La riforma della legge elettorale per il CSM.
Non è la Carta(bia) vincente

Negli ultimi anni è stato denunciato in ogni modo il malessere che attanaglia il governo autonomo della magistratura, una vera e propria patologia denudata dall’esplosione dello scandalo dell’hotel Champagne e dalla pubblicazione di centinaia di conversazioni tra magistrati con incarichi rappresentativi nelle correnti e nel CSM.

Si tratta del correntismo, ossia della degenerazione del libero e sacrosanto diritto di associarsi dei magistrati in un micidiale mix di clientelismo e di carrierismo, che conduce ad una diffusa spartizione lottizzatoria degli incarichi di ogni genere e tipo tra magistrati appartenenti allo stesso “partito-corrente”, in totale dispregio del principio di legalità, al quale pure risulta soggetto il Consiglio Superiore della Magistratura, come ogni singolo magistrato.

Dopo circa tre anni (era il maggio 2019!) dalla deflagrazione di questa “bomba”, un Parlamento esautorato dal Governo “delle larghe intese” ha partorito la riforma che avrebbe dovuto affrontare e sconfiggere il male.

Lo ha fatto a stretto ridosso della scadenza del mandato consiliare, dunque in violazione dei principi eurounitari declamati dal codice di buona condotta in materia elettorale redatto dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, c. d. Commissione di Venezia, nominata dal Consiglio d’Europa in materia di trasparenza delle competizioni elettorali.

Lo ha fatto, in realtà, anche dopo numerosi, accorati, severi, moniti del Capo dello Stato.

Lo ha fatto, tuttavia, nel peggiore dei modi e con risultati deludenti.

In estrema sintesi: i consiglieri del CSM verranno eletti ancora una volta (come già previsto nella legge del 2002 abrogata) con un sistema prevalentemente maggioritario, ossia con il metodo che favorisce la “governabilità” e che concentra il potere in mano ai partiti/gruppi aventi più voti, così esaltando l’abusivo carattere “politico” assunto dal CSM in questi decenni, piuttosto che la rappresentatività della categoria.

Verranno prescelti i più votati nei diversi collegi previsti per ogni categoria di magistrati: uno per quelli di Cassazione (saranno consiglieri del CSM i due più votati); due per i magistrati inquirenti (verranno eletti i due pubblici ministeri con il maggior numero di preferenze in ciascun collegio, nonché il terzo che abbia riportato più voti); quattro per i giudici di merito (in questi collegi verranno eletti i due candidati più votati, secondo le regole del maggioritario, mentre per gli altri cinque è stato previsto un meccanismo proporzionale, che consentirà di assegnare il seggio a colui/colei che abbia ottenuto in percentuale il maggior numero di voti in ciascuna circoscrizione elettorale, anche grazie ad un sistema di collegamento tra candidati su scala nazionale).

Qualcuno ha assimilato l’attività riformatrice della legge elettorale del CSM al gioco delle tre carte, nel quale il “dominus” è stato un Legislatore pigro nell’iniziativa, ma pronto a muovere velocemente le mani con una spregiudicatezza da campione, tanto da far davvero apparire una magia risolutiva ciò che è una semplice mistificazione della realtà.

Sembra infatti che i gruppi correntizi (attivi dentro l’associazione dei magistrati), che affollano anche le porte del Ministero che ha partorito il disegno di legge, abbiano organizzato il capannello di gioco che ha ideato la riforma.

Così, d’accordo con i maggiorenti delle forze politiche che vogliono garantirsi una magistratura sottomessa e controllabile, hanno studiato il sistema misto prima descritto (prevalentemente maggioritario, con recupero proporzionale) capace di garantire ai “finti sfidanti” (nel gioco delle tre carte i due complici che, dando a vedere illusoriamente di sfidarsi, eccitano il conduttore del gioco) il voto nei territori i cui collegi si sono costruiti a tavolino per consentire di non perdere in alcun modo i seggi (quelli del maggioritario) e di poter spadroneggiare anche nel sistema proporzionale (cinque ulteriori seggi riservati solo a magistrati giudicanti).

