Riforma del catasto e pressione fiscale

In questi giorni è molto forte il contrasto politico nell’attuale maggioranza di governo intorno alla delega fiscale e alle sue possibili implicazioni relative ad una maggiore tassazione sulla casa.

L’art 6 della delega contiene “I Principi e i criteri direttivi per la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e la revisione del catasto fabbricati”.

Oggetto della discussione è la possibilità che la mappatura del catasto, ma soprattutto la revisione del catasto così come formulata, possa portare ad un innalzamento della pressione fiscale sugli immobili.

L’art 6 contiene la delega al Governo all’adozione di norme finalizzate a integrare e revisionare il sistema di rilevazione degli immobili.

Il tema è proprio nella formulazione.

Il Governo ha più volte precisato che le nuove norme non comporteranno un aumento della pressione fiscale; eppure appare chiaro che il sistema di rilevazione proposto intende determinare le nuove rendite catastali di tutti gli immobili già censiti.

La pressione fiscale sugli immobili tiene conto di tre distinte variabili:

a. La rendita catastale

b. Il coefficiente moltiplicatore

c. La percentuale della imposta.

La riforma proposta va nella strada di una modifica sostanziale di uno dei fattori, il cui effetto sarà matematicamente e necessariamente un aumento della imposta finale solo se non verranno abbassate e compensate le altre due variabili (coefficiente e percentuale).

L’articolo 7 nella proposta di modifica della delega, non votata in Commissione Bilancio e Tesoro, “Modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del catasto fabbricati”, così recitava:

  1. il governo è delegato ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, una modifica della disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale al fine di modernizzare gli strumenti di individuazione di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati secondo i seguenti criteri e principi direttivi:

    a. prevedere strumenti da porre a disposizione dei comuni e dell’agenzia delle entrate a facilitare e ad accelerare l’individuazione e eventualmente il corretto classamento delle seguenti fattispecie:

    – gli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto la relativa destinazione d’uso ovvero la categoria catastale attribuita;

    – i terreni edificabili accatastati come agricoli;

    – gli immobili abusivi individuando a tal fine specifici incentivi e forme di trasparenza e valorizzazione delle attività di accertamento svolte dai comuni in quest’ambito;

    b. prevedere strumenti e moduli organizzativi che facilitino la condivisione dei dati e dei documenti in via telematica tra l’agenzia delle entrate e i competenti uffici dei comuni nonché la loro coerenza ai fini dell’accatastamento delle unità immobiliari.

    2. il governo è delegato altresì ad attuare con i decreti legislativi di cui all’articolo 1 una integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorre dal 1 gennaio 2026 secondo i seguenti criteri direttivi:

    a. attribuire a ciascuna unità immobiliare oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato;

    b. prevedere meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento e comunque non al di sopra del valore di mercato;

    c. prevedere per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico artistico, come individuate ai sensi dell’articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario, che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi alla destinazione all’utilizzo alla circolazione giuridica e a restauro;

    d. prevedere che le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali”.

    Come detto, la Commissione Bilancio e Tesoro ha deciso per la conferma della formulazione originaria dell’art. 6.

    L’articolo 6 reca la delega al Governo per l’adozione di norme finalizzate a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, prevedendo nuovi strumenti da porre a disposizione dei comuni e dell’agenzia delle entrate, atti a facilitare l’individuazione ed il corretto classamento degli immobili. La norma indica altresì i principi e i criteri direttivi che dovranno essere utilizzati per l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati (da rendere disponibile a decorrere dal 1 gennaio 2026). In particolare tale integrazione dovrà attribuire all’unità immobiliare un valore patrimoniale ed una rendita attualizzata, rilevati in base ai valori di mercato, anche attraverso meccanismi di adeguamento periodico. Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico-artistico sono, inoltre, da introdurre adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario, considerati i più gravosi oneri di manutenzione e conservazione. Tali informazioni non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi, derivanti dalle risultanze catastali, ma comunque per finalità fiscali.

    Cambia il sistema di rilevazione catastale!

