I corpi intermedi

All’inizio di marzo, Unioncamere e Cnel hanno siglato un accordo quadro. Con quali obiettivi? Rafforzare le collaborazioni negli ambiti di maggior intensità per l’economia e la società: le trasformazioni del mercato del lavoro, il cambio di passo della globalizzazione, giovani e lavoro, il tema del salario. L’accordo rientra in un programma di più ampio respiro, che Renato Brunetta in quella occasione ha richiamato, diretto a fare del Cnel la “casa” dei corpi intermedi.

Ha un senso questa idea? Secondo me ne ha e molto.

In un suo saggio, Claudio De Vincenti ha descritto così le caratteristiche delle formazioni sociali: essere un luogo di espressione della costruttività civile e sociale delle persone e, insieme, un trait d’union tra cittadini e Stato. Questa definizione ricomprende molti soggetti diversi, dalle rappresentanze associative alle autonomie funzionali, dalle fondazioni bancarie alle organizzazioni del Terzo settore.

Negli ultimi decenni in Italia (ma non solo) abbiamo assistito al diffondersi di un clima culturale fondato sulla disintermediazione sociale e politica. Uno dei suoi pilastri consisteva nel riconoscere minor peso pubblico e minor capacità rappresentativa alle realtà organizzate. Si sono costruiti modelli fondati sulle leadership. Alla fatica delle mediazioni con i corpi intermedi, cosa abituale nel passato, si è preferita e perseguita la ricerca del consenso in presa diretta, con idee semplificate, di facile condivisione, ma perciò stesso prive della capacità di far fronte alla complessità.

Da questo clima culturale è derivato il ridimensionamento dei corpi intermedi, la difficoltà a riconoscerne il ruolo, la perdita di peso di quelle istituzioni basate proprio sui corpi intermedi, in particolare il Cnel oltre alle Camere di commercio, realtà entrambe oggetto di riforme per eliminarle o fortemente ridurle.

Anche i corpi intermedi dal canto loro hanno vissuto in questi anni una loro maggiore fragilità, dovuta a un individualismo sempre più diffuso, al dilagare delle diverse forme di socializzazione virtuale (i vari social) e ai cambiamenti delle componenti sociali alle quali ciascuna di esse faceva riferimento (anche per le nuove tecnologie che hanno trasformato gli attori tradizionali del mercato).

C’è voluta la pandemia per recuperare la percezione del loro valore, perché in quel contesto si è dovuto far ricorso a tutte le energie e le forze della società per superare la difficoltà. Ricordo in quella fase di emergenza, ad esempio, il ruolo assunto dalle associazioni di volontariato per la tenuta sociale e dalle Camere di commercio nel sostegno alle realtà imprenditoriali.

Oggi in un quadro internazionale di grande complessità e preoccupazione, il nostro Paese è impegnato in percorsi di non semplici modernizzazioni (le transizioni digitale, ecologica, verso un’economia sostenibile). Sebbene presidiati e, per quanto possibile, guidati a livello centrale, il loro successo dipenderà dall’ampio coinvolgimento di persone, famiglie e imprese. Sarà essenziale partire dal basso, dai milioni di soggetti coinvolti con i loro comportamenti quotidiani e i loro legami sociali; dalla solidarietà vissuta (ad esempio, per portare ad effetto strutture come le comunità energetiche), dal dialogo costante con i diretti interessati per far emergere bisogni inespressi o insoddisfatti.

Per questo il presidente Brunetta sottolineava che per le grandi transizioni in atto “servono politiche mirate ad ammortizzarne i costi sociali e a tutelare i più fragili e in questo i veri protagonisti non possono che essere i corpi intermedi della società”.

Nell’introduzione al volume di Astrid “Una società di persone?”, Franco Bassanini, Tiziano Treu e Giorgio Vittadini sottolineavano che il fallimento delle ideologie liberiste e populiste e, più in generale, di una cultura permeata di individualismo, “conferma la necessità del collante sociale rappresentato dagli enti intermedi”. Ma aggiungevano che la prova che aspetta oggi queste organizzazioni “è ancora più insidiosa degli attacchi ideologici del recente passato; consiste nella capacità di rispondere alle sfide del presente e del futuro (…)”. E questa capacità va costantemente revisionata, per essere sempre attuale. Anche le Camere di commercio stanno vivendo una nuova fase. Enti autonomi, radicati nel corpo sociale delle imprese, espressione della loro autorganizzazione, le Camere di commercio vivono nel terreno di mezzo tra statualità e libera iniziativa privata. La loro peculiarità è quella di connettere reti (private, di servizi, finanziarie, territoriali, associative), in una logica di supplemento e non di sostituzione.

Un sistema interessato negli anni scorsi da una riforma severa, che ne ha ridotto il numero da 105 a 60, dimezzato le entrate, modificato in parte le funzioni. È stata una sferzata che però ha ridato spinta ad energie e creatività per supportare le imprese nella digitalizzazione, nelle tecnologie più ecocompatibili, nelle progettualità territoriali.

Il dibattito sui corpi intermedi torna attuale per un’altra importante ragione, perché senza di essi si indeboliscono l’idea e la realizzazione stessa dei sistemi democratici. La democrazia non si basa solo sui diritti individuali, economici e politici, ma riguarda anche la dimensione sociale. Lo ricorda la nostra Costituzione, riconoscendo che la possibilità di costruire e partecipare alla vita della comunità tramite le diverse organizzazioni sociali è coessenziale all’idea di libertà.

Che ruolo potranno avere allora i corpi intermedi? George Steiner in “Una certa idea di Europa” scriveva che una traccia dell’ideale europeo si è consolidata nei tanti luoghi, come ad esempio i caffè, in cui la società civile si confrontava, dove si scambiavano idee, si mettevano a punto programmi e iniziative. È il primato, cioè, della partecipazione vitale, della democrazia costruita dal basso, che sono un tratto del Dna europeo.

Giuseppe Tripoli

Segretario Generale di Unioncamere

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

© Copyright 2024 | Dimensione Informazione
Tutti i diritti riservati

Privacy Policy Cookie Policy Cambia preferenze

Contatti:
Viale Giuseppe Mazzini, 134 - 00195 Roma
Telefono: 06.37516154 - 37353238
E-mail: redazione@dimensioneinformazione.com