Fervono i lavori nel cantiere della legge di Bilancio 2025 con il Governo sempre più impegnato a definire i binari della prossima manovra con la consueta necessità di far quadrare i conti e garantire a famiglie ed imprese il massimo supporto per affrontare le difficoltà economiche causa precarietà, bassi redditi, inflazione, caro mutui, ecc.
Se chiara è, infatti, la volontà di superare le croniche difficoltà della finanza pubblica che, con l’imminente ritorno del nuovo Patto di stabilità e crescita, vedono l’Italia impegnata a ridurre il deficit di almeno mezzo punto percentuale, nonché a riportare il proprio debito su un percorso discendente (recentemente abbandonato per le note vicende del Superbonus), evidente è anche la difficoltà dell’esecutivo nel mettere nero su bianco i provvedimenti tecnici con le molteplici “voci” che, fra novità e smentite, si susseguono da giorni.
Il Governo, in armonia con le più recenti regole fiscali dell’Unione Europea volte a garantire una programmazione a medio – lungo termine, appare indirizzato verso importanti interventi strutturali, quali, ad esempio, il taglio del cuneo fiscale e la riduzione da quattro a tre delle aliquote IRPEF, il tutto nella considerazione del significativo costo, circa 14 miliardi di euro, che tali operazioni potranno avere all’interno della prossima legge di Bilancio.
Aiutare le famiglie vuol dire per il Governo riuscire a garantire almeno i 55 miliardi di euro di aiuti tra prestazioni sociali, decontribuzioni e interventi sull’IRPEF, come individuati dal Sole 24 Ore ed attualmente in essere, eventualmente aggiungendo qualcosa per premiare la natalità. Secondo il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, non si può trascurare l’insostenibilità nel lungo periodo degli attuali sistemi previdenziali e di welfare con il costante calo demografico. Il Governo sembra, quindi, orientato a varare nuovi sconti riguardanti spese per istruzione, sport e mense scolastiche, ovvero, per garantire un maggior aiuto alle famiglie numerose, ad innalzare il tetto, oggi indifferenziato, degli importi detraibili, venendo, in particolare, ad eliminare l’attuale uguale limite che risulta chiaramente penalizzare chi ha più figli.
E per intervenire sul risanamento della finanza pubblica, il Governo utilizzerà tutte le possibili entrate aggiuntive, tralasciando ogni eventuale nuova e ulteriore spesa. Sul tema è intervenuto anche Marco Osnato, Presidente della Commissione Finanze alla Camera, il quale, rifacendosi alla questione delle banche, ha così puntualizzato: “Valuteremo con serenità se anche da lì potrà arrivare un contributo per far crescere ulteriormente l’economia italiana, ma senza contrasti tra il Governo e il mondo creditizio. Se sarà utile e necessario, le banche saranno le prime a voler contribuire perché conviene anche a loro”.
Si dibatte, quindi, se tassare gli extraprofitti di banche, assicurazioni e aziende energetiche, ovvero fissare una tantum, un contributo di solidarietà in capo alle stesse. A mero titolo di esempio per dare la misura della portata di questi interventi, solo il Gruppo ENI negli ultimi tre anni ha conseguito utili per circa 40 miliardi di euro con l’intero comparto delle società energetiche attestato sui 70 miliardi di utili.
Il tutto considerando le stime OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) rese pubbliche il 25 settembre 2024, per cui il PIL dell’Italia dovrebbe registrare una crescita dello 0,8% nel 2024 e del 2,2% nel 2025 con la necessità di “misure di bilancio per garantire la sostenibilità del debito, tutelare un margine di manovra che consenta ai poteri pubblici di fronteggiare futuri shock e generare risorse che consentano di affrontare future tensioni sulla spese”.
Complesso appare, pertanto, lo scenario che attende il Governo che, nel confrontarsi anche su quanto sottolineato dal Santo Padre in occasione dell’evento “Piantare una bandiera di fronte alla disumanizzazione”, è chiamato sempre più a riflettere ed intervenire su temi quali sostenibilità, disparità, condivisione, inclusione.
Così Papa Francesco, nel suo scritto di inizio pontificato nella Evangelii gaudium: “non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggregando le cause strutturali della iniquità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema”. E aggiungeva: “se non ci sono politiche buone, politiche razionali ed eque che rafforzano la giustizia sociale in modo che tutti abbiano terra, tetto, lavoro, perché tutti abbiano un salario giusto e diritti sociali adeguati, la logica dello scarto materiali e dello scarto umano si diffonderà, lasciando spazio alla violenza e alla desolazione”.
Per il Pontefice “è immorale e deve essere modificato” il sistema che ha permesso di accumulare grandi ricchezze (…) “Dovrebbero esserci più tasse sui miliardari”, nella speranza che le persone “economicamente potenti escano dall’isolamento, rifiutino la falsa ricchezza del denaro e si aprano alla condivisione dei beni, che hanno un destino universale perché derivano tutti dalla Creazione”.
Sempre secondo il Santo Padre, occorre rilanciare la proposta di un salario base universale, in modo tale che “in tempi di automazione e intelligenza artificiale, in tempi di informalità e di precarietà del lavoro, nessuno sia escluso dai beni di base necessari alla sussistenza”.
Come agirà il Governo di fronte alle esortazioni di Papa Francesco a tassare maggiormente i miliardari, volendo leggere miliardari=banche, assicurazioni, imprese energetiche? E ancora, cosa pensa il Governo di un salario base (universale)?
In attesa, quindi, che il Piano strutturale del bilancio approvato dal Consiglio dei Ministri e oggi all’esame del Parlamento diventi definitivo e si palesino le decisioni di politica economica e sociale assunte dall’Esecutivo, si auspica che gli indirizzi tracciati dall’economia di Papa Francesco vengano seriamente considerati.
La ricchezza di un Paese non è data solo dalla misura del PIL.
Si può crescere meno, ma essere più inclusivi e solidali con una speranza di vita più positiva, maggiore alfabetizzazione, minore precarietà, migliore qualità della vita, che non sia dipendente e schiava della “tossicità finanziaria”.
Si può essere meno ricchi, ma più felici. La felicità, obiettivo al quale naturalmente si tende, è nelle sensazioni, nelle emozioni, nel rapporto col prossimo, nel portare avanti valori positivi, tutte cose che non si comprano e nulla hanno a che fare con il denaro, atteso che la vera ricchezza oggi è il tempo, il bene più prezioso che abbiamo. E Benjamin Franklin scriveva: “Il denaro non ha mai reso un uomo felice, né lo farà mai. Non c’è nulla nella sua natura che possa produrre felicità. Più un uomo ne possiede, più ne desidera. Invece di riempire un vuoto, ne crea uno.”