La guerra, la pace e le tante illusioni


L’Europa è in guerra da molti mesi, senza averlo mai riconosciuto ufficialmente. L’informazione di un paese in guerra è, precisamente, una informazione di guerra. Questo vuol dire che parte delle notizie sono conformi alla realtà, parte sono conformi alle necessità degli obiettivi bellici. La propaganda è uno di questi. Tale propaganda è principalmente costruita per disorientare il nemico. Qualche volta confonde anche chi la produce.

Kaja Kallas, Alta Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, in un suo recente discorso a Davos ha sostenuto che la “Russia ha ottenuto guadagni territoriali limitati in Ucraina, con una economia che sta crollando”.

La Russia attualmente occupa il 22% del territorio dell’Ucraina, continuando ad avanzare. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2024 la crescita del PIL nella zona Euro è stata del 0,8%. La crescita del PIL nell’economia russa è stata del 3,8%.

Mark Rutte, Segretario Generale della NATO, il 9 gennaio scorso ha sostenuto che “Non si può parlare di pace perché il solo parlare di pace favorisce Putin: la guerra deve essere prolungata.”

Kyrylo Budanov, Capo dei servizi segreti militari dell’Ucraina (che nel 2024 ha ricevuto dal presidente Zelensky l’onorificenza di “Eroe di Ucraina”) il 27 gennaio scorso ha sostenuto: “La sopravvivenza dell’Ucraina è in pericolo se non si avviano i negoziati entro l’estate”.

Il Presidente Donald Trump ha dichiarato di voler porre fine rapidamente ai combattimenti in Ucraina. È tutt’altro che chiaro se ciò sia realizzabile. Anche perché la guerra in Ucraina è principalmente una proxy war del più ampio confronto della Russia con l’Occidente. Questo rende ardua una soluzione rapida.

Trump ha segnalato l’intenzione di incontrare Vladimir Putin. Il Generale Keith Kellog, Consigliere Speciale del Presidente Trump per l’Ucraina, potrebbe presto visitare Kiev. Sappiamo che tra gli Stati Uniti e la Russia esistono da tempo regolari contatti diretti sull’Ucraina. Tali contatti si sono intensificati dal principio della Presidenza Trump.

Putin probabilmente accoglierebbe con favore un incontro con il suo omologo statunitense, anche se attualmente la Russia ha tutto da guadagnare in quella che è diventata una brutale guerra di logoramento. Le forze russe hanno compiuto progressi lenti, onerosi ma inesorabili, spingendo in posizioni arretrate i valorosi difensori ucraini, meno numerosi e privi di armamenti adeguati. Nel frattempo, gli attacchi missilistici russi continuano a devastare incessantemente le infrastrutture energetiche e civili dell’Ucraina.

I Paesi occidentali sono disuniti, distratti da eterogenee esigenze di politica domestica ed estera. È probabile che Putin calcoli che questa mancanza di coesione, unita all’incertezza sulla strategia di Trump e la sua scarsa considerazione degli alleati europei, porterà l’Occidente ad accogliere un accordo, esaurendo la proclamata volontà di sostenere Kiev.

Ad oggi, Putin non ha mostrato alcun interesse reale per un accordo negoziale che non corrisponda alle sue principali condizioni: il riconoscimento dei territori annessi alla Russia, l’impegno alla neutralità permanente e al disarmo dell’Ucraina. Con il protrarsi del conflitto, Putin ha sempre più caratterizzato la guerra in Ucraina come una conseguenza del più ampio conflitto tra la Russia e l’Occidente, come scrivevamo sopra. Uno degli obbiettivi fondamentali del negoziato, quindi, dovrà essere la revisione dell’assetto di sicurezza post-Guerra Fredda in Europa ed il ruolo della Russia, eroso dalla continua espansione della NATO verso i confini occidentali Russi. Questa era l’essenza dei negoziati proposti da Mosca nel dicembre 2021, alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina.

La Russia deve essere categoricamente condannata per la sua invasione. Trump attribuisce a Biden la responsabilità di aver bloccato l’accordo di pace negoziato tra Russia e Ucraina nel marzo e nell’aprile del 2022, e il prolungamento della guerra conseguente a tale decisione. L’attuale presidente sembra ignorare che lui stesso e i suoi tre predecessori hanno la responsabilità di aver contribuito, ciascuno a suo modo, a preparare il terreno per la guerra in Ucraina. Clinton ha promosso l’espansione della NATO nell’Europa orientale, nonostante le assicurazioni di non espansione offerte da Bush Sr. a Gorbachev e contro il parere di eminenti diplomatici americani (tra i quali, il leggendario George Kennan, autore della dottrina del contenimento dell’Unione Sovietica); G.W. Bush ha promesso all’Ucraina di entrare nella NATO, ignorando gli avvertimenti diplomatici ancora più urgenti; e Obama ha sostenuto le sovversioni domestiche in Ucraina del 2014 che contribuirono a far precipitare il paese nella guerra civile.

In tale contesto storico, che cosa occorre dunque per negoziare un accordo di pace tra Russia e Ucraina? La risposta occidentale è nota: la Russia si rifiuta di negoziare e, se non viene fermata in Ucraina, invaderà i Paesi della NATO, primi tra tutti paesi baltici e Polonia. La retorica di tale posizione ignora però che l’accordo raggiunto tra i negoziatori ucraini e russi in Turchia alla fine di marzo 2022 (e che fu di fatto rigettato da Johnson e Biden) fu definito da tutte le parti come “Accordo di neutralità”. Nulla è cambiato nel quadro strategico per suggerire che la neutralità ucraina sia oggi meno centrale per la pace.

