La Delega Fiscale 2023, prime considerazioni

Dove eravamo rimasti? Nel corso del 2021 il precedente governo nel contesto delle riforme previste dagli accordi con l’UE per l’accesso alle risorse finanziarie del piano Next Generation”, siglato come PNRR, approvò un disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale che, a motivo dell’anticipato scioglimento del Parlamento non si è poi concluso con l’approvazione della legge. Tuttavia il dibattito svolto in quell’occasione ha messo in evidenza gli elementi più significativi del nuovo sistema e le sue criticità in parte affidate nella loro risoluzione ai provvedimenti delegati di attuazione.

Cosa c’è di nuovo?

Il Governo ha approvato una nuova riforma che sarà anch’essa sottoposta al Parlamento con un disegno di legge di cui non è ancora iniziata la discussione.

Questa nuova proposta riflette le scelte di fondo già contenute nel precedente disegno di legge, che brevemente si ricordano:

  • conferma del sistema tributario basato sulla tassazione dei redditi, diversificata per le persone fisiche, l’IRPEF e le persone giuridiche, l’IRES e sulla imposizione della spesa, centrata sull’IVA e altri tributi minori;
  • per la tassazione dei redditi (a) applicazione del sistema duale, con l’applicazione di aliquote proporzionali su alcune tipologie di redditi in luogo di quelle progressive relative all’applicazione dell’imposta personale, (b) riduzione delle aliquote dell’imposta progressiva in tre scaglioni in luogo dei quattro attualmente in vigore;
  • eliminazione dell’imposta IRAP sostituita con una sovraimposta dell’IRES;
  • revisione dell’IVA nonché delle accise in relazione all’obbiettivo di maggiore armonizzazione con le regole dell’UE e di una semplificazione degli adempimenti anche alla luce dell’esperienza maturata;
  • mantenimento delle altre imposte indirette, registro, successione, ipotecarie e catastali con una razionalizzazione del prelievo e l’eliminazione dei cosiddetti tributi minori il cui costo di amministrazione è inefficiente rispetto al gettito che ne consegue.

All’interno della delega relativa alla disciplina dei singoli tributi sono previste specifiche norme, che dovranno guidare il legislatore delegato, ovvero il governo, nel varo della disciplina.

Alcune disposizioni della delega concernono anche l’accertamento, la riscossione ed il sistema sanzionatorio.

Infine viene ribadita la necessità di rinforzare la cogenza dello statuto del contribuente e la emanazione di Testi unici per il miglior coordinamento e la semplificazione della disciplina al fine di una migliore conoscenza ed intellegibilità da parte degli operatori, contribuenti e amministrazione fiscale, auspicando la riduzione delle controversie ed una più efficace azione di controllo e repressione dell’evasione.

Quindi dovremmo dire nulla di nuovo, rispetto a quanto proposto dal precedente governo con il sostanziale consenso degli esperti e sulla base di un’indagine conoscitiva condotta dalle Commissioni parlamentari nel 2021.

Vale tuttavia la pena soffermarsi su alcuni aspetti che a me paiono più significativi del nuovo sistema a prescindere dal fatto che fossero già previsti dalla precedente ipotesi varata dal governo Draghi e su cui si dovrebbe concentrare l’attenzione nell’elaborazione delle norme delegate.

Anzitutto la scelta di mantenere il sistema duale per l’imposizione dei redditi personali.

Al riguardo ritengo doverosa ed utile una breve premessa. Come noto, la nostra Costituzione prevede che il sistema tributario sia informato alla progressività, ovvero al principio che a maggiori risorse disponibili deve corrispondere una maggiore contribuzione alle spese dello Stato.

Tale criterio perequativo dell’obbligo di concorrere al finanziamento delle spese dello Stato presenta due aspetti: quello dell’equità “orizzontale”, per cui la tassazione deve essere simile in relazione a tipologie di reddito simili, e quello dell’equità “verticale” ovvero della tassazione in relazione all’entità del reddito disponibile. Il sistema duale che distingue la modalità del prelievo, proporzionale piuttosto che progressivo per talune tipologie di reddito, non viola di per sé il criterio costituzionale se la differenza è connessa a ragionevoli diversità tra le attività considerate quali fonti del reddito, che siano da porre in relazione alla produzione del reddito stesso ovvero alla semplificazione ed efficienza del relativo accertamento o della relativa liquidazione. Inoltre, anche l’entità del prelievo che ne deriva deve essere sostenuta dalla ragionevolezza della differenza tra le due misure di tassazione, per cui appare rilevante a tali fini anche l’entità dell’aliquota proporzionale e delle aliquote della tassazione progressiva applicabili alla medesima entità di reddito imponibile.

