Composizione negoziata e transazione fiscale

L’antesignano della transazione fiscale ovvero la  “transazione dei tributi iscritti a ruolo” (o esattoriale) nacque come soluzione alla crisi fuori dalle procedure concorsuali ma ebbe vita e utilizzo pari a zero fatto salvo per l’unica applicazione propedeutica a risolvere l’insolvenza della Società Sportiva Lazio S.p.A. L’accordo con l’Agenzia delle Entrate col quale il club ottenne nel 2005 la rateizzazione delle proprie pendenze fiscali (pari a 140 milioni di euro maturate al 31 agosto 2004, in 23 rate annuali con interesse a tasso legale) fu infatti reso possibile da una norma di legge nota come “Lodo Lazio”. La disposizione provocò grandi polemiche, visto che era stata emanata “ad hoc” e di fatto non applicata a nessun altro contribuente, neppure del settore calcistico; tant’è che la Salernitana U.S. nello stesso anno fu dichiarata fallita dopo la mancata accettazione di una proposta analoga al fisco.

Così con la riforma della legge fallimentare del 2006 l’istituto fu reinventato e divenne utilizzabile solo nel concordato preventivo e poi nell’accordo di ristrutturazione dei debiti. La riforma aveva in qualche modo inseguito (invano) l’opzione contrattualista, auspicando per slogans una sorta di salvifica degiurisdizionalizzazione dell’insolvenza mentre si trattava solo di attenuare l’imperante panprocessualismo e bilanciare l’enforcement sanzionatorio. In quella sede apparve anche ad alcuni degli “aspiranti legislatori” (tra i quali chi scrive) un errore storico in quanto se da un lato la costruzione delle norme del diritto delle imprese in crisi deve seguire inevitabilmente il metodo economico e quindi tener conto delle regole del mercato e delle esperienze di altri Paesi, dall’altro non può perdere di vista le specificità ordinamentali. In particolare si trattava e si tratta di far evolvere la procedura, in processo di parti  (si pensi in particolare alla composizione concordata della crisi), in cui vengono anzi recuperate ai giudici (o ad organismi terzi) quelle funzioni di controllo e mediazione degli interessi che la procedura concorsuale è diretta istituzionalmente a tutelare, e che in Italia sono state loro sottratte per le imprese più rilevanti nella convinzione che ad essi fossero esclusivamente riservate funzioni garantiste identificate con la realizzazione coattiva dei crediti e negate funzioni di mediazione (nel senso nobile del termine) dei rapporti sociali. Tuttavia, sottrarre al giudice il compito di tutelare certe istanze, di valutare determinate condizioni di meritevolezza, equivale a chiedergli di non applicare la legge.

In questo contesto la transazione fiscale, pur essendo uno strumento rilevantissimo, ha avuto un ruolo marginale rispetto a quello che avrebbe potuto avere specie in considerazione del fatto che il creditore Fisco è presente praticamente nella totalità delle procedure. La causa principale è stata proprio quella della degiuridizionalizzazione e della conseguente c.d. paura della firma dei rappresentati dell’Agenzia delle entrate. Il giudice tende ad assumersi maggiori responsabilità vuoi per la conoscenza tecnica dei temi vuoi per il diverso regime di responsabilità attenuata rispetto agli altri titolari di funzioni pubbliche.

In questa consapevolezza il legislatore ha finalmente anticipato ed integrato negli ultimi anni alcune disposizioni in tema di procedure concorsuali e di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi in materia. Il tribunale infatti già da qualche tempo può omologare accordi di ristrutturazione, concordati preventivi ed accordi di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione sia decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali e quando la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Si tratta del cosiddetto cram down fiscale.

In realtà già prima delle modifiche il nuovo ruolo del giudice e delle sue valutazioni di merito era prepotentemente emerso dagli interventi di carattere emergenziale in epoca Covid che hanno anticipato alcune norme del CCII, attraverso – ancora una volta – la novella alla vecchia legge fallimentare.

