L’Avvocatura dello Stato non è il refugium peccatorum dei magistrati usciti dalla politica

Il disegno di legge A.S. 2595 sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, nel testo approvato il 26 aprile 2022 dalla Camera dei Deputati (A.C. 2681) con le modifiche apportate dalla Commissione Bilancio, prevede, agli articoli 19 e 20, il collocamento fuori ruolo o l’assunzione di incarichi presso l’Avvocatura dello Stato o presso altre amministrazioni dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari a seguito della cessazione di mandati elettivi (art. 19, comma 1), dell’assunzione di incarichi apicali (art. 20, comma 1) e di incarichi di governo non elettivi (art. 20, comma 2).

Tali previsioni suscitano perplessità sotto diversi profili.

In primo luogo, deve evidenziarsi la dubbia compatibilità di dette disposizioni con l’articolo 51 della Costituzione, a mente del quale “chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto … di conservare il suo posto di lavoro.” Certamente tale fondamentale principio va letto congiuntamente con quelli, di pari rango costituzionale, sulle garanzie di indipendenza della magistratura, rinvenibili negli articoli 101 e 104 della Costituzione ma pare evidente che il Legislatore debba svolgere quanto meno un equo contemperamento tra i richiamati principi, incidendo sul diritto alla conservazione del posto di lavoro e sul conseguente pieno esercizio del diritto all’elettorato passivo solo laddove ciò appaia inevitabile e nella misura meno impattante possibile.

Del resto, l’art.107 della Costituzione prevede che “i magistrati sono inamovibili” e che “non possono …. essere destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso”. Con le richiamate previsioni, invece, il magistrato che abbia svolto cariche elettive o di governo presso lo Stato, le regioni, le province autonome ed i comuni o che abbia ricoperto incarichi apicali o semi apicali presso il governo nazionale o i governi degli enti territoriali è destinato ad altre funzioni, per legge, senza limiti di tempo e senza il suo consenso.

In secondo luogo, deve osservarsi che se la ratio  delle disposizioni in esame sembra appunto essere quella di non consentire al magistrato – passato all’esame del corpo elettorale, quindi soggetto ritenuto “di parte”, e che abbia svolto funzioni legislative o amministrative – di tornare a giudicare con e sugli atti normativi e amministrativi adottati, non fornendo più, astrattamente, garanzie di “terzietà”, nel prevedere il collocamento fuori ruolo o l’assunzione di incarichi presso l’Avvocatura dello Stato, non si tiene conto dell’ordinamento di tale Istituto e delle funzioni svolte dagli Avvocati dello Stato, i quali sono chiamati a dedurre sia in sede giudiziale che nella fase consultiva, pro o contra norme di legge o provvedimenti amministrativi che il magistrato-parlamentare o amministratore può aver adottato o contro i quali può essersi pronunciato nello svolgimento delle precedenti funzioni. In tale ultimo caso, particolarmente evidente appare la difficile compatibilità con il ruolo istituzionalmente svolto dall’Avvocato dello Stato innanzi alla Corte costituzionale a sostegno della legittimità costituzionale delle leggi.

Analoghe considerazioni valgono per le funzioni svolte dagli Avvocati dello Stato innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in rappresentanza del Governo italiano, nelle questioni pregiudiziali riguardanti la conformità delle leggi al diritto dell’Unione e a maggior ragione nelle procedure di infrazione.

A ciò si aggiungano le evidenti diverse professionalità e attitudini che caratterizzano le due professioni,  che fanno ritenere dubbio che un magistrato che abbia esercitato per molti anni le funzioni giurisdizionali possa poi agevolmente andare a rivestire un ruolo tecnico-giuridico connotato da profonde differenze e caratterizzato, per l’accesso, da ben due procedure concorsuali, unanimemente ritenute estremamente selettive: quella per l’accesso alla qualifica di Procuratore dello Stato e quella, di secondo grado, per l’accesso alla qualifica di Avvocato dello Stato, alla quale possono partecipare, oltre ai Procuratori dello Stato con almeno due anni di effettivo servizio, tra gli altri, gli stessi magistrati ordinari, militari o amministrativi con una determinata anzianità. 