Nel sistema attualmente in vigore la tassazione proporzionale è applicata sui redditi di natura finanziaria, anche se non su tutti, e su alcuni redditi di natura immobiliare oltre che a redditi di lavoro autonomo e di impresa che non superino determinati limiti. L’attuale disciplina si muove nel contesto di una imposta progressiva unica personale, alla quale dovrebbero affluire tutte le tipologie di reddito della persona, per cui queste esclusioni suonano come eccezioni piuttosto che come elementi della struttura ordinaria del prelievo. La riforma in questo senso dovrebbe invece sciogliere il nodo considerando la tassazione proporzionale su alcune tipologie di reddito, denominata di regola “imposta sostitutiva” per sottolinearne l’autonomia rispetto alla tassazione ordinaria, come elemento strutturale del sistema e disciplinando con chiarezza i presupposti soggettivi e oggettivi di tale imposizione sostitutiva e definire con altrettanta chiarezza i rapporti con la tassazione ordinaria. Nell’esperienza in corso si sono manifestate incertezze su tutti tali aspetti, che potranno essere di guida per il miglioramento del quadro normativo tenendo conto sia dell’esigenza della semplificazione che della corretta e ragionevole perequazione tra le tipologie di reddito considerate e le altre. Posto pertanto che la diversificazione del prelievo in funzione della tipologia di reddito non è in contrasto di per sé con la progressività del sistema, si tratterà in concreto di valutare come saranno fissate le diverse aliquote anche dell’imposta personale progressiva e le norme che determineranno la base imponibile del tributo con detrazioni di imposta e deduzioni dal reddito.

Nel disegno di legge delega si prevede, tra l’altro, di estendere l’imposizione proporzionale anche ai redditi di lavoro dipendente, ma soltanto per la quota di maggior reddito che viene conseguita dal contribuente rispetto a periodi di imposta precedenti, la cosiddetta “flat tax incrementale” che, pur rappresentando un utile elemento di miglioramento della equità orizzontale del sistema, e pertanto della perequazione  tra i redditi di lavoro, autonomo e dipendente  soggetti alle due diverse modalità di tassazione,  presenta indubbie difficoltà applicative che il legislatore delegato nel contesto di attuazione della specifica indicazione contenuta nella delega dovrà considerare.

Sempre in relazione all’imposizione personale è prevista l’unificazione dei redditi di natura finanziaria oggi distinti tra quelli qualificati “di capitale” e quelli “diversi” in una unica categoria armonizzandone la disciplina da cui potrebbe conseguire un ampliamento dell’area dei redditi soggetti a tassazione proporzionale.  Anche in questo caso solo dalle norme attuative si potrà valutare se e come si modificherà in concreto il prelievo in capo ai soggetti di imposta, anche considerando la presenza di regimi speciali che potrebbero essere riassorbiti dalle nuove norme.  

Tralasciando altre disposizioni previste in materia di imposta personale, che pure meriterebbero attenzione ma che non possiamo trattare adeguatamente in questa sintesi, si rileva la revisione del sistema delle detrazioni e delle deduzioni di imposta con l’obbiettivo di concentrare l’intervento sul sostegno ai bisogni primari della persona e delle famiglie ed indicate nella delega stessa tra cui famiglia, salute, istruzione, transizione energetica e protezione antisismica del patrimonio immobiliare e previdenza complementare. Tale revisione è rilevante per comprendere l’effettiva entità della tassazione e si dovrà anche definire se e con quali modalità troveranno applicazione anche a redditi che non sono soggetti alla imposizione progressiva.

Un altro aspetto che merita attenzione è costituito dall’imposizione delle attività di impresa, in cui si rinnova il tentativo di equiparare la disciplina del prelievo sulle imprese personali rispetto a quelle societarie e si prevede per le società una detassazione per i redditi destinati ad investimenti qualificati, produttivi o relativa a nuovi rapporti di lavoro. La norma della delega appare ancora molto generica ma di principio condiziona l’agevolazione ad impieghi del reddito che saranno oggetto di specificazione normativa e pertanto di accertamento e verifica. È mia opinione che tale approccio non sia il migliore per supportare le imprese nel cogliere tempestivamente le esigenze di investimento che nel tempo si presentano alle imprese in un quadro economico nazionale e internazionale molto competitivo ed in continua evoluzione. Inoltre, l’esperienza anche recente ci dimostra che la definizione degli interventi agevolati presenta comunque un’area di discrezionalità, si veda l’esperienza per i crediti alla R&S, che non sembrano in linea con l’esigenza della semplificazione e della certezza delle norme per il contribuente, situazione che sarebbe destinata a ripetersi anche per l’applicazione di queste nuove disposizioni. Mi sia infine consentito di considerare del tutto demagogico il riferimento all’aumento del personale dipendente quale destinazione di impiego del reddito che è in controtendenza con l’esigenza di riduzione delle persone da impiegare nella singola impresa legate al processo di progressiva digitalizzazione delle attività, mentre si dovrebbe incentivare l’investimento in nuove attività che assorbano il personale eccedente nelle imprese più mature. Ma questo è fuori dai radar di questa riforma. Piuttosto, allo scopo di favorire il riequilibrio delle asimmetrie oggi rilevate tra aumento del reddito destinato al lavoro e incremento dei profitti dell’impresa, si potrebbe prevedere un’agevolazione collegata all’aumento della spesa per il personale, che catturerebbe sia l’aumento dei rapporti di lavoro che l’aumento delle retribuzioni favorendo anche la migliore qualificazione professionale delle persone. Non pare vada altresì omesso di considerare che la spesa per il personale, diversamente dall’utile accantonato e dagli investimenti, è un onere ricorrente che peserà anche negli esercizi successivi. Alla luce di queste ed altre considerazioni che già sono state espresse nei commenti di alcuni esperti, sarebbe preferibile una previsione di rinvio della tassazione dei redditi conseguiti ma non distribuiti, lasciando alle singole imprese la scelta di quando, come e dove impiegarli, secondo il principio che i redditi prodotti e mantenuti nell’impresa sono “virtuosi” e dovrebbero pertanto essere soggetti soltanto ad un’imposizione in misura contenuta per poi rinviarne il prelievo sostanziale al momento della loro estrazione dall’economia dell’impresa con la distribuzione ai soci.

