Giovanni Lo Storto
Nel mondo della formazione, ritengo prioritario che i nostri ragazzi ricevano gli strumenti per poter camminare con consapevolezza. Non dobbiamo indicare la strada, ma dare loro una bussola per decidere come indirizzare i loro passi. Occorre insegnare ai giovani a sviluppare un senso di responsabilità verso l’ambiente e verso il prossimo. Educare alla responsabilità significa insegnare ai giovani a pensare alle conseguenze delle loro azioni, a prendere decisioni consapevoli e a considerare gli effetti delle loro azioni sugli altri. Significa anche insegnare loro a riconoscere e ad assumersi le proprie responsabilità, anche quando ciò significa ammettere di aver commesso un errore. Inoltre, educare alla responsabilità significa anche insegnare ai giovani a essere attivi e partecipi nella società, a lavorare per il bene comune e a diventare cittadini globali consapevoli e impegnati. Significa anche incoraggiare loro a prendere posizione e a lottare per ciò in cui credono, a essere attivi nella loro comunità e a lavorare per il cambiamento sociale. Nel mondo attuale, in cui i problemi ambientali e sociali sono sempre più pressanti, è più importante che mai che i giovani siano educati alla responsabilità. Solo così potranno diventare cittadini attivi e partecipi, in grado di fare la differenza nella lotta per un mondo migliore e più sostenibile. La responsabilità è un concetto chiave per la costruzione di un futuro migliore e dobbiamo fare tutto il possibile per educare i giovani a diventare responsabili e attivi cittadini del mondo.
Daniela Piana e Stefano Bertollini
Nella realtà di cui il cittadino fa esperienza, alcuni aspetti intervengono. Il primo riguarda il fatto che digitale significa un mondo il cui linguaggio non è egualmente gestito e noto a tutti. Non si tratta di una buona ragione per pensare in senso deteriore del digitale. al contrario, si tratta di un’ottima ragione per pensare che proprio perché il Paese si addentra in una grande stagione di trasformazioni attraverso la digitalizzazione (è questa, riteniamo, la vera modalità con la quale andrebbe definito ciò che accade davvero nella realtà, una modalità scientificamente corretta e fondata), allora occorre accompagnare tutto questo con politiche che investano sulle barriere di carattere culturale e cognitivo, talvolta finanche emotivo, che si frappongono fra il cittadino e i servizi nel nuovo mondo trasformato. Un investimento, che ci appare ancor più promettente nel momento in cui parliamo di giustizia e teniamo in considerazione altissima la tutela effettiva dei diritti di quelle parti della società che, per varie ragioni, sono più vulnerabili. Il digitale potrebbe essere per queste parti della società una sorta di opportunità, se accompagnata da politiche adeguate, di grande valorizzazione e di riconnessione con le istituzioni.
Maurizio Tarquini
A fronte degli interventi previsti da Stati Uniti e Cina le regole, le deroghe, il dibattito sugli aiuti di stato della UE sono temi da affrontare con urgenza, rapidità e concretezza perché ne va della collocazione futura dell’Europa tra i protagonisti o tra gli spettatori del mondo di domani, ma per il quale bisogna essere pronti già oggi. In merito agli Aiuti di Stato tutto quanto ha, nei decenni trascorsi, costituito oggetto di dibattito e di scontro e andrebbe consegnato alla storia, facendo tesoro delle esperienze maturate che possono guidare nelle necessarie, coraggiose, ma oculate, scelte future. In questi ultimi mesi gran parte del dibattito economico si è concentrato sul PNRR, ma serve una forte attenzione sulla Riforma degli Aiuti di Stato annunciata dal Commissario Gentiloni in funzione della possibile nascita di un fondo sovrano europeo che funga da contraltare al pacchetto di tutela economica promossa dagli Stati Uniti.
Enrico La Loggia
Francamente non ne possiamo più noi siciliani di passare tutti per omertosi e conniventi per un gruppo di mascalzoni malviventi e assassini, che hanno imperversato sul nostro territorio e da qui in tutta Italia e nel resto del mondo.E non basta! È ora che si parta con un piano straordinario e urgente e di rapida realizzazione per creare lavoro vero e occupazione in Sicilia.Io credo che se lo Stato e le altre Istituzioni non danno le giuste risposte a chi soffre per il sottosviluppo e la disoccupazione, è difficile impedire che tanti trovino queste risposte altrove dove purtroppo la mafia tende ad insinuarsi e ad essere protagonista. Ma per quanto riguarda noi “sudisti “ sapremo recuperare la credibilità indispensabile e la forza delle “carte in regola” per pretendere giustizia sociale ed economica così da potere costruire il nostro futuro?
Questa è la vera scommessa da vincere. Ma solo se ognuno farà con lealtà la propria parte. E solo così la mafia un giorno sarà solo un cattivo ricordo, una cosa da studiare sui libri di storia.
