L’Autotutela tributaria diventa obbligatoria

Un’importante recentissima novità in ambito tributario è rappresentata dalla disciplina prevista per l’autotutela che diviene – con riferimento ad ipotesi tassativamente indicate – obbligatoria e, quindi, in caso di inerzia dell’Ufficio, giustiziabile.

La novellazione dell’istituto rientra nell’ambito della riforma fiscale attuata dal Governo con il decreto legislativo del 30/12/2023, n. 219 “Modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente”, entrato in vigore dal 18/01/2024, sulla base della delega conferita con la legge 9 agosto 2023, n. 111.

Va evidenziato che in ambito tributario l’autotutela assume grande rilievo in considerazione che decorsi i ridotti termini (sessanta giorni) previsti per impugnare atti impositivi o riscossivi, in caso di inerzia dell’interessato fa seguito la definitività della pretesa fiscale, anche in assenza del presupposto di imposta (errore di persona; evidente errore logico o di calcolo, doppia imposizione; mancata considerazione di pagamenti di imposta, ecc….).

Occorre, peraltro, rilevare la complessità dell’istituto, collocandosi l’autotutela tributaria in una zona di confine, che vede da un lato l’interesse pubblico di ciascuna P.A sia generico – volto all’adozione di provvedimenti legittimi nel rispetto del principio di legalità- che specifico -finalizzato all’incameramento dei tributi necessari per finanziare le funzioni dell’ordinamento- e dall’altro l’interesse privato di ciascun amministrato, destinatario del provvedimento, a non subire le conseguenze di una invalidità incolpevole.

Per meglio comprendere l’importanza della nuova conformazione dell’istituto, occorre fare un cenno alla più debole disciplina dell’autotutela tributaria pre-riforma.

Va premesso che sia dottrina che giurisprudenza hanno sempre riconosciuto la peculiarità del potere di autotutela della P.A, intesa quale possibilità di risolvere autonomamente potenziali conflitti sorti in ordine al contenuto di provvedimenti emessi e riguardanti ogni sfera dell’agire amministrativo, ivi compreso il settore tributario in cui il rapporto tra Fisco e contribuente è sempre molto acceso.

L’istituto ante riforma era contemplato dall’art. 2-quater del d.l. 30.9.1994, n. 524, e dalle regole di attuazione del d.m. 11.2.1997, n. 37 che disciplinavano il potere di esercizio di autotutela dell’Amministrazione Finanziaria, quale potere e non obbligo.

La Circolare 5.8.1998, n. 198, poi precisava che “l’ufficio ha il potere ma non il dovere giuridico di ritirare l’atto viziato (mentre è certo che il contribuente, a sua volta, non ha un diritto soggettivo a che l’ufficio eserciti tale potere), è tuttavia indubbio che l’ufficio stesso non possiede un potere discrezionale di decidere a suo piacimento se correggere o meno i propri errori”.

In relazione al rifiuto o al mancato esercizio dell’autotutela non essendo atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31.12.1992, n. 546, (versione ante riforma innanzi citata) la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che:

•          “contro il merito, ed esplicito rifiuto di esercizio dell’autotutela può esercitarsi un – sindacato – nelle forme ammesse sugli atti discrezionali – soltanto sulla legittimità del rifiuto, e non sulla fondatezza della pretesa tributaria” (Sezioni unite, sentenza 27.3.2007, n. 7388);

•          “l’autotutela costituisce un potere discrezionale esercitabile d’ufficio, non già uno strumento di protezione del contribuente (…) non sussistendo un obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi sull’istanza di autotutela, l’eventuale silenzio su di essa non può qualificarsi giuridicamente, per gli effetti che qui ne occupano, un diniego, come tale contestabile, in sede giudiziale” (ordinanza 9.10.2017, n. 23634).

