A distanza di due anni dallo scoppio della crisi emergenziale pandemica, abbiamo certamente elementi e analisi che se da un lato ci rassicurano sul fatto che, in tema di giustizia, l’avvocatura ha condiviso spesso ma non sempre, scelte opportune e necessarie, dall’altro ci offrono oggi, maggiore contezza dell’impatto dell’emergenza sanitaria sui diritti della collettività e sull’economia del Paese.
Il senso di persistente precarietà è purtroppo un sentire comune, a cui si aggiunge lo stato confusionale determinato da alcuni provvedimenti non solo organizzativi.
La proporzionalità̀ dei provvedimenti adottati, soprattutto se riferibili alla giustizia, oggi più̀ che mai deve essere valutata non in astratto ma in concreto, alla luce della situazione che di fatto ne possa giustificare l’applicazione.
Giustizia che in questi mesi per resistere alle dure prove di esistenza ha dovuto cambiare pelle, accelerare la trasformazione che già̀ era in atto, adeguarsi ai nuovi strumenti tecnologici e innovativi per evitare la dispersione di richieste di tutela e soprattutto ha dovuto adattarsi alle prioritarie esigenze di sicurezza che con gli ultimi provvedimenti adottati possono ritenersi assolte al punto da poter considerare non propriamente ragionevole il perdurare dello stato di emergenza oltre il 31 marzo.
Gli effetti di tale “riserva” si riverseranno inevitabilmente sulla vita dei cittadini, sulle loro esigenze di tutela e di garanzia dei diritti. In questo caso e non solo sarebbe auspicabile un rinnovato impegno alla collaborazione tra la magistratura e l’avvocatura per riportare alla razionalità del diritto tutto ciò che nello spazio pubblico assume contorni assai conflittuali, con la specifica finalità di consolidare il rapporto di fiducia tra Stato e cittadino.
In ogni giurisdizione l’efficienza e l’efficacia dell’amministrazione della giustizia sono elementi indefettibili da perseguire con ogni mezzo, ma mai a discapito delle garanzie di tutela e di difesa. Permangono, infatti, taluni elementi di criticità particolarmente sentiti dall’avvocatura tutta, tra cui certamente l’esigenza di accelerare lo smaltimento dell’arretrato, ma soprattutto l’imprescindibile urgenza di assicurare piena garanzia di accesso alla giustizia per tutte e tutti, anche e soprattutto sotto il profilo economico. Gli oneri contributivi, particolarmente esosi, rischiano di mortificare – ancora – la domanda di giustizia che proviene dalle fasce più deboli della popolazione.
L’accesso alla giurisdizione in condizioni di eguaglianza rappresenta un fondamentale fattore di arricchimento della legittimazione delle istituzioni, che va promosso e preservato, almeno quanto l’effettiva parità delle parti nella medesima. Questi principi e questi elementi di criticità assumono peculiare rilievo nell’attuale fase storica, caratterizzata dal grande sforzo corale della Repubblica per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Una svolta epocale, che richiederà però robusti strumenti di controllo, a presidio della legalità e della trasparenza nell’utilizzo delle ingenti risorse messe a disposizione per lo sviluppo del Paese.
All’Avvocatura si chiede di assistere le amministrazioni e le imprese nella realizzazione dei progetti e di affiancarle nell’applicazione quotidiana di una normativa sempre più volatile, incerta e imprevedibile, nonostante – o forse proprio anche a seguito – dei continui interventi di “semplificazione”, spesse volte infelici. Nel ribadire l’auspicio di un cambio di passo del nostro ordinamento in termini di qualità normativa, rinnovo convintamente la disponibilità ad operare per raggiungere gli obiettivi di riforma tanto auspicati. Sarebbe molto importante che, specie nel settore del diritto e della giustizia, il legislatore si astenesse da interventi di carattere simbolico, o troppo influenzati da esigenze di mera comunicazione pubblica.
La sfida – per tutti – è che la responsabilità sia ragione di stimolo e non di disincentivo per l’azione giudiziaria e sia, dunque, conforme ai principi costituzionali sempre.