Il ruolo degli Avvocati e Procuratori dello Stato è fissato per legge in complessive 445 unità di cui 345 Avvocati dello Stato e 100 Procuratori dello Stato, dislocati su 25 sedi distrettuali in ogni sede di Corte d’appello, oltre all’Avvocatura Generale.

Ove fosse approvato il disegno di legge all’esame, si istituirebbe un nuova ed autonoma modalità di accesso all’Avvocatura dello Stato, che finirebbe per  stravolgere la natura stessa dell’Istituto, considerato il numero esiguo degli Avvocati e Procuratori dello Stato, mediante il collocamento fuori ruolo o l’assunzione di incarichi presso l’Avvocatura dello Stato da parte dei magistrati cessati da incarichi elettivi o apicali o di governo, in misura tale da creare rischi di sbilanciamento e di disomogeneità di competenze tra i primi e i secondi, considerando che solo i magistrati ordinari superano la soglia delle 10.000 unità.

Peraltro, non vengono nemmeno previsti limiti numerici o percentuali massime al collocamento fuori ruolo o all’assunzione di incarichi presso l’Avvocatura dello Stato da parte di magistrati cessati da cariche elettive o apicali o di governo (come previsto per le nomine politiche presso il Consiglio di Stato o la Corte dei Conti) destinati a rimanervi fino alla cessazione dall’impiego, con evidenti significativi squilibri soprattutto per le esigenze di turn-over.

Inoltre, la destinazione o l’assunzione di incarichi presso l’Avvocatura dello Stato “senza che ne derivino posizioni soprannumerarie” (pur rendendo al contempo “indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario, fino alla cessazione dell’impiego” nella dotazione organica della magistratura) determinando una riduzione dei posti vacanti, rischia nel tempo di paralizzare il reclutamento tramite procedura concorsuale e il passaggio, sempre per via concorsuale, dalla qualifica di Procuratore dello Stato a quella di Avvocato dello Stato, incidendo sulle legittime aspettative dei più giovani.

In caso di opzione per l’Avvocatura dello Stato, non può poi sfuggire l’estrema delicatezza della sede di destinazione, in alcun modo disciplinata, del soggetto che abbia rivestito una carica elettiva (si pensi, ad esempio, al sindaco che possa essere destinato all’Avvocatura distrettuale della sede dove ha svolto l’incarico elettivo).

Né può sottacersi che, non essendo fissato un limite minimo di popolazione dell’ente locale nel quale il magistrato ha ricoperto l’incarico elettivo o di governo, anche l’aver fatto per poco più di un anno l’assessore in un piccolo comune legittimerebbe il collocamento fuori ruolo o l’assunzione di incarichi presso l’Avvocatura dello Stato, il che potrebbe prestarsi a strumentalizzazioni per accedere direttamente all’Istituto senza sottoporsi al concorso di secondo grado o per scegliere una sede più gradita.

Del resto, analoghe considerazioni, furono svolte nel corso dell’audizione del 13 settembre 2012 innanzi alle Commissioni riunite Giustizia e Affari costituzionali del Senato della Repubblica dall’Avvocato Generale dello Stato in relazione ai disegni di legge nn. 2347, 2657, 2666, 2771, 2780, 2790, 2802, 2810 e 3037, dai quali analoga previsione sul collocamento presso l’Avvocatura dello Stato dei magistrati alla cessazione del mandato elettivo o di governo fu espunta.

L’accesso ai ruoli dell’Avvocatura dello Stato avviene sulla base del doppio concorso e di precise norme ordinamentali che disciplinano l’assunzione delle specifiche funzioni affidate ai Procuratori e agli Avvocati dello Stato.

Agli artt. 19 e 20 del disegno di legge si prevede che l’eventuale ricollocamento presso le magistrature di appartenenza (per lo svolgimento di attività non giurisdizionali, né giudicanti né requirenti) debba avvenire “fermo restando il rispetto delle norme ordinamentali che disciplinano l’accesso a tali specifiche funzioni”, mentre analogo presupposto non viene invece richiesto ai fini del collocamento fuori ruolo o per l’assunzione di diversi incarichi fuori ruolo “presso l’Avvocatura dello Stato”, il cui apparato viene a tal fine assimilato al “Ministero di appartenenza”, alla “Presidenza del Consiglio dei Ministri” o alle “altre amministrazioni”.

