Roma contemporanea tra arte e cantieri


Come Alice nel mondo delle meraviglie, chi vive a Roma sa girare le sliding doors della storia e si ritrova ogni giorno a fare salti rocamboleschi nello spazio/tempo. Una frenetica attività cognitiva che si nutre di continui incastri trans epocali, perfino nello spazio di pochi metri. Il risultato di questo incessante sforzo immaginativo noi lo chiamiamo percezione di bellezza. 

A Roma, numerose sono le visioni del mondo che si intrecciano: quella della civiltà romana, del Medioevo, del Rinascimento, del Barocco, del Neoclassicismo. Visioni che impongono di guardare attivamente la realtà, tra ombre medievali e luci barocche, tra le rovine auliche dell’impero romano e le geometrie dell’armonico mondo rinascimentale. Ma cosa si trova quando si va oltre il Neoclassicismo? Esistono altre visioni del mondo più recenti e condivisibili? Esiste una Roma, ad esempio, Futurista?

Oggi la Città Eterna vorrebbe essere riconosciuta anche per la sua vitalità contemporanea. Questo bisogno arriva da più parti e accomuna diverse proposte culturali. Ne indicherò alcune.

La prima proposta prende il nome di Distretto Contemporaneo. Più che una proposta progettuale, è un modo nuovo di rileggere la città mettendo in dialogo nel quadrante Nord le architetture costruite in epoca post bellica: il MAECI, il MAXXI, l’Auditorium, il PalaTiziano, il Ponte della Musica e così via. L’ambasciatore Umberto Vattani, che ha visto sul nascere il Ministero degli Esteri – e ancora lo accompagna promuovendo nel mondo la Collezione Farnesina – con questo suo progetto rende visibile una nuova rete geo architettonica, vitale e imponente, eppure ancora oscurata dai monumenti antichi, che assorbono quasi completamente l’attenzione del turismo internazionale. 

Roma insomma preme per tornare a essere una città stimolante e viva, come accadeva nei primi Anni 60 quando i giovani artisti della Scuola di Piazza del Popolo rivoluzionarono la scena urbana attraverso un nuovo immaginario pop, non consumistico come quello americano, ma più profondo e di natura psicologica.

Oggi però a Roma sono i cantieri edili ad occupare e invadere letteralmente la città: c’è quello della Metro C a Piazza Venezia, a firma Webuild S.p.A., che forse si concluderà tra 8/10 anni, e quello appena installato attorno alla Fontana del Pantheon, sulle cui squallide pareti in PVC campeggia ironicamente la scritta “Caput Mundi”; tali cantieri interrompono con violenza lo sguardo sull’antichità ed esortano cittadini e turisti a fare un grande sforzo immaginativo, ben oltre il Giubileo 2025

Drammaticamente, mai Roma fu più Futurista di oggi, nel senso di città antigraziosa, disarmonica, alterata, conflittuale, eppure più viva che mai. 

In questo quadro di revenge del presente sul passato, si inserisce l’ingresso dell’Accademia di Belle Arti di Roma nella cornice internazionale della sostenibilità. Da alcuni mesi, l’Accademia è entrata a far parte dell’UN SDSN, Sustainable Development Solution Network delle Nazioni Unite, una rete mondiale di Università, fondazioni e centri di ricerca che, sotto l’egida delle Nazioni Unite, porta avanti una riflessione condivisa e specifici progetti di ricerca sui 17 Goals previsti dall’Agenda 2030. “Per essere antifragili e quindi resilienti, sarà necessario uno sforzo di creatività e ricerca. Con questo preciso impegno, le Arti entrano di diritto nell’insieme delle attività umane in grado di guidare lo sviluppo sostenibile e di praticare quello spirito di ricerca, tipico degli artisti, che consente di superare ostacoli apparentemente insormontabili, grazie a soluzioni innovative”. Con questo intento, l’Accademia di Roma è la prima Accademia di Belle Arti al mondo ad essere entrata ad oggi nella rete SDSN. Una delle prime operazioni di sostenibilità sarà realizzata nella bella Piazza Ferro di Cavallo, attraverso la piantumazione di nuovi alberi e vegetazione mediterranea. Proprio qui è stato inoltre inaugurato da poche settimane un nuovo spazio espositivo denominato Galleria Accademia Contemporanea GAC, sempre aperto al pubblico (gli orari coincidono con quelli dell’attività formativa) e visitabile gratuitamente da studenti e professori dell’Accademia, del Liceo artistico, turisti e cittadini che da Piazza del Popolo attraversano via di Ripetta per raggiungere il Mausoleo di Augusto, il Museo dell’Ara Pacis e la Chiesa del Valadier.

GAC è uno di quei punti di svolta che permettono alla città ex Caput Mundi di uscire dall’antico e di catapultare l’osservatore nel contemporaneo. In origine, era uno spazio di transizione che collegava la sponda del Tevere con l’interno della città. Un ambiente in stile neoclassico progettato da Pietro Camporese il Giovane a metà Ottocento. 

Afferma Cecilia Casorati, direttrice dell’Accademia di Belle Arti, fondatrice della Galleria e curatrice dell’intero programma espositivo: “La mia mission è dare nuovamente una posizione di centralità all’Accademia, nel mondo dell’arte e non solo, aprendola alla contemporaneità”. Per questo la GAC ha aperto con una mostra dedicata a Jannis Kounellis, realizzata in collaborazione con Archivio Kounellis e Jannis Kounellis Estate. 

Ancora risuonano nelle nostre menti le parole possenti dell’artista di origine greca. Poche settimane prima di morire, intervenendo in Accademia, Kounellis aveva infatti rimproverato studenti e professori dicendo: “Avreste dovuto invitarmi qui cinquant’anni anni fa. Il tempo va rispettato!”. Ma le Accademie avevano a lungo separato l’arte tradizionale, artigianale e passatista, dall’arte di ricerca e di avanguardia, schierando il passato contro il futuro. Solo recentemente si è capita l’importanza di tenere uniti questi opposti ambiti, valorizzando l’enorme capitale culturale di cui ogni artista contemporaneo è portatore. Quando Kounellis arrivò a Roma sul finire degli Anni 50, si iscrisse subito all’Accademia di Belle Arti, fu allievo di Toti Scialoja e amico dei giovanissimi Mario Schifano, Pino Pascali, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio. A pochi passi dall’Accademia, nella Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis a Piazza del Popolo, nel 1960, fece la sua prima mostra personale e da lì avviò la sua lunga carriera artistica.

Il visitatore della GAC, come un odierno lillipuziano, si trova di fronte cinque cavalletti di ferro costruiti fuori scala, che sorreggono altrettanti quadri di lamiera. Sono sculture iconoclaste che sul retro riportano una data particolare, l’anno di nascita dei pittori a lui particolarmente cari. Scriveva Kounellis nel 1985: “A Roma ho trovato degli amici artisti, con cui parlare d’arte non solo contemporanea: si discuteva nelle trattorie fino a tardi anche di pittura antica, non in modo accademico, ma come se i protagonisti fossero presenti al nostro tavolo. Così ho coltivato la considerazione che l’antico, in realtà, facesse parte di un’identità irrinunciabile, e che il Moderno non sia un esercizio modernista, ma si collochi all’interno di una logica diffusa.”

La logica di un dialogo trans epocale esclusivamente romano, oggi più necessario che mai.

Miriam Mirolla

Presidente di Pensare Insieme - docente Accademia di Belle Arti a Roma

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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