Roberto Serrentino
Alle elezioni politiche del 25 settembre, il 36% degli aventi diritto al voto ha disertato le urne.
Ancora una volta il partito degli astenuti ha vinto, anzi ha stravinto perché dal 1948 ad oggi ha raggiunto il suo miglior risultato!
È vero che esiste la legittimità del non voto, quale diritto pieno di ciascun cittadino, ma il rischio fondato è che si lasci il governo della cosa pubblica nelle mani di chi ha avuto il consenso di pochi.
La scarsa partecipazione alle elezioni fa sì che più di 1 individuo su 3 non vota e se volessimo calcolare le percentuali tenendo conto dell’intero corpo elettorale, prendendo ad esempio Fratelli d’Italia, il primo partito nazionale, questo sarebbe intorno al 14%. E la coalizione di centrodestra, risultata vincitrice, in pratica avrebbe ricevuto il voto favorevole di un quarto della totalità degli aventi diritto al voto.
Bisogna lavorare con idee e proposte concrete per ricostruire la fiducia fra cittadini e politica, fra elettori e partiti.
La non partecipazione al voto è divenuta non più un fenomeno occasionale o accidentale. È strutturale a tutti gli effetti, si è consolidata, anzi è peggiorata.
Se poi all’astensionismo si aggiungono le schede bianche, che insieme a quelle nulle costituiscono il voto cosiddetto “inespresso”, ecco che la percentuale del dissenso aumenta.
Antonio Misiani
Sono due i dati più rilevanti delle elezioni politiche del 25 settembre. Il primo è il crollo della partecipazione al voto, che ha toccato il minimo storico del 63,9 per cento, 9 punti in meno rispetto a quattro anni fa. Secondo un’indagine Ipsos, il non voto (astensione + schede bianche + schede nulle) è particolarmente accentuato tra le donne, i giovani 18-34enni, chi ha un titolo di studio fino alla licenza media, una condizione sociale bassa, tra i disoccupati e le casalinghe. È una vera e propria frattura sociale che si va allargando, aggravando la crisi della nostra democrazia. Il secondo dato è la vittoria netta e inequivocabile della destra, che non è il frutto di uno sfondamento elettorale – la coalizione guidata da Giorgia Meloni ha ottenuto il 43,8 per cento dei voti, in valore assoluto più o meno quelli delle precedenti elezioni – ma della capacità politica di presentarsi unita, prevalendo in gran parte dei collegi uninominali (121 su 147 alla Camera e 59 su 74 al Senato) e conquistando la maggioranza dei seggi in entrambi i rami del Parlamento.
Le scelte di politica economica, nell’imminente presentazione della nuova legge di bilancio, saranno il primo, decisivo terreno su cui si misurerà la tenuta e la capacità della nuova maggioranza di rispondere alle preoccupazioni e alle istanze del Paese.
Giorgio Mulè
Il 26 per cento di Fratelli d’Italia, con un aumento di quasi 22 punti percentuali rispetto alle passate elezioni, la tenuta della Lega e di Forza Italia hanno assicurato, dopo ben 11 anni, la possibilità di dare al nostro Paese un governo forte, stabile, espressione di una maggioranza chiara e coerente, in quanto comporta da partiti che tradizionalmente sono stati sempre alleati, condividendo un programma unico che rispecchia la visione del Paese di tutti i componenti della coalizione.
Il centrodestra esce vincitore per tanti motivi, ma il più importante è stato rappresentato proprio dall’esistenza di un programma. Non così si può dire di tutti i partiti che andranno a comporre la variegata e prevedibilmente litigiosa opposizione.
Federico Freni
L’unico modo possibile per la politica di ritrovare il rapporto con gli elettori è quello di ripartire dal territorio valorizzando l’esperienza della base per realizzare il principio di: “pensare globale, agire locale”.
