Raffaele Oriani
Negli ultimi anni, le Business School, consapevoli del cambiamento del proprio ruolo nella società, hanno compiuto passi importanti verso i nuovi modelli formativi, incorporando il concetto di impatto nella propria missione e nelle proprie strategie e favorendo la diffusione di una nuova cultura tra la faculty e i discenti, anche attraverso la condivisione di valori e visione. Ma resta un’ulteriore sfida da affrontare. La responsabilità e l’impatto non possono essere visti come fattori aggiuntivi rispetto ai normali processi aziendali, altrimenti rischiano di rimanere in secondo piano rispetto ai tradizionali obiettivi di creazione di valore per l’azionista. Compito della ricerca e della formazione nelle business school è quello di integrare tali valori in tutte le attività aziendali, rendendoli parte integrante dei processi decisionali. Solo in questo modo sarà possibile compiere un ulteriore passo verso una più concreta capacità delle aziende di affrontare in modo responsabile le grandi sfide che caratterizzano questa nuova fase del mondo in cui viviamo.
Giuseppe Melis
La delega di riforma fiscale approvata con la Legge n. 111 del 2023 attraversa “a 360 gradi” il nostro sistema tributario, intercettandone le principali inefficienze e proponendo soluzioni assai equilibrate che, da un lato, tutelano gli interessi dell’Erario e, dall’altro, tengono in dovuto conto anche gli interessi dei contribuenti, che non sono sudditi.
Il suo obiettivo di fondo è rendere il nostro sistema maggiormente competitivo, aumentando l’appeal verso gli investimenti dall’estero ed evitando che le imprese che attualmente già vi operano si trasferiscano altrove.
I temi affrontati dalla delega sono tanti e taluni ancora bisognosi di un fine tuning in vista della versione definitiva – tra tutti, la distinzione tra crediti non spettanti e crediti inesistenti – ma anche sul fronte sanzionatorio può senz’altro affermarsi che la strada intrapresa dal Governo è quella giusta.
Andrea Reale
L’introduzione dei test è da subito apparso un modo per alimentare discredito e intaccare l’immagine di professionalità e di equilibrio dei magistrati attualmente in servizio.
Si tratta di un trend, purtroppo, che non si è mai arrestato nel corso degli ultimi anni, assistito da certi house organs della Politica, verosimilmente anche di altri poteri meno istituzionali, se è vero, come è vero, che l’introduzione dei test psicoattitudinali per i magistrati costituiva un punto programmatico del Piano di Rinascita Democratica della Loggia P2.
Appare incomprensibile perché il Governo non dedichi il suo tempo a migliorare realmente e a rendere più efficiente l’amministrazione della giustizia in termini di mezzi e di persone, piuttosto che sparare a zero sulle future levi magistratuali.
Luigi Ciampoli
La violenza di genere e la sua più grave manifestazione, il femminicidio, costituiscono, nonostante l’allarme sociale sollevato anche in campo internazionale, un fenomeno in gran parte sommerso.
L’importanza del fenomeno, la corrispondente rilevanza dell’allarme sociale e le incertezze interpretative, scaturenti dalle disposizioni normative e da errati ricorsi a provvedimenti di delega, sollecitano un attento approfondimento del panorama socio-culturale che sottende le attuali manifestazioni, prendendo cognizione della necessità di una educazione alla legalità e convinto coinvolgimento internazionale, respingendo emergenti forme di feticismo del proprio “io”, sempre più affioranti, pericolose e negative di ogni ricerca del bene ed interesse comune.
Miriam Mirolla
GAC (Galleria Accademia Contemporanea) è uno di quei punti di svolta che permettono alla città ex Caput Mundi di uscire dall’antico e di catapultare l’osservatore nel contemporaneo. Il visitatore della GAC, come un odierno lillipuziano, si trova di fronte cinque cavalletti di ferro costruiti fuori scala, che sorreggono altrettanti quadri di lamiera. Sono sculture iconoclaste che sul retro riportano una data particolare, l’anno di nascita dei pittori a lui particolarmente cari. Scriveva Kounellis nel 1985: “A Roma ho trovato degli amici artisti, con cui parlare d’arte non solo contemporanea: si discuteva nelle trattorie fino a tardi anche di pittura antica, non in modo accademico, ma come se i protagonisti fossero presenti al nostro tavolo. Così ho coltivato la considerazione che l’antico, in realtà, facesse parte di un’identità irrinunciabile, e che il Moderno non sia un esercizio modernista, ma si collochi all’interno di una logica diffusa.” La logica di un dialogo trans epocale esclusivamente romano, oggi più necessario che mai.