Quando è scoppiata la guerra in Ucraina, da cittadina e critico d’arte mi sono chiesta come e se l’arte potesse e dovesse intervenire per fornire strumenti utili alla comprensione e alla soluzione di un problema così complesso. Ma è difficile in questi casi evitare di cadere nella propaganda di parte e nella retorica pro o anti-bellica; quando l’arte si avvicina ai temi politici, rischia di diventare un elemento illustrativo di un pensiero politico precostituito.
Per questo, ho pensato di attuare un’operazione più delicata, di soft power, incentrata su alcune opere storiche di Sergio Lombardo, che raffigurano gli uomini politici dell’epoca.
Sergio Lombardo è una delle voci più lucide e fertili dell’arte contemporanea italiana. Direi che è il più interessante caso di artista-scienziato che l’Italia abbia generato dal Futurismo ad oggi. È stato un esponente primario della Scuola di Piazza del Popolo, nota come Pop Art italiana. Poi, dagli esiti di quella esperienza, ha costruito una sua teoria estetica, la Teoria Eventualista e in questi decenni ha dato vita a una produzione artistica così vasta e complessa, da far lavorare parecchio nei prossimi anni studiosi di molte discipline, dall’estetica alle neuroscienze, dalla matematica all’intelligenza artificiale.
Quando nei primi Anni 60 Lombardo ha dipinto i Gesti Tipici e poi gli Uomini Politici, lo ha fatto con un approccio scientifico e cioè con lo scopo di indagare come e se le immagini mass mediatiche e in genere le immagini autorevoli fossero in grado di influenzare l’osservatore attraverso la postura e il gesto di potere. Quindi gli Uomini Politici di Lombardo non sono ritratti figurativi né ritratti apologetici, bensì degli stimoli estetici attivi, emotivamente conflittuali, capaci di scatenare nella psiche dell’osservatore risposte innate profonde. Lombardo ha rappresentato importanti politici degli Anni 60, a partire da JFK, Mao Tze-Tung, Krusciov, Nasser, Mattei, Rockefeller, Luther King, Malcom X, De Gaulle, Adenauer, Fanfani, De Gasperi e molti altri. Non li ha dipinti in modo tradizionale, ma utilizzando direttamente immagini dei mass media ingrandite e semplificate, ridotte a mappe in bianco e nero, o a colori. Lombardo stava compiendo un passaggio fondamentale e irrevocabile dall’arte artigianale all’arte scientifica.
È stato proprio pensando a quelle sue opere che è nata l’idea di organizzare una mostra che avesse anche un risvolto psico-politico, di diplomazia culturale, portando tre personaggi storici chiave, JFK, Krusciov e Mao, direttamente nel tempio della politica estera italiana, il MAECI.
La mostra era a porte chiuse, visibile solo a ministri e diplomatici invitati ai meeting internazionali o in colloqui bilaterali. Senza dubbio quei tre “convitati di pietra”, anche grazie alla loro maestosa bellezza, hanno fatto irruzione nelle coscienze e conversazioni dei diplomatici. Come? Basterebbe chiederlo al Segretario Generale di quel periodo, l’Ambasciatore Ettore Sequi, artefice e testimone di quella speciale interazione estetico-politica. Intanto, l’Ambasciatrice italiana negli USA Mariangela Zappia li ha voluti portare negli Stati Uniti in una lunga tournee iniziata all’Ambasciata d’Italia a Washington, ora a New York presso la Fondazione CIMA con il coordinamento dell’Istituto di Cultura Italiano, che proseguirà anche al Consolato italiano di Boston per concludersi in quello di Miami.
Detto questo, la guerra certamente non è ancora finita, ma nel tempo sono emerse nuove e più profonde considerazioni ormai sotto gli occhi di tutti: la necessità di un vero multilateralismo, il ripensamento di una politica estera dell’Europa, il suo riposizionamento autonomo nello scacchiere mondiale e soprattutto la riflessione storica su come nel 1962-63, durante la Crisi dei missili a Cuba, Kennedy e Krusciov riuscirono a evitare il disastro atomico. Come a dire, è possibile attingere soluzioni dalla nostra stessa storia recente. Non dimentichiamo che l’ultima grande campagna nella vita del presidente americano Kennedy non fu per la sua rielezione, ma la lotta per una pace sostenibile con l’Unione Sovietica. Ci sono più di cento lettere che testimoniano il carteggio quasi quotidiano tra Kennedy e Krusciov, oltre alla linea telefonica diretta che permise ai due statisti di chiarire le proprie posizioni senza interferenze interne dei loro staff e tensioni inevitabilmente incontrollabili.
Con queste premesse, il progetto originario ha continuato a svilupparsi in nuove forme e direzioni. Intanto, attraverso una rilettura attenta dei discorsi di JFK, sottolineando quei principi pacifisti ed ecologisti ante-litteram di cui Kennedy si è fatto portavoce. Basti pensare al discorso del 10 giugno 1963, intitolato “Una strategia per la pace”. ln quel discorso, rivolto ai laureandi della American University, Kennedy fece ricorso alla sua esperienza istituzionale, alla sua visione del mondo e alle sue innegabili abilità oratorie per stabilire relazioni più pacifiche con l’Unione Sovietica e limitare la corsa ai test e agli armamenti nucleari.
Proprio utilizzando la potenza evocativa dell’immagine dei Kennedy di Sergio Lombardo, ho organizzato all’Ara Pacis, luogo quanto mai appropriato al tema, una conferenza internazionale in occasione del sessantesimo anniversario di quel discorso sulla Pace del 10 giugno ’63, dando voce a figure di grande rilievo: Kerry Kennedy, nipote di Jfk e figlia di Robert, Jeffrey D. Sachs, profondo conoscitore dei discorsi di JFK, Gillian Sorensen, moglie di quel Ted Sorensen coautore dei suoi discorsi, Nina Krhuscheva, nipote di Nikita Krusciov, e poi Romano Prodi, ex primo ministro ed ex presidente della Comunità Europea, Mario Marazziti, in rappresentanza della Comunità di Sant’Egidio, Alberto Melloni, esperto di Storia del Cristianesimo, Umberto Vattani, ex Segretario Generale del MAECI. Mettere insieme tutte queste menti è stata un’operazione che ha coinvolto anche il think tank “Pensare Insieme” e l’Accademia di Belle Arti di Roma con lo scopo di riscrivere una “storia politica dell’arte” dove l’immagine preannuncia e stimola un nuovo pensiero politico, filosofico e sociale, da costruire con le nuove generazioni.