Un’Ucraina neutrale significa che non entrerebbe a far parte della NATO, non parteciperebbe alle esercitazioni militari congiunte della NATO e non permetterebbe la presenza di basi militari straniere sul suo territorio. Questo soddisferebbe gli interessi di sicurezza della Russia, mentre la sicurezza dell’Ucraina sarebbe garantita dalle stesse nazioni che hanno sostenuto la guerra, compresi i membri della NATO.

Il fatto che la Russia fosse pronta a porre fine così rapidamente alla guerra su queste basi, dimostra che la neutralità ucraina è stata l’obiettivo bellico centrale per la Russia. In aggiunta è noto (ed è stato confermato da fonti autorevoli che parteciparono al negoziato del 2022) che la delegazione Ucraina non era contraria alla neutralità come base per un accordo di pace. Cionondimeno, Biden ha giustificato un prolungamento del conflitto ponendo l’accento sulle questioni territoriali e insistendo sul fatto che l’Ucraina dovesse recuperare tutto il territorio perso dopo il 2014.

Quando il Congresso ha approvato altri 60 miliardi di dollari per le spedizioni di armi all’Ucraina nell’aprile 2024, l’allora Senatore – ora Vicepresidente – J.D. Vance votò contro la legge. Vance spiegò il suo voto in un op-ed del New York Times, il 12 Aprile 2024, sostenendo che la guerra non era vincibile e che Biden avrebbe dovuto iniziare a negoziare con Putin.

Vance articolò l’impossibilità di una vittoria militare dell’Ucraina citando tra gli altri la testimonianza del massimo comandante militare della NATO, il generale statunitense Christopher Cavoli, alla Commissione Servizi Armati della Camera. Cavoli spiegò che anche le proiezioni più ottimistiche sull’impatto della legge sugli armamenti non avrebbero potuto compensare l’enorme squilibrio tra gli armamenti delle forze russe e ucraine. Infatti la Russia aveva già superato in modo incolmabile l’Ucraina in termini di armamenti e soprattutto di munizioni. La promessa europea di produrre un milione di proiettili nell’ultimo anno aveva prodotto solo 600.000 proiettili. Mentre l’Ucraina chiedeva disperatamente altri missili Patriot per intercettare i 4.000 attacchi missilistici e di droni russi al mese, gli Stati Uniti potevano fornirne solo 650 nel prossimo anno, anche con i fondi aggiuntivi, a causa della massiccia quantità di armi americane che venivano spedite a Israele o già promesse a Taiwan.

Una soluzione realistica a questa guerra potrà essere raggiunta solo se concepita all’interno di un più ampio negoziato per un nuovo patto di stabilità regionale, con principi di sicurezza diversi da quelli degli antichi equilibri della guerra fredda. A causa della complessità di tale configurazione negoziale, sarà difficile che il negoziato si esaurisca nella forma di un singolo accordo, piuttosto di una serie di accordi dedicati a questioni discrete, negoziati a ritmi diversi per un lungo periodo.

Gli elementi probabili di un accordo includono un cessate il fuoco lungo la linea di contatto, il congelamento delle attuali posizioni geografiche, il controllo de facto da parte della Russia del territorio ucraino che ha conquistato, l’accantonamento dell’adesione dell’Ucraina alla NATO per 20 anni, la cooperazione in materia di sicurezza con l’Occidente, e un alleggerimento limitato delle sanzioni verso la Russia.

Questo vuol dire che le conversazioni principali dovranno svolgersi tra Washington e Mosca. L’impegno presidenziale sarà fondamentale per il successo, ma ci si aspetta che i rispettivi inviati abbiano di fronte un lungo e complesso lavoro di preparazione. Il processo potrebbe essere avviato da una telefonata Trump-Putin, seguita da intense consultazioni statunitensi con l’Ucraina e i suoi alleati e da colloqui tra gli inviati russi e statunitensi, con l’obiettivo di concordare le condizioni per un cessate il fuoco e una tabella di marcia per una soluzione duratura. Trump e il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy avrebbero approvato il cessate il fuoco e la tabella di marcia durante un vertice, e Putin dovrà quindi aggiungere la sua approvazione in un successivo vertice con Trump.

La tragedia di questa guerra è di tale profondità che probabilmente una generazione (forse due o tre) non sarà sufficiente per giungere ad un vero accordo di pace. Quindi nel migliore dei modi, il risultato finale di una trattativa di vicino futuro potrebbe essere un accordo di temporaneo cessate il fuoco. Tanto basta per dare valore a un accordo che metta fine ad una carneficina difficilmente giustificabile, come quella che osserviamo ogni giorno in Ucraina. Se tale accordo sarà raggiunto (e non sarà affatto facile raggiungerlo), l’Europa avrà di fronte a sé un compito ancora più arduo ma più strategicamente consequenziale, ovvero spiegare ai propri cittadini che dal 1945 l’Europa non ha potuto concepire una politica estera veramente indipendente, perché chi delega la propria difesa ad un paese egemone, delega a questo paese parti importanti della propria sovranità, tra le quali una politica estera autonoma.

Se un valore può aver avuto la guerra in Ucraina, questo è di aver reso improcrastinabile la costituzione di un sistema di difesa europeo indipendente, ben oltre la NATO, nel quale l’Europa possa prepararsi ad essere finalmente capace di difendere se stessa. E sia quindi libera di scegliere il corso di una politica estera che rappresenti la complessità e le nuove opportunità di un futuro multipolare, unica garanzia per un nuovo patto di stabilità, che più stabile renda, soprattutto, la sicurezza europea.

Paolo Lembo

docente presso L'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica di Milano e presso l’Istituto Sciences Po di Parigi, già capo missione per l’ONU e Direttore Generale WGEO

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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