Rispetto, autonomia ed equilibrio,
la miglior formula per il cambiamento


Il cambiamento va governato e non subìto. Solo così si possono creare le condizioni ideali perché sia una vera opportunità da cogliere assolutamente. È con questo spirito che, lo scorso 4 novembre, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha celebrato un’importante assemblea federale che ha portato alla modifica del suo Statuto. Istanze sollecitate dal mondo del calcio, dalla società civile e dalla politica che siamo stati in grado di trasformare in un’occasione straordinaria per modernizzare le regole del nostro ‘stare insieme’, andando ben oltre il perimetro della norma contenuta nel cosiddetto emendamento Mulè (riconoscere una diversa e più equa rappresentanza negli organi direttivi federali al calcio professionistico di vertice).

Rivendicando l’autonomia dello sport con determinazione e ferma convinzione, tutte le componenti federali (Lega Serie A, Lega B, Lega Pro, Lega Nazionale Dilettanti, Assocalciatori, Assoallenatori e Associazioni Italiana Arbitri) si sono confrontate non rimanendo immobili e sorde alle richieste di modernizzazione del mondo del calcio. Lo hanno fatto nel rispetto dei ruoli e delle regole, quindi della democrazia interna, ritenendo questa l’unica via responsabile per rivendicare e difendere l’autonomia del calcio dai maldestri tentativi di contaminazione di altre realtà, più inclini ai processi di nomina (o di imposizione dall’alto) piuttosto che a quelli elettivi, figli del confronto e della progettualità condivisa. Ad inizio novembre, la FIGC ha rinnovato il patto non scritto che è alla base del vincolo associativo che rende solido l’intero mondo sportivo.

Ma cosa vuol dire autonomia e perché è così importante? Il riconoscimento dell’autonomia ha un profondo valore giuridico e sociale. Consente una maggiore responsabilizzazione dei soggetti che possono così esercitare i propri diritti in modo più consapevole. L’autonomia dell’ordinamento sportivo rappresenta uno dei principi fondamentali che regolano il mondo dello sport, garantendo che le istituzioni sportive possano autogovernarsi, stabilendo regole e organizzando l’attività in modo indipendente dalle interferenze di altri ordinamenti, come quello statale.

Il rispetto tra le istituzioni è una delle pietre miliari della democrazia e del corretto funzionamento della società. Il presidente Sergio Mattarella ha ricordato che “la democrazia richiede un costante dialogo tra le istituzioni”. Ebbene, questo dialogo non deve essere solo un atto formale, ma una vera e propria dimostrazione di rispetto reciproco. Quando le istituzioni si rispettano, ciascuna è libera di operare secondo i propri principi e ruoli, senza interferenze indebite, ma con una cooperazione che permette di raggiungere obiettivi comuni. Ed è un concetto che si applica alla perfezione al rispetto che deve esserci tra la politica e il mondo dello sport e viceversa, così come si deve applicare nei rapporti all’interno del mondo dello stesso sport tra Coni e Federazioni, tra Federazioni e Leghe (e all’interno delle stesse componenti federali).

Rispetto ed equilibrio sono l’architrave della riforma dello Statuto che abbiamo approvato. Per questo, nel dialogo che ha portato alla modifica dello scorso novembre, mi sono sempre ispirato ad un principio che ritengo fondamentale e che è stato poi condiviso dalla stragrande maggioranza dei delegati assembleari: l’equilibrio tra le due dimensioni principali del calcio italiano, quella della partecipazione e del calcio come industria dello spettacolo.

In questa ottica, ritengo che l’aver mantenuto uguale peso e rappresentanza della componente dilettantistica e al contempo l’aver riconosciuto alla Lega di A il 6% di peso elettorale e un consigliere federale in più (passando dal 12% all’attuale 18% e da 3 a 4 rappresentanti in Consiglio Federale) oltre ad un chiaro e definito ruolo di guida dell’intero movimento in virtù dell’autonomia nelle materie di pertinenza (senza che questa fosse richiesta da alcun intervento parlamentare) sia la migliore soluzione possibile proprio per compenetrare le due dimensioni.

La partecipazione, infatti, è una dimensione sancita addirittura nella Costituzione italiana che la riconosce «il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». La seconda virtù riguarda la capacità di trasformare l’agonismo in spettacolo, e così produrre sviluppo e ricchezza. È un valore connesso a un primato di qualità che richiede un’organizzazione dotata di alta specializzazione. La giusta alchimia, quindi, sta nel rapporto ottimale tra i professionisti e i volontari, coloro che costituiscono il vertice di una piramide, tanto più stretto quanto più posto in alto, e coloro che invece rappresentano la base, tanto più larga quanto più situata in basso.

Qualunque espansione di sovranità per una delle due componenti comporta una corrispondente riduzione per un altro. Per questo abbiamo agito con responsabilità, ben consapevoli che una piramide rovesciata, dove i pochi finissero per contare più dei molti, non sarebbe più il simbolo della sussidiarietà e dell’autogoverno degli sportivi, ma solo la giungla dei più forti.

Gabriele Gravina

Presidente della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio)

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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