Il ruolo degli Avvocati e dei Procuratori dello Stato, invece, presuppone, al pari di quello dell’ordine giudiziario, che l’acquisto della qualifica avvenga nel rispetto delle “norme ordinamentali” che disciplinano l’accesso alle specifiche funzioni ad essi affidate dalla legge. A tale riguardo, appare irrinunciabile che le modalità, le condizioni e i limiti per il collocamento fuori ruolo o per l’assunzione di incarichi fuori ruolo presso l’Avvocatura dello Stato siano disciplinati da un decreto dell’Avvocato Generale dello Stato.

L’art. 20, comma 1 prevede che i magistrati che hanno ricoperto gli incarichi apicali ivi elencati, “per un periodo di un anno decorrente dalla data di cessazione dall’incarico, restano collocati fuori ruolo, in ruolo non apicale, presso il Ministero di appartenenza o presso l’Avvocatura dello Stato o presso altre amministrazioni senza che ne derivino posizioni soprannumerarie”.

Al riguardo, si osserva che le disposizioni di legge che delineano le funzioni istituzionali degli Avvocati e dei Procuratori dello Stato sono inscindibilmente connesse all’effettiva titolarità di dette qualifiche, in assenza delle quali non risultano espletabili gli ordinari compiti dell’Avvocatura dello Stato.

Il potere di difesa e rappresentanza in giudizio delle Amministrazioni patrocinate è conferito dalla legge agli Avvocati dello Stato in funzione della loro qualifica, donde l’evidente impossibilità per soggetti privi di tale qualifica (quali i magistrati cessati da cariche elettive o apicali o di governo) di svolgere le funzioni di rappresentanza e difesa in giudizio, in assenza dello ius postulandi ed innanzi ad altri magistrati che restano comunque loro “colleghi”, tenuto conto che, a fronte del loro collocamento fuori ruolo, gli stessi rimangono “nella dotazione organica della magistratura”.

L’innesto di tale personale, privo della qualifica cui la legge ricollega i compiti di difesa e di rappresentanza, determinerebbe una incongruente disfunzionalità interna all’Istituto, con equiparazione di ruolo e di trattamento tra soggetti titolari di diversi munus pubblicistici.

In breve, gli Avvocati e i Procuratori dello Stato assisterebbero all’ingresso di soggetti privi ex lege della possibilità di svolgere la principale attività affidata all’Avvocatura dello Stato ovvero la rappresentanza e la difesa in giudizio dello Stato e delle altre amministrazioni patrocinate innanzi a tutti i gradi e ordini di giurisdizione: Corte Costituzionale, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Corte di Giustizia, Corte internazionale di giustizia dell’Aia, Giudice ordinario, Giudice amministrativo, Corte dei Conti, Commissioni Tributarie, Collegi arbitrali.

È nello svolgimento di tale impegnativa e variegata attività defensionale che si sostanzia la parte assolutamente preponderante della professione degli Avvocati e dei Procuratori dello Stato e l’enorme carico di lavoro ad essi affidato, con conseguente assoluta disfunzionalità, rispetto alle esigenze di difesa dello Stato e delle altre amministrazioni patrocinate, del collocamento più o meno stabile presso l’Avvocatura dello Stato di soggetti privi della qualifica a ciò necessaria.

Per tale motivo, l’Avvocato Generale dello Stato, nel corso dell’audizione innanzi alla Commissione Giustizia del Senato del 12 maggio 2022, ha evidenziato come le disposizioni in esame siano distoniche rispetto al quadro organizzativo e funzionale dell’Istituto; nella stessa sede, l’Associazione Unitaria degli Avvocati e Procuratori dello Stato ha chiesto che venga espunta dal disegno di legge la possibilità che i magistrati cessati da cariche elettive, apicali o di governo possano essere collocati fuori ruolo o possano assumere incarichi fuori ruolo presso l’Avvocatura dello Stato.

Tale richiesta emendativa è confluita negli oltre 260 emendamenti presentati dalle forze politiche, il che lascia ipotizzare che una riforma di tale portata, calendarizzata per la discussione in aula il prossimo 14 giugno, meriterebbe una ben maggiore ponderazione, sganciata dall’intento di portare a casa il risultato, costi quel che costi.

Wally Ferrante

Presidente dell’Associazione Unitaria degli Avvocati e Procuratori dello Stato

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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