Sette domande per la guerra in Ukraina

Ho lavorato con l’ONU per più di trent’anni. Mi sono occupato principalmente di conflitti. Durante questo lungo periodo di servizio, quello che ha continuato a sorprendermi – sempre – è stato l’impossibilità di elaborare una spiegazione logicamente plausibile del valore del conflitto. Di ogni conflitto. E questo perché nel cuore della nozione stessa di guerra, risiede un elemento pivotale di assurdità, che sconfigge ogni elaborazione concettualmente convincente, non solo da un punto di vista etico, ma anche razionale.

L’estremo grado di brutalità che caratterizza l’attuale conflitto in Ukraina continua a riempire le cronache quotidiane. Tutte le guerre sono violente. Ma la violenza gratuita inflitta alle popolazioni civili in Ukraina assume sempre di più una dimensione di ripugnante assurdità. Soprattutto perché è impossibile non riconoscere come tale brutalità sia stata, dal principio, evitabile.

Ogni guerra è sostenuta da una propria costruzione filosofica, o, pseudo-filosofica. Ogni filosofia è fondata sulla necessità di rispondere ad un assortimento di domande preliminari. Per cercare di comprendere il cardine del conflitto in Ukraina, occorre quindi identificare le “questioni preliminari” e su tale base elaborare – noi stessi – delle domande oneste. Nella storia dei conflitti, si è dimostrato che partire da domande pertinenti è spesso più importante che arrivare a risposte convincenti.

Questa premessa è indispensabile, giacché se continuiamo ad analizzare il conflitto in Ukraina attraverso le lenti monofocali dei principali media occidentali ed il prisma moltiplicatore dei social media, oppure se continuiamo a concentrare il nostro giudizio solo sulle dimensioni politiche e macroeconomiche, potremmo correre il rischio di non cogliere le implicazioni meno evidenti di questo conflitto.

Prima domanda
Com’è possibile che gli esseri umani, oggi, siano capaci di tanta violenza e menzogne?

Ogni cittadino sensato e sensibile del nostro (pur traumatizzato) villaggio globale, ha oggi il dovere di chiedere (e chiedersi, innanzitutto) come un tale livello di inumanità sia possibile nel cuore dell’Europa del XXI secolo. Ognuno di noi deve avere il coraggio di rispondere a tale questione: il futuro dei nostri figli lo richiede, perché ci si possa assicurare che sia diverso dal nostro presente.

Seconda
Quali sono state le stazioni del viaggio ideologico del mondo moderno, che hanno condotto a questo conflitto?

La dissezione delle cause (le origini storiche, soprattutto) dell’attuale crisi, dovrebbe essere la principale missione della classe intellettuale occidentale. Questa guerra non ha nulla di improvviso, a parte lo stupore di coloro che non conoscono, o non hanno saputo interpretare la storia moderna dell’Europa Orientale. Probabilmente si dovranno riesaminare metodi di interpretazione sociologica, la psicologia del comportamento collettivo, ormai dimenticati sin dai tempi delle due grandi guerre. Periodi storici che ci avevano dimostrato come l’ignoranza e la manipolazione del comportamento mentale delle masse abitino entrambi l’anticamera del totalitarismo.

Terza
Ci sono voluti più di due mesi dal principio del conflitto perché il Segretario-Generale delle Nazioni Unite si incontrasse con i presidenti della Federazione Russa e dell’Ukraina. L’invasione dell’Ukraina ha avuto inizio il 24 Febbraio 2022: non era quello il momento per l’ONU di esigere che il suo Segretario Generale domandasse un cessate il fuoco ed incontrasse i leaders delle due nazioni (di fatto) in guerra?

Il sistema multilaterale emerso all’indomani delle due guerre mondiali si dimostra oggi più debole di quanto non lo sia stato quando il mondo ne aveva meno bisogno, paradossalmente. Forse anche a causa della incessante strategia di erosione multilaterale condotta dai movimenti nazionalisti e populisti degli ultimi anni. È fondamentale aprire un’estesa riflessione internazionale su come non già riformare ma “rifondare” il sistema multilaterale, che come abbiamo eminentemente constatato, è oggi totalmente inadeguato ad assolvere le funzioni per le quali fu creato quasi ottanta anni fa. Per comprendere le assurde contraddizioni di tale sistema, basti ricordare che al suo cuore risiede oggi uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, che viola sistematicamente lo statuto che, in realtà, ha la responsabilità di proteggere (e quello che è anche più grave, è che non è il solo a farlo). Preparare una consultazione internazionale per un più moderno e rappresentativo sistema multilaterale in un mondo globalizzato ma conflittualmente frammentato, sarà sempre più cruciale per preparare un futuro di pace.

Quarta
Dove abbiamo sbagliato?