Strategico anche il ruolo dei “pali” (ossia, nel gioco delle tre carte, i complici che si posizionano in aree vicine della zona), che potrebbero essere le correnti minoritarie della magistratura, illuse di potere almeno conquistare i cinque seggi in palio con il sistema proporzionale, facendo da “spie” (avvisando dell’arrivo delle forze dell’ordine il conduttore e i fasulli sfidanti).

Esse, infatti, invece che denunciare la “truffa” in corso, sono andate in giro dicendo che il gioco poteva essere meglio organizzato, ma che alla fine era il meglio che poteva essere concepito al fine di garantire il c. d. pluralismo culturale, assertivamente tanto in auge nel corpo elettorale.

All’interno dell’Associazione Nazionale Magistrati hanno persino inscenato uno “sciopero” fasullo avverso il progetto riformista, fingendo di dolersi del mancato ridimensionamento del peso delle correnti dentro l’organo di governo autonomo, di fatto invece ammiccando e avallando la concentrazione del potere nelle mani dei due gruppi più forti (che governano anche la debolissima associazione dei magistrati) e il bipolarismo che si scorge all’orizzonte.

Purtroppo talvolta l’eterogenesi dei fini può fare cattive sorprese e qualche ingenuo “giocatore” rischia davvero di vincere un forte “somma di denaro” rispetto alla “posta” (l’ambìto, e lautamente retribuito, incarico di consigliere del CSM).

Accade, invero, che alcuni candidati al CSM siano stati scelti da altri colleghi nel febbraio del corrente anno con il sistema del sorteggio tra gli eleggibili e che altra parte di elettorato attivo sia stato estratto – e presentato obbligatoriamente tra gli eleggibili- in modo aleatorio dal Legislatore al fine di integrare le quote di genere.

Questo dato è molto importante, perché ha finalmente sdoganato il sorteggio dei candidati e perché esso è stato ritenuto perfettamente legittimo sotto il profilo costituzionale dal Parlamento (a dispetto delle vestali della presunta incostituzionalità del metodo).

Quanto al meccanismo che avrebbe dovuto garantire ai “pali” del gioco delle tre carte il recupero dei voti per vincere almeno il “diritto di tribuna” (ossia il collegamento tra candidati), esso rischia di far saltare il “banco” e di consentire a qualche candidato fuori dai giochi correntizi di ottenere la vincita della “posta” scommessa all’inizio del gioco, centrando la carta vincente!

È l’unica cosa divertente di una riforma della legge elettorale ipocrita e canzonatoria delle finalità perseguite, del tutto inefficace e volta soltanto a mantenere, anzi a rafforzare, lo status quo, specialmente per i grandi gruppi che governano l’ANM e il CSM.

La sola novità che potrebbe davvero assortire il panorama della componente togata della magistratura saranno, dunque, i seggi dei giudicanti scelti con il sistema proporzionale.

Il collegamento, che i candidati sorteggiati dal Comitato Altra Proposta (un comitato di scopo creato da magistrati per magistrati elettori, al di fuori di ogni logica correntizia) hanno instaurato tra di loro e con altri sorteggiati (prescelti aleatoriamente ex lege), è ciò che potrebbe rivelarsi l’unica sorpresa di queste scontate e finte elezioni del rinnovamento del governo autonomo della magistratura, divenendo così una sorta di boomerang capace di ritorcersi contro il banditore, i suoi complici e i pali, ancora indaffarati a garantirsi, con le regole “truccate” del gioco, la posta (ossia il voto) dei tanti elettori per il CSM.

Peccato che a restare vittima del bluff siano un organo di rilievo costituzionale – il cui funzionamento rimane ancora una volta demandato dal Parlamento ai partiti/correnti che hanno politicizzato e distrutto l’indipendenza interna dei magistrati – e, in ultima istanza, i cittadini italiani nel cui nome dovrebbe essere esercitata e amministrata la giurisdizione.

La farsa continua: <Carta vince, Carta perde>.

Al popolo, stavolta, non è toccata la Carta(bia) vincente!

Andrea Reale

Giudice per le Indagini Preliminari a Ragusa, membro del Comitato direttivo centrale dell’ANM

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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