La Corte costituzionale (sentenza 13.7.2017, n. 181) aveva precisato che:

•          “non esiste un dovere dell’amministrazione di pronunciarsi sull’istanza di autotutela e, mancando tale dovere, il silenzio su di essa non equivale a inadempimento (…) né, d’altro canto, il silenzio stesso può essere considerato un diniego”, per cui l’istanza non è contestabile;

•          “la previsione legislativa di casi di autotutela obbligatoria è dunque possibile, così come l’introduzione di limiti all’esercizio del potere di annullamento, ma non può certo dirsi costituzionalmente illegittima (…) una disciplina generale che escluda il dovere (…) delle agenzie fiscali di pronunciarsi sulle istanze”.

Sul tema la Corte di cassazione si è recentemente nuovamente pronunciata (con la sentenza n. 7318/2022), precisando che il sindacato sul diniego di autotutela deve essere circoscritto alla verifica della sussistenza di ragioni di rilevante interesse generale originarie o sopravvenute, che concorrano con l’interesse individuale alla rimozione dell’atto; il contribuente deve allegare specifiche ragioni di interesse generale idonee a fondare l’annullamento.

In estrema sintesi, quindi, se una ingiusta pretesa tributaria contenuta in un atto impositivo ormai definitivo trovava sul versante sostanziale quale unico rimedio l’esercizio discrezionale del potere di autotutela, sul versante processuale il contribuente, con l’impugnazione del diniego di autotutela della P.A., doveva paradossalmente, ancor prima di provare il proprio buon diritto all’annullamento dell’atto fiscale illegittimo, provare la sussistenza di un “rilevante interesse generale” alla rimozione dell’atto.

Quanto descritto finora è stato superato con le disposizioni della riforma fiscale dedicate all’autotutela, inserite nell’ambito della l. 27.7.2000, n. 212, Statuto del contribuente, prevedendo all’art. 10-quater i casi di esercizio di autotutela obbligatoria e all’art. 10-quinquies quelli di autotutela facoltativa. In particolare l’autotutela obbligatoria è ora consentita per una serie numerosa di ipotesi esplicitamente indicati dalla norma ( “a) errore di persona; b) errore di calcolo; c) errore sull’individuazione del tributo; d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria; e) errore sul presupposto d’imposta; f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti; g) mancanza di documentazione successivamente sanata”), mentre l’autotutela discrezionale che conserva il carattere di facoltà può essere esercitata in presenza di “una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione”.

A chiusura del sistema, la riforma tributaria ha poi:

•          Previsto, in relazione ad entrambe le tipologie di autotutela, un innalzamento della garanzia per il dipendente pubblico dal rischio di incorrere in ipotesi di responsabilità amministrativa, prevedendo al comma 3 dell’art. 14 quater, che “Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo”;

•          implementato il primo comma dell’art. 19 del d.lgs. 31.12.1992, n. 546, con l’aggiunta di una nuova lettera, prevedendo espressamente quali atti impugnabili “(g-bis) il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge 27 luglio 2000, n. 212;)); ((g-ter) il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212”. Descritta con estrema sintesi la nuova conformazione dell’autotutela tributaria, l’istituto, come delineato da parte del legislatore delegato, appare realizzare con una più forte tutela del contribuente da imposizioni sostanzialmente ingiuste, un migliore bilanciamento tra l’interesse pubblico e quello privato, perché maggiormente conforme ai valori espressi dalla nostra Costituzione tra i quali il principio della capacità contributiva (art. 53) e il principio di imparzialità dell’amministrazione (art. 97).

Giuseppe Di Benedetto

Magistrato della Corte dei Conti e giudice tributario

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

© Copyright 2024 | Dimensione Informazione
Tutti i diritti riservati

Privacy Policy Cookie Policy Cambia preferenze

Contatti:
Viale Giuseppe Mazzini, 134 - 00195 Roma
Telefono: 06.37516154 - 37353238
E-mail: redazione@dimensioneinformazione.com