Le relazioni accompagnatorie affermavano espressamente di voler superare le resistenze delle amministrazioni finanziarie come criterio fondante della nuova disciplina che attribuisce al giudice il potere di sostituirsi tanto alle inerzie che alle indicazioni di voto contrario eventualmente pronunciate dagli enti pur in presenza delle condizioni previste per la necessaria accettazione della proposta.

Si badi bene non si tratta solo di una soluzione che prende atto della inefficienza dell’amministrazione finanziaria, ma assistiamo soprattutto alla volontà di puntare in modo deciso sul ruolo del giudice e sulla sua discrezionalità tecnica. D’altra parte il vecchio 182 ter l.f. prevedeva già espressamente la possibilità di proposte caratterizzate dal non integrale pagamento dei contributi previdenziali e delle imposte inevase, con la degradazione al chirografo della parte del privilegio che non si riusciva a garantire a questi creditori, se il piano ne prevedeva una soddisfazione comunque maggiore rispetto all’alternativa liquidatoria e in misura superiore rispetto alle offerte ai creditori di rango inferiore. Tuttavia, nella prassi, questa opzione è rimasta pressoché inutilizzata. L’attribuzione al tribunale del potere, a determinate condizioni, di omologare gli accordi di ristrutturazione dei debiti o il concordato preventivo, anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione, ma previa verifica della convenienza della proposta per la stessa, completa il recupero al giudice delle funzioni di cui abbiamo parlato.

La convenienza è infatti il vantaggio ricavabile da un’azione economica sia in senso assoluto sia relativamente ai risultati di altre azioni possibili e nella fattispecie va effettivamente accertata rispetto alle alternative liquidatorie. Pertanto la valutazione non dipende solo dall’ammontare del soddisfacimento offerto, dovendosi  tener conto anche del profilo temporale, dell’attendibilità delle prospettive effettive di adempimento e delle eventuali garanzie che possono assumere un rilievo ai fini del giudizio di convenienza, considerato che la certezza, o quantomeno maggiore probabilità, di un pagamento ha essa stessa un valore economico, che potrebbe indurre un creditore a preferirlo rispetto ad un eventuale pagamento ipotetico maggiore in sede di liquidazione, ma rimesso all’alea ed incertezza degli esiti della liquidazione.

Il giudice, insomma, finisce col dover esprimere una valutazione (di merito) piena attinente alla convenienza dell’adesione.

Quanto alla composizione negoziata molti hanno collegato lo scarso successo proprio alla mancanza della transazione fiscale nell’ambito dell’istituto. Ora questo solo in parte è vero sul piano delle tecnicalità in quanto la composizione può chiudersi con una procedura che preveda il cram down. Certo esiste una tempistica che deve coincidere con quella dell’Amministrazione finanziaria ma nulla esclude che durante la fase delle trattative venga proposta al Fisco una ipotesi di transazione e che poi in caso di diniego questa possa essere sottoposta al giudice come atto finale della composizione in un accordo di ristrutturazione o in una domanda di concordato preventivo

In ogni caso il disegno di legge delega sulla riforma fiscale approvato il 16 marzo scorso dal Consiglio dei ministri prevede l’estensione della transazione fiscale a tutti gli istituti disciplinati dal Codice della crisi. Il futuro legislatore interviene anche per superare alcuni dei contrasti interpretativi emersi nell’attuazione della transazione fiscale nel contesto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il disegno si sviluppa in 5 parti che rispettivamente trattano: dei principi generali e dei tempi di attuazione, dei tributi, dei procedimenti e sanzioni, dei testi unici e codici e delle disposizioni finanziarie. Infine l’art. 9 detta principi e criteri direttivi sulla fiscalità riferiti agli istituti disciplinati dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Il riferimento a tutti gli istituti disciplinati e riguarda dunque oltre alla  composizione negoziata della crisi di cui al titolo II capo I CCII, il piano attestato di risanamento (art. 56 CCII); gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII) anche nella forma agevolata (art. 60 CCII) e ad efficacia estesa (art. 61 CCII); la convenzione di moratoria (art. 62 CCII); il concordato minore (art. 74 CCII); il concordato preventivo in continuità aziendale (art. 84 CCII), con liquidazione di patrimonio (art. 84 CCII) e  misto (art. 84 CCII); il piano di ristrutturazione soggetto ad omologa (art. 64 CCII); la liquidazione giudiziale (art. 121 CCII e ss.); la liquidazione controllata (art. 268 CCII e ss.) e la liquidazione coatta amministrativa (art. 293 CCII e ss.).

