Il price cap del gas non è “cap” per la classe media

Un po’ ingenuamente speravo che il 2023 portasse qualche nota positiva. Dopo mesi di rincari nel settore dell’energia e una estenuante trattativa a Bruxelles, appena a metà dicembre veniva finalmente definito il tetto al prezzo del gas. Traguardo raggiunto dopo aver assistito per tanto tempo alla tutela dell’interesse di pochi a danno della collettività. Una partita su cui la cosiddetta solidarietà europea ha tardato a manifestarsi. Lunghi mesi in cui abbiamo assistito agli aumenti continui dei prezzi del gas dovuti a ciò che avveniva in modo incontrollato sul mercato dei TFF (Title Transfer Facility) di Amsterdam.

Ora, con il price cap, il prezzo del gas ha cominciato scendere sul mercato all’ingrosso, ma le bollette sono invece destinate a salire con un +20% per il mese di dicembre. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato che in un colpo solo ha cancellato sia la norma del Milleproroghe che consentiva gli adeguamenti dei prezzi alle scadenze contrattuali, che i provvedimenti dell’Antitrust contro l’aumento dei prezzi, le cifre in bolletta sono destinate ingiustificatamente a salire ulteriormente. Agli aumenti del gas si sommano, in questi giorni, quelli del prezzo del gasolio e della benzina. E tutto ciò avviene in Italia, dove l’inflazione anno su anno è all’11,6%, rispetto all’8,6% della Germania e il 5,9% della Francia.

Gasolio e benzina sono saliti alle stelle ben oltre al rincaro giustificato dai petrolieri per il mancato rinnovo da parte del Governo dei tagli sulle accise. Ma i 2,5 euro alla pompa denunciati dai cittadini attraverso i media e le associazioni di tutela dei consumatori, vanno ben oltre l’aumento di 18,3 centesimi al litro dovuto al mancato rinnovo dello sconto sulle accise. Aumenti al distributore che avvengono in un periodo in cui abbiamo assistito a una continua riduzione del costo del petrolio, dai 120 dollari a barile di marzo 2022, agli attuali 80 dollari.

In particolare, poi, è interessante sapere che il Friuli Venezia Giulia confina con l’Austria dove ora il prezzo del diesel è pari a 1,747 euro e la benzina super a 1,559 euro, con la Slovenia che fa ancora meglio: meno di 1,5 euro per il diesel e anche sotto un euro e trenta centesimi per la benzina. Differenze di prezzo, ormai prolungate negli anni, che hanno fatto chiudere numerosi distributori di carburante italiani.

Difronte a quanto sta avvenendo è necessario intervenire subito per eliminare qualunque speculazione in atto e tutelare i consumatori e le imprese. I costi dell’energia e dei carburanti incidono direttamente su tutta la filiera della produzione e della vendita, nonché della logistica e dei trasporti. Tutto ciò genera un ulteriore aumento dell’inflazione, dei tassi di interesse e dei prezzi che, se da un lato fanno aumentale le entrate dello Stato, dall’altro comportano un maggiore esborso di denaro in termini di interessi sul debito pubblico. Parallelamente a un continuo controllo di quanto avviene sul mercato, è importante intervenire con maggior intensità attraverso i bonus per famiglie e imprese a sostegno di investimenti per l’efficientamento energetico.

La classe media italiana risulta quella maggiormente penalizzata perché non può accedere agli aiuti previsti per il caro energia, non rientra per valori di reddito nelle varie azioni pubbliche attivate a supporto dei cittadini per contrastare gli aumenti, perdendo costantemente potere d’acquisto e la disponibilità finanziaria per immettere denaro nell’economia del nostro Paese. Quanto sta avvenendo continua a penalizzare quel tessuto sociale che è sempre stato il motore economico del nostro Paese e che ora deve affrontare l’aumento dei tassi di interesse sui mutui, dei costi dell’energia e dei carburanti, dell’elettricità, dei generi alimentari e così via. Un sistema che complessivamente va ripensato.

Antonio Paoletti

Vicepresidente vicario di Unioncamere e presidente della Camera di Commercio Venezia Giulia

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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