Il tema dell’imposizione sui redditi di impresa si complica in relazione all’entrata in vigore della cosiddetta Global Income Tax che riguarda imprese di più grandi dimensioni per cui all’impresa si dovrebbe applicare un’imposizione effettiva, quindi al netto di agevolazioni e deduzioni o detrazioni, non inferiore al 15%.

Le norme che disciplinano tale Global Income Tax sono molto complesse ed hanno riguardo ai gruppi di imprese e non alla singola impresa.

Per una corretta valutazione della delega con riguardo alla disciplina dei redditi di impresa, inoltre occorre tenere in considerazione l’imposizione complessiva per la persona che investe in una partecipazione nel capitale di una società, costituita dalla sommatoria dell’aliquota applicata sul reddito della società, al momento il 24%, e di quella applicata al socio sul medesimo reddito distribuito, e pertanto nettato dell’imposta già pagata dalla società, per un totale di circa il 42%.  Non sembra che la delega si sia fatta carico di superare la doppia imposizione che ne deriva e la sperequazione con gli altri redditi finanziari. La tassazione dell’investimento nel capitale, cioè con l’assunzione del rischio pieno nelle sorti dell’impresa è molto più alta dell’imposizione del reddito derivante dal finanziamento all’impresa a titolo di prestito che sconta solo alcuni dei rischi dell’impresa, sostanzialmente la sua solvibilità nel tempo. La differenza non si riscontra nell’aliquota di tassazione del dividendo rispetto agli interessi, ma nel fatto che la spesa per interessi è dedotta dal reddito per cui non si determina quella doppia imposizione che si riscontra nel reddito del socio. Sotto questo profilo si osserva che il tema potrebbe essere affrontato dal legislatore nel contesto del riordino della disciplina dei redditi di natura finanziaria di cui si è fatto cenno, ove si prevede l’unificazione dei redditi di capitale, tra cui sono al momento compresi anche i dividendi, ed i redditi diversi e dell’armonizzazione della relativa disciplina. Va anche osservato che vi sono nella delega previsioni per la revisione della deduzione degli interessi, ma il testo della previsione pare molto approssimativo per potersi fare un’idea dell’esito di tale revisione e della sua incidenza sul tema appena considerato.

La delega prosegue, come detto, estendendo le sue previsioni a tutti, o quasi, gli aspetti del nostro sistema dalla disciplina dell’IVA e delle altre imposte indirette e delle accise all’accertamento, alla riscossione alle sanzioni ed al contezioso. Si rileva infine che mancano previsioni relative alla riforma del catasto che pure secondo l’Unione Europea è tema rilevante, ma il dibattito politico sviluppatosi con riguardo al precedente disegno di legge delega ha probabilmente indotto il governo a soprassedere.

Adesso comincia la fase dell’esame della delega da parte del Parlamento che auspicabilmente si dovrebbe concludere prima dell’estate, per poi passare alla stesura dei decreti delegati per i quali il Governo ha tempo 24 mesi dalla data dell’approvazione della legge. Come si evince dalle poche note qui sopra esposte, c’è un grande lavoro da fare, ma la competenza e l’esperienza del Ministro Leo, è garanzia della qualità e della validità della conduzione e dell’esito di tale attività da parte della Pubblica Amministrazione per la produzione dei decreti delegati che verranno sottoposti all’esame del Parlamento e alla luce dei quali si potrà meglio valutarne l’effettiva ricaduta per le persone e gli enti. Intanto è auspicabile che il lavoro dell’Amministrazione in questa fase sia accompagnato da un ampio dibattito, che possa mettere in evidenza le criticità da affrontare e le possibili soluzioni anche approfittando, ma non solo, della possibilità prevista dalla delega che il Governo costituisca tavoli di lavoro con associazioni di categoria e di professionisti su alcuni temi specifici.

Buon lavoro a tutti.

Luciano Acciari

socio, responsabile dipartimento di diritto tributario Studio Gianni-Origoni & Partners, già segretario delle Commissioni parlamentari per il parere al Governo sui decreti correttivi alla normativa fiscale

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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