Solo un messaggio forte e chiaro da parte degli elettori può spronare il legislatore ad agire sulla strada di una vera riforma strutturale di un sistema giustizia che da anni sta perdendo credibilità nell’opinione pubblica, tanto che circa il 66% degli italiani, secondo le ultime rilevazioni, non avrebbe fiducia nel suo funzionamento.
Questa la ragione principale per la scelta della strada referendaria, nella consapevolezza che gli interventi indispensabili per riformare il sistema mai si attiveranno su iniziativa di quegli ambienti, sia della giustizia che della politica, più reazionari e giustizialisti, dove si sono incancrenite forme di chiusura e autoreferenzialità ostili al cambiamento.
D’altra parte, per tacitare chi critica il ricorso al referendum, pur condividendo i contenuti dei quesiti, rispondiamo che il referendum è un fondamentale strumento di partecipazione che, in questo caso, si occupa di una materia che interessa trasversalmente l’intera comunità. È tuttavia incredibile che amministratori e esponenti delle Istituzioni, pur di tacitare le ragioni del ricorso al referendum, considerino quello abrogativo (pur previsto dalla Carta costituzionale) un istituto non più funzionante, dando per scontato o, forse, auspicando che il quorum non si raggiunga. Si tratta, in realtà, di quella classe di politici e amministratori pubblici che ha consentito la degenerazione del sistema, contando sulle gogne mediatiche e sui furori giustizialisti per battere gli avversari, facendo resistenza di fronte a riforme serie ed escludendo scientemente dall’attività amministrativa e di governo il bene comune e la volontà degli elettori, tanto da indurre gli italiani ad allontanarsi sempre più dalla politica attiva per la scarsa fiducia nei partiti e nel Parlamento.
Consapevoli della nostra diversità di vedute, perché continuiamo a considerare gli italiani artefici principali del loro destino e capaci di decidere se messi in grado di conoscere i fatti, crediamo fermamente nel referendum e nella partecipazione che, come è evidente, viene invece ostacolata da forze politiche, mediatiche, sociali, culturali per mere ragioni di bottega e di interesse a che il sistema rimanga uguale a se stesso.
Con buona pace degli obiettivi che anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva indicato al Parlamento dopo l’emersione del ‘caso’ Palamara con il mix di scambi e favori che ha coinvolto la parte più politicizzata della magistratura. Si aveva la consapevolezza della situazione e se ne parlava da anni, ma l’esplosione dello scandalo nel 2019 e le rivelazioni che ne sono seguite hanno reso urgente e non più rinviabile una riforma del sistema giustizia anche agli occhi di quell’opinione pubblica che le aree piddina e grillina, unitamente ad altre frange, vorrebbero tenere all’oscuro e lontana dalle urne. Se anche gli esperti del settore considerano necessari interventi per restituire funzionalità, credibilità e imparzialità al sistema giustizia; se i problemi della giustizia sono annosi e noti a tutti; se il legislatore non ha avuto la forza e il coraggio di riformare in maniera incisiva il sistema, se le timide riforme prodotte sono per lo più ininfluenti, emerge evidente la necessità che sia la società civile a parlare e che sia lo Stato ad ascoltare recependone le indicazioni e superando le resistenze interne.
Al Paese serve una giustizia più giusta, imparziale e efficace, che restituisca piena e legittima credibilità alla magistratura, che è per lo più composta da professionisti capaci che operano con grande diligenza e riserbo.
I CINQUE SÌ
Quesito 1)
Abrogazione Legge Severino
Per eliminare l’applicazione automatica della pena accessoria di incandidabilità, ineleggibilità e decadenza per parlamentari, consiglieri e governatori regionali, sindaci e amministratori locali dopo una sentenza di condanna non definitiva. Innumerevoli gli esempi di persone poi giudicate innocenti in via definitiva, che hanno avuto carriera e vita privata devastate. Sarà quindi il giudice che potrà nuovamente esercitare la sua funzione giurisdizionale senza alcun vincolo di legge e quindi valutare se applicare la pena accessoria sulla base del caso concreto.
Quesito 2)
Abrogazione custodia cautelare
Per evitare che si possa abusare della custodia cautelare in carcere o in luogo di cura per il solo rischio di reiterazione di alcuni reati con la possibilità di limitare la libertà di persone innocenti, come accade in un caso su dieci. Da evidenziare che dal 1992 al 2020 le persone indennizzate per questi abusi sono state circa 30.000, per un totale di 870 milioni di euro. Solo lo scorso anno lo stato ha dovuto sborsare circa 37 milioni di euro.
Quesito 3)
Separazione delle funzioni in magistratura
Per garantire il principio del giusto processo, della terzietà e dell’imparzialità del giudice, per assicurare maggior equilibrio tra accusa e difesa, per consentire una maggiore specializzazione nelle carriere dei magistrati giudicanti e dei requirenti è indispensabile che le due funzioni siano nettamente separate.
Quesito 4)
Equa valutazione dei magistrati – Consigli Giudiziari
Per consentire a rappresentanti dell’avvocatura e dell’università di esprimersi sull’operato, sulla competenza e sulla professionalità dei magistrati, da cui dipendono gli scatti di carriera. Questo per evitare rischi di chiusura corporativa della magistratura, per rafforzarne il collegamento con le istanze della società civile, per una valutazione più equa e oggettiva.
Quesito 5)
Elezioni Consiglio Superiore della Magistratura (CSM)
Per superare il sistema delle correnti all’interno del CSM, garantendo in primo luogo un sistema elettorale che metta al centro il magistrato e la sua professionalità anziché la sua appartenenza politica e gli interessi della sua corrente, con l’obiettivo di un recupero di autorevolezza e di legittimazione indispensabili al ruolo della magistratura. I quesiti referendari che fanno riferimento alla magistratura puntano a premiare l’affidabilità e la preparazione di questi professionisti e non vanno certo ‘contro’ la magistratura.