Quando pensiamo a un Paese e al suo “benessere” siamo soventi richiamare quello che generalmente è considerato l’indicatore principale, ovvero il PIL (Prodotto Interno Lordo). Grandezza macroeconomica, che misura il valore aggregato a prezzi di mercato di tutti i beni e i servizi finali prodotti nel territorio di uno Stato in un dato arco temporale, il PIL ha finora goduto di un’indiscussa popolarità per la capacità di esprimere il benessere di una collettività relativamente al suo livello di sviluppo ed evoluzione.
Con l’arrivo della pandemia COVID-19 ed il conseguente isolamento forzoso e con le grandi trasformazioni ed innovazioni che hanno caratterizzano gli ultimi decenni, come internet e l’intelligenza artificiale, ci troviamo ora nel bel mezzo di un periodo di profondo cambiamento della società, dei suoi interessi e delle sue priorità, ove il benessere non è più rappresentato dal solo fattore economico, ma da un coacervo di elementi innovativi, che risultano interessare soprattutto le nuove generazioni.
La sicurezza, il costo della vita, l’inquinamento, il tempo libero e la solidarietà, sono solo alcuni di questi elementi, che in maniera sempre più prepotente vengono a caratterizzare il nuovo concetto di benessere e di felicità.
Non è più la sola ricchezza economica che fa di un Paese un luogo dove vivere meglio o peggio, sono infatti sempre più numerose le classifiche, che fanno riferimento a dati nuovi ed eterogenei. Ai Paesi estremamente ricchi quali Singapore e Qatar, si contrappongono quelli le cui “ricchezze” sono di altro tipo, quali la Svizzera e la Svezia che, secondo la classifica redatta da U.S. News & World Report, vantano il più alto livello di design, potendosi riscontrare un’architettura incredibile, una pianificazione urbana all’avanguardia e una cultura piena di espressioni artistiche.
L’offerta culturale, l’educazione e la bellezza del paesaggio, assurgono quindi a nuovi, possibili fattori di confronto, ma la lista potrebbe essere quanto mai lunga.
Se volessimo, ad esempio, individuare il Paese dove le persone si sentono più felici, potremmo far riferimento ai dati forniti dal database collaborativo Numbeo.com, che consente agli utenti di tutto il mondo di condividere e confrontare informazioni su nazioni e città, ove il calcolo dell'”Indice di Qualità della Vita” si basa su una formula empirica, che tiene conto di interessanti variabili, quali:
- il potere d’acquisto della moneta;
- l’indice d’inquinamento;
- il rapporto prezzo delle case/reddito pro capite;
- il costo della vita;
- l’indice della sicurezza;
- il livello di assistenza sanitaria;
- l’indice del tempo passato nel traffico nel tragitto casa lavoro;
- l’indice di qualità climatica.
In questa tipologia di ricerca, l’Italia presenta, tra i fattori che maggiormente condizionano la classifica, bassi valori in riferimento al tempo passato nel traffico, al costo della vita e all’inquinamento, mentre risulta estremamente positivo l’indice del clima, che si rileva di gran lunga migliore rispetto a nazioni di vertice come Danimarca, Australia e Islanda.
La Finlandia è al primo posto del World Happiness Report 2024, la classifica dei Paesi al mondo in cui si vive meglio, per il settimo anno consecutivo. L’Italia scivola invece alla quarantunesima posizione (nel 2023 era al 33° posto, nel 2022 al 35° e nel 2021 al 27°) tra Malta e Guatemala, confermando così un declino che purtroppo perdura.
La classifica comunque si rileva sostanzialmente stabile, con i Paesi nordici che mantengono le posizioni di spicco (Danimarca al 2° posto, Islandaal 3°, Sveziaal 4°; Norvegiaal 7°). Da notare alcune positive variazioni delle nazioni dell’Europa orientale che guadagnano terreno: Serbiae Bulgaria, rispettivamente al 37° e 81° posto, hanno infatti registrato i progressi più importanti. Rispetto al World Happiness Report 2013, la Serbia ha scalato 69 posizioni, mentre la Bulgaria 63. Gli Stati Uniti e la Germania, di contro, hanno manifestato un’inversione di tendenza, scivolando rispettivamente al 23° e al 24° posto.
Ma se volessimo mettere insieme tutte queste caratteristiche, tutti questi dati, sarebbe quindi possibile stilare una classifica “effettiva” dei Paesi dove complessivamente si vive meglio?
La risposta è chiaramente legata a ciò che riteniamo sia prioritario: la qualità dell’aria, l’educazione, l’offerta culturale, la ricchezza (il PIL), o cos’altro? Una classifica per essere completa non può infatti limitarsi a considerare uno solo di questi elementi, atteso che oltre ai dati macro-economici e statistici si rilevano fondamentali le specifiche preferenze rilevate dalle persone direttamente sul posto.
Nello stilare una classifica non si può, ad esempio, trascurare l’età dei diretti interessati. Le nuove generazioni si rilevano attente più all’ambiente e al tempo libero, che alla singola ricchezza del Paese, la cui vivibilità è ancora oggi troppo spesso condizionata da prioritari interessi economici, che ne vengo ad influenzare le scelte, incidendo, quindi, sulle diverse classificazioni.
Una cosa è certa, però, la qualità della vita, personale e collettiva, all’interno di un Paese con i suoi condizionamenti, limiti e opportunità, sta diventando sempre più prioritaria, per cui, indipendentemente dai fattori comuni legati all’ambiente, alla viabilità, alla sanità, ecc. sta a noi costruire un modello di vita che provi a massimizzare quanto di buono ci sia nella nostra città e le opportunità che offre il Paese in cui si vive e a limitare, per quanto possibile, i condizionamenti e i danni alla nostra vita quotidiana, familiare e sociale.