In data 8 agosto 2023 è entrata in vigore la L. n. 93/2023, recante “disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore mediante le reti di comunicazione elettronica”, la quale ha lo scopo di rafforzare la tutela del diritto d’autore online soprattutto (ma non solo) mediante l’attribuzione di nuovi poteri all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito “AGCOM” o “Autorità”).
Tale legge, in specie, si compone di sette articoli che vanno dall’universale al particolare.
Dopo aver trattato dei principi generali cui si ispira (art. 1), essa dedica una lunga disposizione ai “provvedimenti urgenti e cautelari dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la disabilitazione dell’accesso a contenuti diffusi abusivamente” (art. 2) e modifica alcune delle norme incriminatrici contenute negli artt. 171 ss., L. n. 633/1941 (di seguito “l.d.a.”) al fine di promuovere il contrasto alla pirateria cinematografica, audiovisiva ed editoriale (art. 3). Seguono le previsioni sulle campagne di comunicazione e sensibilizzazione (art. 4); quelle per cui talune delle sanzioni amministrative previste dalla legge istitutiva dell’AGCOM si applicano anche in caso di inosservanza dei provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 2 (art. 5); quelle che prevedono la modifica del Regolamento AGCOM emanato nel 2013 in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica (art. 6); e – tralasciando l’art. 7 – quelle per cui dovrà essere realizzata “una piattaforma tecnologica unica con funzionamento automatizzato” volta a consentire “la disabilitazione dei nomi di dominio o degli indirizzi IP” decisa dall’Autorità sempre ai sensi dell’art. 2 (ancora art. 6).
Poiché la legge in commento è una delle poche degli ultimi anni (o lustri) che non sono state adottate a seguito di un diretto “impulso” del Legislatore comunitario, le novità di cui è foriera – al netto delle criticità di cui si dirà – sono certamente da salutare con favore.
Al riguardo, il comma 1 dell’art. 2 concede all’AGCOM il potere di ordinare ai prestatori di servizi, compresi i prestatori di accesso alla rete, di disabilitare l’accesso a contenuti diffusi abusivamente mediante il blocco della risoluzione DNS dei nomi di dominio e il blocco dell’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP univocamente destinati ad attività illecite, il che dovrebbe ampliare gli effetti delle misure adottabili dall’Autorità: se si passa l’immagine, è come se si costruisse la barriera non lungo le strade che conducono ad un edificio, per arrivare al quale si può sempre trovare un’altra via, ma in prossimità della porta dell’edificio stesso. E all’adozione di dette misure si può giungere all’esito di un vero e proprio “procedimento amministrativo cautelare”, nell’ambito del quale l’Autorità soppesa il fumus boni iuris e il periculum in mora dell’istanza.
Ma ancora più interessante è la seconda parte del comma 5 dell’art. 2, per la quale i prestatori di servizi di accesso alla rete, i soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi della società dell’informazione coinvolti a qualsiasi titolo nell’accessibilità del sito web o dei servizi illegali, eseguono il provvedimento dell’Autorità entro il termine massimo di 30 minuti dalla notificazione, cui aggiungere che il comma 4 prevede l’obbligo per taluni soggetti di tenere un elenco dei nomi di dominio e degli indirizzi IP attraverso i quali sono resi disponibili i contenuti diffusi abusivamente.
Inoltre, il comma 3 dell’art. 2 permette nei casi di gravità e urgenza che riguardino taluni tipi di contenuti – quelli trasmessi in diretta, prime visioni di opere cinematografiche o programmi di intrattenimento, contenuti audiovisivi anche sportivi o altre opere dell’ingegno assimilabili – l’uso di un procedimento abbreviato senza contraddittorio: che sarà enormemente potenziato dalla messa in opera della piattaforma di cui all’art. 6 volta ad automatizzare i procedimenti di disabilitazione di cui all’art. 2, per l’adozione della quale è stato già convocato l’apposito tavolo tecnico previsto dalla legge.
Al riguardo, si è in altra sede messo in luce che si disegna qui una potente “ingiunzione dinamica amministrativa” che – già prevedendo future violazioni nel suo perimetro senza necessità di un ulteriore accertamento – comporta il passaggio dal notice and take-down al notice and stay down.
La stessa, tuttavia, induce a sollevare alcuni interrogativi.
Quid iuris, ad esempio,ove l’ulteriore sito sul quale ha luogo la violazione contenga molte altre pagine con contenuti del tutto legittimi? Quid iuris ove una singola sua sezione abbia contenuti “misti” o un indirizzo IP ospiti più siti assai diversi fra loro? Una limitazione temporale della misura – esclusa dalla stessa AGCOM – o la sua circoscrizione ad un sottodominio davvero scongiurerebbero ogni rischio di overblocking?
È allora evidente che nell’interpretazione della citata legge, quello del bilanciamento di interessi sarà uno degli aspetti sui quali si scaricheranno le maggiori tensioni, anche in considerazione dei diritti fondamentali che vengono in considerazione. E tali tensioni verranno peraltro incrementate dalla stessa evoluzione tecnologica, come diviene evidente pensando – ad esempio – a provvedimenti che debbano avere ad oggetto concerti live trasmessi via Facebook o canzoni ascoltate in streaming tramite play list diffuse all’interno di gruppi di ascolto chiusi.
Infine, un passo più in là si pone l’interrogativo inerente al modo in cui si potrà reagire a condotte illecite che hanno luogo nel metaverso. Ma questa è davvero una storia tutta da scrivere.