La sostenibilità, quale tema ampio, attuale e apprezzato per il tramite di indicatori quali i fattori ESG (dove, E – Environmental fa riferimento alla componente ambientale, S – Social alla componente sociale e G – Governance alla componente di governo societario), ha assunto una crescente rilevanza nell’economia e nella finanza, sulla scorta di considerevoli impulsi normativi e sociali. Tale rilevanza si inserisce in più ampio quadro di esigenza e di attenzione nella società agli aspetti legati alla sostenibilità, intesa quale sviluppo economico e sociale che consente la soddisfazione di bisogni presenti (economici, ambientali e sociali) senza compromettere quella delle generazioni future.
In questo ambito, economia e finanza, imprese e banche, se, da un lato, guardano con attenzione e declinano investimenti volti a migliorare il proprio profilo sostenibile (o ESG), dall’altro si interrogano sull’influenza, rilevante o meno, concreta o meno, di tale orientamento e di tali investimenti sulla creazione di valore economico. Creazione di valore economico intesa quale capacità dell’impresa di generare flussi monetari (o reddituali), che diviene, nel nuovo contesto di sostenibilità, intimamente connessa con l’abilità dell’impresa di mappare e rispondere efficacemente alle nuove istanze rivenienti dai propri stakeholders.
Ne emerge, dunque, una compenetrazione e una convergenza tra la soddisfazione degli shareholders e quella degli altri stakeholders dell’impresa, in considerazione del fatto che nel lungo termine il valore delle azioni dell’impresa è pari al valore attuale dei flussi di cassa futuri che la stessa è in grado di generare, i quali flussi, a loro volta, dipendono dall’abilità dell’impresa di rispondere adeguatamente ai nuovi impulsi ESG.
Proprio in considerazione di tale convergenza, la sostenibilità e i fattori ESG sono entrati nei principi e nei fondamenti metodologici alla base dei quali l’organo di governo fonda il proprio agire, ossia nei processi decisionali, strategici e organizzativi, dell’impresa al fine di ricercare una coerenza tra la componente economica e la componente di sostenibilità, e i relativi obiettivi reali, finanziari e di sostenibilità.
Tornando al valore economico, lo stesso risulta essere influenzato dal profilo di sostenibilità dell’impresa per il tramite delle c.d. “leve del valore”, ossia la crescita dei ricavi, la profittabilità, gli investimenti e il rischio. La condotta sostenibile dell’impresa è potenzialmente in grado di attrarre, rispetto ai competitor, una maggiore domanda, con un effetto positivo sui volumi di vendita, sui margini (nel medio-lungo termine) e, dunque, sulle risorse economiche da destinare a nuovi investimenti.
In sintesi, la sostenibilità influenzerebbe la capacità dell’impresa di attrarre risorse (i.e. finanziarie, economiche, know-how, accreditamento, immagine, opportunità) che alimentano il processo innovativo e, conseguentemente, il perseguimento della competitività e della sopravvivenza nel lungo termine.
Proprio in considerazione della stretta connessione tra sostenibilità e valore economico, se, da un lato, l’organo di governo si dota di nuovi processi che, coinvolgendo direttamente gli stakeholders mediante politiche di engagement, identifichino la rilevanza delle tematiche e delle istanze derivanti dall’ambiente e le relative priorità, dall’altro, le imprese (e non solo) hanno posto particolare attenzione circa l’implementazione dei fattori ESG nelle tradizionali metodologie di stima del valore economico.
Quanto a quest’ultimo aspetto, le riflessioni hanno riguardato in particolar modo l’influenza dei summenzionati fattori sugli elementi costitutivi della metodologia del discounted cash flow (DCF), ovvero:
- flussi di cassa del periodo esplicito, ossia se gli stessi debbano essere aggiustati/calibrati al fine di considerare il profilo ESG della specifica impresa, posto che i fattori ESG possono avere un impatto sui ricavi e sul loro tasso di crescita, sui costi operativi e sugli investimenti;
- terminal value, ossia se la capacità dell’impresa di produrre flussi di cassa nel medio-lungo termine, ovvero oltre il periodo esplicito, a tempo indefinito, debba essere apprezzata tenendo in considerazione gli effetti di lungo termine dei fattori ESG;
- tasso di sconto, ossia se il tasso utilizzato ai fini dell’attualizzazione dei summenzionati flussi di cassa debba essere aggiustato (direttamente o indirettamente, per il tramite del beta) al fine di considerare i relativi rischi associati ai fattori ESG. In tale ottica, dunque, a fronte di un rischio di sostenibilità più contenuto, le imprese c.d. “ESG-friendly” avrebbero un costo del capitale inferiore.
In proposito, l’applicazione eventuale dei summenzionati aggiustamenti non è certo esente da criticità in merito alla magnitudine degli stessi o a potenziali errori di double-counting. In aggiunta, non possono non sottolinearsi ulteriori tematiche di più ampio respiro, connesse alla disponibilità e all’uniformità dei dati afferenti alla sostenibilità, oltreché alla scarsa profondità storica degli stessi.
Concludendo, la relazione sostenibilità-valore economico richiede l’assunzione di una prospettiva più ampia, non certo esente da criticità, che considera nelle tradizionali metodologie di valutazione nuovi elementi e nuove informazioni, non finanziarie, come quelle ESG, al fine di migliorare, dal lato dell’impresa, i processi decisionali, strategici e organizzativi e, dal lato degli investitori, le scelte di portafoglio.