da tutte le forze politiche è stato un segnale bello e forte, che l’Aula di Montecitorio ha lanciato al Paese rispetto ad un’emergenza formativa ed occupazionale, che merita le giuste risposte ed in tempi brevi dalla politica.
Ora tocca al Senato fare presto per rilanciare la “palla” al ministero e al governo per l’attuazione della legge.