Il rapporto con il proprio elettorato poi non può in alcun modo restare confinato al solo periodo della campagna elettorale, ma deve consolidarsi lungo l’arco della legislatura. Solamente un ininterrotto scambio di prospettive tra la dimensione territoriale e quella nazionale con il pieno coinvolgimento della prima, può condurci ad una virtuosa azione di governo.
La Lega nel corso della sua storia ha saputo perfettamente coniugare l’amministrazione delle più importanti realtà economiche locali con una decisa azione amministrativa a livello nazionale rappresentando al meglio la voce dei tanti territori, piccoli e grandi, amministrati lungo il paese.
Questa esperienza diventa quindi la base naturale sulla quale poggiare la realizzazione di un ambizioso programma politico in vista della nuova legislatura.
Ettore Licheri
Credo che oggi, dopo le lezioni, ci sia un’area progressista dove è ancora possibile parlare di “Stato sociale”, di difesa dei più deboli, di precariato giovanile e di una giustizia forte contro il malaffare. E quest’area fa adesso riferimento alla serietà del Presidente Giuseppe Conte.
In campagna elettorale ci vogliono progetti con obiettivi chiari e realizzabili.
Salario minimo, superbonus, taglio dell’IRAP, decontribuzione sud, non sono solo parole ma progetti politici reali che mettono al centro il lavoro: la prima vera emergenza sociale di questo paese.
Non sarà sfuggito poi che per la prima volta in Italia una forza politica ha fatto campagna elettorale raccontando quello che ha fatto, piuttosto che quello che promette di fare. E questo cosa ha significato per gli elettori? Che quello che diciamo, facciamo. In politica contano i fatti. La stagione dei capitani coraggiosi e dei pifferai magici è finita. Noi ci siamo presentati con obiettivi concreti che interessavano la quotidianità della gente: salari troppo bassi, inflazione galoppante, una guerra alle porte d’Europa che tutti continuano a sottovalutare.
Lavinia Mennuni
A breve si costituirà il nuovo Governo e la situazione ereditata dai governi precedenti necessita di grande responsabilità da parte di tutti.
In uno scenario che si annuncia complicato con la recessione che bussa alle porte secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale soprattutto per l’impatto della crisi energetica, per l’alta inflazione e per il calo dei redditi, la stringente difficoltà di imprese e famiglie a far fronte al rincaro impazzito delle bollette, è necessario che tutti operino con efficacia e concretezza per il bene dell’Italia.
Abbiamo l’esigenza di creare lavoro per i nostri giovani e superato questo periodo terribile dobbiamo tornare a crescere. Per farlo sarà necessario un cambio di passo sia a livello di politiche attrattive di investimenti, di rinforzo del comparto turistico – assurdo pensare che vi siano città con maggiori flussi turistici della nostra splendida città eterna – di tutela del made in Italy, dell’ambito agricolo, la creazione del hub energetico di cui il sud Italia potrebbe essere protagonista.
Ci attende una stagione dura, ma riusciremo a risollevare l’Italia.
Carlo Calenda
Siamo partiti da zero qualche mese fa, eppure i sondaggi oggi ci danno sopra Lega e Forza Italia. All’indomani delle elezioni del 25 settembre abbiamo avviato un cantiere, affinché il processo costitutivo di questa nuova grande forza sia il più ampio e inclusivo possibile.
Il cuore del nostro programma è il Patto generazionale, per il quale ogni euro in più deve essere investito su scuola e su sanità, veri pilastri su cui programmare piani di investimenti e di rilancio. Abbiamo spiegato perché occorrono il rigassificatore di Piombino e il termovalorizzatore di Roma, che finalmente Gualtieri si è convinto a fare e sul quale invece i Cinquestelle hanno fatto cadere il Governo. Abbiamo sostenuto la necessità del salario minimo legale per combattere la povertà lavorativa. Non chiediamo di abolire il reddito di cittadinanza, ma di dare spazio alle agenzie private nella formazione e nelle offerte di lavoro. Le imprese italiane cercano 500.000 lavoratori: il primo circuito da cui si dovrebbe attingere per rispondere a tale domanda è quello dei percettori del reddito.