La transazione è innanzitutto destinata a trovare applicazione anche nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (art. 64 bis), il che è del tutto naturale, collocandosi questo strumento a metà strada tra il concordato e l’accordo di ristrutturazione, in cui si può prevedere il soddisfacimento dei creditori, previa suddivisione degli stessi in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, distribuendo il valore generato dal piano anche in deroga agli articoli 2740 e 2741 c.c. e alle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione, purché la proposta sia approvata dall’unanimità delle classi. In ogni caso i crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, c. c., sono soddisfatti in denaro integralmente entro trenta giorni dall’omologazione.

Ma il disegno di legge la prevede anche nella composizione negoziata della crisi e nel piano attestato, sebbene il procedimento di omologazione sia estraneo a questi due istituti; proprio per questo motivo nel loro ambito non potrà tuttavia essere prevista l’omologazione forzosa a prescindere dalle tecnicalità sopra individuate.

I presupposti della omologazione forzosa della transazione attuata nell’accordo di ristrutturazione dei debiti del Codice sono due: la convenienza per l’Erario della proposta di transazione rispetto all’alternativa liquidatoria; il carattere determinante dell’adesione dell’agenzia delle Entrate ai fini del raggiungimento delle soglie del 60 o del 30% dell’intera esposizione debitoria, richiesto dagli articoli 57 e 60 del Codice ai fini dell’efficacia dell’accordo di ristrutturazione.

Tesi contrastanti sono state espresse in dottrina e giurisprudenza su questi presupposti; alcuni interpreti li ritengono necessari entrambi, mentre altri considerano sufficiente la convenienza della proposta, poiché in caso contrario si giungerebbe alla paradossale conclusione per cui il cram down fiscale potrebbe essere disposto dal tribunale, in assenza dell’adesione del Fisco, quando il consenso degli altri creditori è minore della maggioranza richiesta, ma non quando il consenso degli altri creditori è maggiore, nonostante la proposta sia conveniente per l’Erario.

Come traspare dalla relazione illustrativa, il disegno di legge delega prevede, invece, ai fini della omologazione forzosa, la sufficienza della solo convenienza (per l’Erario) della proposta di transazione fiscale.

Un ulteriore contrasto interpretativo è emerso con riguardo al caso in cui la proposta di transazione preveda un soddisfacimento dei crediti tributari che, pur essendo nominalmente più conveniente per l’Erario della liquidazione giudiziale, è molto contenuto (inferiore al 5 per cento) e l’accordo di ristrutturazione ha a oggetto essenzialmente solo tali crediti. Alcuni tribunali ritengono infatti che tali circostanze impediscano l’omologazione forzosa degli accordi, a differenza di altri che, invece, non ravvisano in tali circostanze alcun ostacolo, in considerazione del fatto che il legislatore non ha richiesto una soglia minima di convenienza né una soglia minima di adesioni dei creditori diversa da quelle del 60 e del 30% stabilite dagli articoli 57conclusi dall’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza, con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti e sono soggetti ad omologazione.  

Oltre all’estensione della disciplina della transazione fiscale a tutti gli istituti regolati dal CCII con introduzione dell’autorizzazione del tribunale anche per la composizione negoziata della crisi è prevista dal disegno di legge anche l’applicazione a tutti i tributi inclusi quelli locali, con indicazione degli effetti conseguenti alla presentazione della proposta con estensione dell’ambito di applicazione dell’omologa forzosa, in modo da superare una ulteriore criticità del sistema.

Francesco Fimmanò

Ordinario di diritto commerciale - Direttore scientifico Università delle Camere di Commercio Mercatorum

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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