Questa guerra è molto di più che una minaccia per alcune sfere di influenza. È la natura stessa della nostra comune umanità ad essere minacciata. Le illusioni emerse dalla fine della guerra fredda hanno ridefinito la cultura occidentale, producendo – tra l’altro – un divorzio tra il concetto di potere ed il valore di compassione. I Governi hanno dimenticato che il valore principale di ogni istituzione democratica è di proteggere la vita umana e garantire un contesto di libere scelte che favorisca la piena realizzazione del potenziale di ogni esistenza. Sempre di più, dalla fine del secolo scorso, tale impegno è stato indebolito da preoccupazioni di egemonia politica, quando non di bruti interessi economici.

Quinta
Quali sono i valori e le responsabilità etiche ai quali si ispira la cultura occidentale?

Le ideologie autoritarie (o semplicemente illiberali) non tollerano la sacralità dell’autonomia della vita dell’individuo. La nostra libertà e dignità conferiscono un valore morale alle nostre azioni, rendendoci eticamente responsabili. In tali società, l’assunzione di responsabilità individuale per i propri atti non è indispensabile. Questa è la ragione per la quale è facilmente possibile per un ufficiale pilota sganciare una bomba su un ospedale. C’è sempre una rispettabile autorità superiore che indichi come agire e quando definire un’azione giusta e quando definirla sbagliata. In tale caso, la qualità morale delle azioni individuali è determinata dal livello di corrispondenza alle autorità, piuttosto che dai principi morali dell’individuo che compie tali azioni.

Sesta
Chi è responsabile e quali le conseguenze di lungo termine?

In un contesto come l’attuale, è comune liberarsi la coscienza attribuendo tutte le responsabilità a Putin. In realtà, la grande maggioranza di tutti coloro che sostengono la sua leadership (in Russia e fuori; per consapevole interesse o per ignoranza) sono egualmente colpevoli. Così come tutti coloro che hanno fatto molto poco per impedire questa guerra, o hanno coltivato dubbie relazioni di interesse con la leadership russa. Così come lo sono tutti quei leaders politici, che hanno mancato di immaginazione diplomatica nel formulare un’efficace strategia di cooptazione che potesse vanificare i fantasmi di Putin.

È ugualmente necessario riconoscere senza esitazione che non è mai esistita una ragione persuasiva per questa guerra (se mai una guerra possa gloriarsi di ragioni moralmente plausibili). L’esercito russo stesso non è mai stato ispirato da un vero senso di missione in Ukraina, quel tipo di profonda passione ideale che consente ad un’armata di vincere una guerra. Questa è anche una delle ragioni della debacle sofferta dall’esercito russo sino a questo momento.

Infine la storia potrebbe definire questa stravagante avventura militare (sostenuta da un’illusione ideologicamente fobica) come il principio della disintegrazione della federazione russa, così come l’avventura afgana lo fu per l’Unione Sovietica. È certamente troppo presto per dirlo e personalmente mi auguro che questo non sia il caso, perché le conseguenze sarebbero catastrofiche per tutta la razza umana.

Nel frattempo, è molto probabile che gli investimenti militari dei paesi occidentali (e non solo) continueranno a crescere esponenzialmente. Le risorse usate per l’acquisizione di armamenti sono quelle che non verranno destinate ai settori della salute, istruzione, alloggi, protezione dell’ambiente. Questo è il danno meno visibile ma più nefasto di questa guerra (soprattutto per le future generazioni), che implicitamente inverte una tendenza ascendente di sviluppo umano, guadagnata con battaglie pluriennali.

La pace non è soltanto assenza della guerra. È la sicurezza che ognuno avrà di che mangiare, i propri figli avranno di che essere educati e tutti avranno di che curarsi al bisogno. Per milioni di persone questa non è ancora la realtà e non solo in Ukraina. Una delle conseguenze certe di questa guerra è che la riconfigurazione dei budget di Stato renderà più difficile soddisfare i diritti ed i bisogni di coloro che già oggi sono più svantaggiati e che, dimenticati, potrebbero divenire la principale fonte di futura instabilità e conflitti.

Osservare con orrore questa guerra e prepararsi nel contempo ad ulteriori conflitti, non favorirà certo che le grandi sfide del cambiamento climatico, povertà, diseguaglianza e sottosviluppo possano essere finalmente affrontate con successo.

Settima
Quale sarà la determinazione di ognuno di noi, individualmente, a combattere non solo per l’Ukraina, ma soprattutto per un mondo diverso da quello immaginato da coloro che hanno voluto una guerra senza senso?

Paolo Lembo

docente presso L'Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica di Milano e presso l’Istituto Sciences Po di Parigi, già capo missione per l’ONU e Direttore Generale WGEO

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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