In un periodo come quello Pasquale, la speranza dovrebbe essere protagonista, ma tante notizie sono per noi, ogni giorno, di segno contrario.
C’è una guerra che incalza ed è quasi sulla soglia di casa, in questa nostra fragile Europa; una guerra che procede, inesorabile, verso un baratro da cui nessuno uscirà davvero vincitore o vinto. La popolazione Ucraina si è trovata assalita da un esercito che appare, sotto gli occhi di tutti, sempre più in difficoltà e senza alcun interesse reale ad aggradire un popolo così vicino per cultura, prossimità e tradizioni passate…è in atto un gioco al massacro, alimentato da interessi alieni ed altri, che non sono di difficile comprensione.
C’è stato un recente – ma ahimè non sarà l’ultimo – naufragio in cui sono morte tante persone innocenti, annegate a causa del prevedibile affondamento del loro precario mezzo di trasporto: le tante lacrime per questa tragedia sono state soffocate da inondazioni di accuse incrociate e ponziopilatesche – per rimanere in tema pasquale – di chi in Italia ed in Europa si rimpallava la responsabilità di così tanti esseri umani. i cui desideri di nuova frontiera sono stati spenti dalle onde di un mare agitato.
La domanda per tutti noi è una sola: perché così tante persone disperate abbandonano i loro Paesi?
Avuta la risposta a tale interrogativo, la seconda domanda è: come noi possiamo rimproverarli?
È una questione di speranza.
La stragrande maggioranza di questi esseri umani cerca di sostituire la propria certezza (= assenza di un futuro per sé ed i propri figli), con la prospettiva unica che loro si pone dinanzi: rischiare tutto, lasciare ogni cosa, affrontare l’ignoto del mare per giocarsi l’unica chance di salvezza.
Quando affronto questo tema, oggi di grande – drammatica – attualità, chiedo ai miei interlocutori: E tu che faresti? La risposta è sempre la stessa: si è vero, hai ragione, ma non possiamo accoglierli tutti.
Fino a qualche tempo addietro mi infervoravo e – avendo oramai una trentennale esperienza “sul campo” all’interno di questi Paesi – raccontavo quello che vedevo e vedo abitualmente e, cioè, che Paesi ricchi di risorse, di minerali, di terre da coltivare e di persone valide e capaci, piene di voglia di sviluppare le proprie capacità e molto disponibili, si trovano in condizioni di miseria. E raccontavo, anche che in questi Paesi, stranamente, nessuna di queste potenzialità viene messa a frutto e, anzi, quanto più è ricco il Paese tanto più esiste la miseria.
In Nigeria esiste un mare di petrolio, eppure il reddito pro-capite è fra i più bassi; in Congo esiste il minerale necessario per i telefonini ed i p.c. e tutti si riforniscono dal Paese, eppure il reddito pro-capite è fra i più bassi.
Oggi so che il problema è qui, ora, nella nostra società sempre più povera di veri punti di riferimento e di valori fondanti.
Al centro dell’attenzione dei media sono sempre più presenti questioni inconsistenti e di nessuno spessore, quali l’opinione di un influencer ricoperto di tatuaggi, la liceità di un bacio sul palco di una trasmissione nazionale simbolica della nostra canzone e ci si interroga sul punto cui sono davvero arrivati a deteriorarsi i rapporti di litigio ed ostilità di un calciatore tanto amato in Italia con la sua ormai quasi ex moglie.
Questi temi soffocano le menti e, così, le coscienze si addormentano.
Ma la speranza esiste.
Esiste perché ci sono tante persone si dedicano agli altri, per offrire una speranza a chi altrimenti non l’avrebbe.
Esiste perché tante risorse vengono donate per far sì questo accada e che possa giungere l’aiuto a chi è in difficoltà.
Il senso di umanità e di fratellanza che c’è in ognuno di noi deve risvegliarsi e restare sveglio, con la lampada accesa.
Sull’invettiva che impazza sui social e sul vuoto – che riempie le trasmissioni televisive e tanti altri ambiti della nostra società – dobbiamo, tutti, con il massimo impegno far prevalere l’apertura e la disponibilità all’incontro con l’altro.
Da tanti anni oramai, insieme a mia moglie mi occupo di garantire tale speranza raccogliendo ed aiutando i tanti medici ed infermieri che, come i campioni sportivi, girano il mondo (quello più povero nel nostro caso) per garantire il diritto alla normalità a bambini affetti da labbro leporino, palatoschisi e tante altre patologie, che li rendono emarginati ed esclusi anche dalla semplice attività scolastica.
Questi nostri campioni si muovono in equipe, per portare la medicina e la chirurgia nei Paesi in cui non esistono risorse e mancano o sono limitatissimi i chirurghi ed i sanitari, in grado di operare adeguatamente e con risultati soddisfacenti.
La formazione, oltre alla chirurgia, è il focus della nostra ONG Emergenza Sorrisi perché solo fornendo a questi paesi il know how è davvero possibile cambiare la situazione locale.
Programmi ambiziosi, che sembrano talvolta quasi impossibili, ma che con l’impegno e la costanza, nel corso degli anni hanno dato dei meravigliosi frutti in Irak, Pakistan, Benin, Burkina Faso, solo per citare alcuni dei Paesi in cui siamo presenti.
In Iraq, per esempio, dove andremo fra pochi giorni con una equipe di circa 20 medici ed infermieri, ci saranno 5 tavoli operatori al lavoro contemporaneamente: lì, infatti, siamo riusciti a creare un centro di riferimento per tutta la regione di Bassora e ad avere medici Iracheni che, con noi, hanno lavorato a lungo ed oggi operano, ogni anno, centinaia di bambini che giungono da tutto il Paese.
In Somalia, in cui siamo da poco ritornati siamo riusciti a creare le condizioni perché ci sia una assistenza continuativa a questi bambini ed abbiamo creato le condizioni perché centinaia di mamme vengano assistite.
In Burkina Faso da anni lavoriamo insieme ai Frati Francescani Minori di Assisi e con loro abbiamo creato un bellissimo Centro Chirurgico, che è stato sostenuto dalla CEI con i fondi dell’8 per mille e che sta diventando un punto di riferimento per la formazione di tanti chirurghi del Burkina e dei Paesi limitrofi.
Purtroppo, non basta mai ciò che riusciamo a fare, perché ad ogni traguardo che raggiungiamo, ci accorgiamo che c’è un altro paese da raggiungere e da andare ad aiutare.
Come credenti sappiamo che dobbiamo fare affidamento alla Divina Provvidenza che faccia giungere i nostri appelli a chi è sensibile, per ricevere quegli aiuti economici necessari per proseguire nel nostro impegno. Questo non toglie il valore della ricerca di fondi tramite partecipazione a progetti o con l’impiego di attività di comunicazione rivolte ai nostri sostenitori, ma ciò passa sempre – per noi – attraverso l’affidamento alla Provvidenza.
La speranza è per il nostro Treccani un sentimento di attesa fiduciosa nella realizzazione presente o futura di quanto si desidera.
Non solo a Pasqua, sosteniamo ed alimentiamo la speranza.
Emergenza Sorrisi è fondata e nutrita di speranza.
Tutti sono invitati a sperare insieme a noi.
Tertulliano scriveva che “la speranza è la pazienza con la lampada accesa”.
Accendiamo le lampade, perché è Pasqua e, poi, teniamole sempre accese.