Dopo 11 anni, la possibilità di un governo di centrodestra forte e stabile

Ci sono tre punti di vista per analizzare l’esito di queste elezioni. Uno generale, uno focalizzato sulla coalizione di centrodestra e uno, ovviamente, su Forza Italia. Ed è proprio da quest’ultima che è doveroso partire, perché rappresenta uno dei pochi partiti che escono a testa alta da questa tornata elettorale. Pur sforzandoci, non siamo riusciti ad intravedere da nessuna parte gli occhi della tigre invocati dal segretario del Pd, Enrico Letta, ma abbiamo assistito ancora una volta al ruggito del leone: Silvio Berlusconi.

Data troppo frettolosamente per moribonda, destinata ad un lento ma inesorabile declino e ad essere sorpassata da Azione di Carlo Calenda, cenerentola per distacco della coalizione di centrodestra, Forza Italia, attraverso l’ennesima straordinaria campagna elettorale del suo presidente e leader, ha segnato l’8,11 per cento alla Camera e l’8,27 per cento al Senato. Non solo rimanendo sopra la coppia Renzi-Calenda, ma sfiorando il sorpasso sulla Lega e restandogli dietro di un’incollatura: appena lo 0,6 per cento. Gli elettori hanno premiato la serietà, la competenza, la moderazione e anche la storia quasi trentennale del partito, sempre caratterizzata da un impegno che ha avuto come stella polare gli interessi concreti dei cittadini, dall’abbassamento delle tasse, al lavoro, alla grande attenzione verso il mondo imprenditoriale. Nel corso della campagna elettorale, abbiamo costantemente spiegato che saremmo stati il baricentro del centrodestra, il punto di equilibrio, il ponte ideale fra l’Italia e l’Europa. Questo risultato lo conferma, facendo diventare Forza Italia determinante per la maggioranza sia alla Camera, sia al Senato.

Grazie, dunque, al decisivo apporto del nostro partito, la coalizione di centrodestra esce, com’era previsto, netta vincitrice delle elezioni, malgrado i numerosi e infruttuosi tentativi di sabotarla e renderla inutile, con un risultato che rendesse ingovernabile quanto meno il Senato. Il 26 per cento di Fratelli d’Italia, con un aumento di quasi 22 punti percentuali rispetto alle passate elezioni, la tenuta della Lega e di Forza Italia hanno assicurato, dopo ben 11 anni, la possibilità di dare al nostro Paese un governo forte, stabile, espressione di una maggioranza chiara e coerente, in quanto comporta da partiti che tradizionalmente sono stati sempre alleati, condividendo un programma unico che rispecchia la visione del Paese di tutti i componenti della coalizione.

Il centrodestra esce vincitore per tanti motivi, ma il più importante è stato rappresentato proprio dall’esistenza di un programma. Non così si può dire di tutti i partiti che andranno a comporre la variegata e prevedibilmente litigiosa opposizione. Il Partito Democratico, che esce da queste elezioni con un risultato talmente negativo da aver provocato le dimissioni del segretario Letta e l’indizione di un congresso per designarne un successore, fin dallo scioglimento delle camere ha lavorato per assemblare una coalizione “contro” e non supportata da alcuna visione comune, se non quella di sconfiggere il centrodestra. Lo dimostrano il tentativo fallito di alleanza con Calenda e il patto con Sinistra Italiana, che per stessa ammissione dei protagonisti si sarebbe esaurito già alla prima seduta del nuovo Parlamento.

L’unica scelta coerente compiuta da Letta, che però ha reso più netta la sconfitta della sinistra, è stata quella di non allearsi con i 5Stelle e Conte, cioè degli unici responsabili della caduta del governo Draghi, alla cui agenda volevano ispirarsi lo stesso Pd e Calenda. Come hanno dichiarato i leader di Azione, il 7 per cento ottenuto dalle urne, sebbene raggiunto in poco tempo, è stato un fallimento, perché l’obiettivo dichiarato era duplice: raggiungere il 10 per cento e rendere impossibile la governabilità del centrodestra, condannando il Paese ad altri anni di instabilità, con tutte le gravi conseguenze del caso.

Non possiamo, infine, far passare sotto silenzio la sconfitta elettorale dei 5Stelle, perché quando si passa dal 32 per cento del 2018 al 15 del 2022, solo di sonora sconfitta si può parlare. Altro trionfo personale di Conte… L’ex premier avrà recuperato sì e no un paio di punti dai sondaggi, ma solo perché ha battuto incessantemente le regioni meridionali con la più alta percentuale di distribuzione del reddito di cittadinanza, promettendo il mantenimento di questa misura esclusivamente assistenziale, che non produce lavoro e condannerebbe il Sud a restare sempre un passo indietro rispetto al resto del Paese. In pratica, Conte si è trasformato in un novello Achille Lauro, che dava una sola scarpa ai cittadini, promettendo la seconda solo in seguito alla vittoria elettorale. Poi, risultati definitivi alla mano, ha mostrato a tutti una tomaia rilucidata per l’occasione, senza però far vedere la suola bucata e completamente consumata.

Giorgio Mulè

deputato di Forza Italia, già Sottosegretario al Ministero della Difesa

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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