Roberto Sorcinelli
C’è di male che l’Italia è sull’orlo del baratro economico e sociale ed è artificiosamente tenuta in vita dall’helicopter money distribuito in nome dell’emergenza dapprima sanitaria e poi della guerra. Ma si tratta, appunto, di un intervento palliativo, che non risolve ed anzi aggrava i malanni strutturali da cui è afflitto questo povero Paese.E c’è di male che quasi nessuno si preoccupa di porre un freno all’emorragia dei denari dei contribuenti che vengono strappati dai settori produttivi ed elargiti a piene mani per fini meramente assistenzialistici o, al più, rientrano nell’economia bypassando le naturali leggi del mercato, creando distorsioni spesso irreparabili.È avvilente vedere che da oltre cinquant’anni in questo Paese la risposta della politica al declino continuo ed inesorabile dell’economia nazionale sia sempre, invariabilmente, la medesima: più spesa pubblica.
Siamo tutti d’accordo che occorra colmare il divario economico Nord-Sud che, di fatto, disegna due Paesi tra loro completamente diversi nell’unica Nazione. Ma può la risposta essere sempre la stessa, ovvero più intervento pubblico nell’economia del Mezzogiorno? A nessuno viene in mente che la cura aggravi il male? Eppure gli economisti liberali esistono in questo Paese ed anche in tempi recentissimi abbiamo avuto dei grandi politici che hanno speso la loro intera vita combattendo per l’idea liberale, come il grande Antonio Martino, il cui esempio e il cui insegnamento dovremmo serbare come un bene raro e prezioso.
Forza Italia per il rilancio del cinema nel Lazio
Il ruolo che il Lazio dovrà rivestire per il rilancio del comparto del cinema, considerato che è la regione italiana nella quale l’industria del cinema e dell’audiovisivo ha il fatturato più alto, ingloba tra le sue priorità la ristrutturazione, l’adeguamento tecnologico e la costruzione di nuovi studios di Cinecittà, la riorganizzazione delle attività della Roma Lazio Film Commission ed una nuova legge regionale per il cinema. Di questo si è parlato nell’incontro promosso da Forza Italia presso la sala stampa della Camera dei Deputati, che ha visto gli interventi di Rita Dalla Chiesa, deputato e Capogruppo di FI in Commissione Cultura, Patrizia Marrocco, deputata di FI, Ernesto Irmici, già Consigliere regionale Lazio e coordinatore della Consulta di FI per i problemi istituzionali di Roma Capitale e Lampo Calenda, Presidente dell’associazione International Forum. Rita Dalla Chiesa ha parlato del cinema a Roma negli anni d’oro della Hollywood sul Tevere e del cinema italiano dei grandi attori e registi, rimarcando la straordinaria ricchezza apportata nel settore dalle nostre maestranze e l’importanza di un ricambio generazionale per non perdere i preziosi saperi artigianali e dare un futuro lavorativo a tanti giovani della regione. Si è detta fiduciosa della possibilità di rilanciare il comparto del cinema e della televisione nel Lazio, sottolineando come “Forza Italia abbia a cuore la Famiglia, puntando su una cultura di incontro e confronto, che unisca tutti”.
Ugo Utopia
Senza dilungarmi in logorree banali e senza nulla togliere alla piena tutela da riservare al diritto di informazione, per trovare un punto di equilibrio, chiedo: perché non statuire ex lege il divieto a dare evidenza ai nomi di magistrati da parte dei media? Se è vera la vulgata (comunque da provare) che spesso sono giudici, o PM a fornire le notizie (riservate) alla stampa, perché non prevedere come i nomi dei PM che svolgono le indagini, o dei giudici che emettono le sentenze, restino riservati? Non ho, di certo, la presunzione dell’originalità della proposta, ma è con coscienza e volontà, che intendo evocare e reiterare la richiesta di quanto auspicato da gran parte della società, al fine di venire incontro a un malessere diffuso e combattere un cancro, che troppo spesso ha colpito, infangando, finanche distruggendo, persone, famiglie e relazioni professionali e sociali, con la beffa che, dopo quattro o cinque anni, come tante volte accaduto, tutto viene a risolversi con un non luogo a procedere, o un’assoluzione perché il fatto non sussiste. Sul tema si potrebbe scrivere molto di più, più tecnicamente e con dovizia di particolari richiamando la normativa sul rispetto della privacy e non solo, ma voglio deliberatamente essere elementare, sintetico e diretto, concludendo proprio con un pensiero al ministro Carlo Nordio, perché con la sua sensibilità, che sembra dimostrare dopo questi primi cento giorni di governo, possa concretizzare un intervento riformatore in tal senso, così che non si possa più ironizzare, come l’“Inno alla gogna” di Daniel Defoe sia il vademecum di chi della giustizia fa mestiere.