    La disciplina per modificare la rilevazione catastale e perseguire la modernizzazione degli strumenti di individuazione e controllo di quelle che sono le consistenze dei terreni e dei fabbricati dovrà uniformarsi ai seguenti criteri direttivi: adottare degli strumenti di cui anche i comuni e l’agenzia delle entrate potranno disporre per accelerare e facilitare l’individuazione e il classamento corretto dei terreni attualmente accatastati come agricoli, degli immobili “abusivi, individuando incentivi e forme di trasparenza per valorizzare l’attività di controllo e accertamento da parte dei comuni e di tutti quegli immobili che non sono censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso, ovvero la categoria catastale attribuita”.

    Serve una riforma complessiva del catasto da attuare unitamente alle norme urbanistiche in vigore.

    È di tutta evidenza come l’Europa nelle sue indicazioni ai Paesi membri abbia dato quale compito fiscale di cercare di tassare le cose invece che i redditi da lavoro. Questa regolamentazione ha un grandissimo senso per i paesi del Nord Europa dove i cittadini non hanno un così alto coefficiente di proprietà immobiliare privata e familiare.

    L’Italia è un paese a altissimo tasso di investimento sugli immobili da parte delle famiglie e dei privati, quindi tassare la casa significa colpire per la seconda volta i redditi da lavoro.

    A questo punto si impone una modifica generale, non solo del catasto ma anche della normativa fiscale generale, che attiene alla proprietà in senso stretto.

    La delega prevede la possibilità di accatastare ed accertare anche gli immobili inesistenti in catasto e abusivi al fine di determinarne una valutazione ed un valore necessario per il pagamento delle relative imposte.

    Pur rilevando l’importanza della emersione degli immobili abusivi o degli immobili sui quali non vengono pagate tasse poiché ,altrimenti, si avrebbe un doppio danno (avere un immobile non solo abusivo, quindi contrario alle norme urbanistiche, ma anche nascosto al fisco), si rileva la necessità che, a margine della riforma finalizzata alle emersioni e all’accertamento degli immobili abusivi, esista una conseguente normativa urbanistica idonea a creare strumenti atti a sanare gli immobili abusivi.

    Appare del tutto inadeguato consentire allo Stato di percepire imposte su immobili abusivi e pertanto illegali. Delle due l’una: o l’accertamento dell’immobile è finalizzato alla sua demolizione e pertanto lo Stato esegue il suo compito di controllore, oppure è finalizzato alla individuazione di beni sui quali percepire imposte e in tal caso lo Stato ne deve chiedere la sanatoria o la regolarità urbanistica ai vigenti strumenti, non potendosi porre nella condizione di percepire imposte da un immobile illegittimamente costruito.

    La riforma del catasto sembra inserirsi in un più grande schema di riforma fiscale in cui ancora una volta l’impressione è che il Governo stia perdendo l’occasione per dare ordine alla materia delle imposte dirette e delle imposte indirette, avendo come unico fine e stella polare quella di percepire ulteriori risorse per le casse dello Stato. L’articolo 6 della delega ha in sé un limite strutturale, che è quello di non individuare le modalità con le quali le imposte non verranno aumentate.

    È avviso di chi scrive che il Governo abbia l’interesse e l’obbligo di integrare i dati del catasto fabbricati in tutto il territorio nazionale, ma che tale compito debba essere svolto all’interno di un impianto generale finalizzato alla rilevazione degli immobili non solo per la valutazione catastale, ma anche per armonizzare Ufficio del Catasto, Conservatorie dei Registri Immobiliari e uffici urbanistici comunali.

    Anche qui, come in altri parti del nostro sistema normativo, si impone una semplificazione;  gli uffici che affrontano temi legati agli immobili (Ufficio del catasto; Conservatoria dei registri immobiliari;  Uffici urbanistici dei comuni;  Soprintendenze nazionali, provinciali, comunali, nelle loro dislocazioni territoriali; agenzie delle entrate nelle varie forme in cui esplicano il loro compito di percettori di imposte) aumentano il livello di confusione e il grado di pressione fiscale cui i cittadini non sono più in grado di fare fronte .

    La rassicurazione da parte dello Stato, che questa riforma non produrrà un’implementazione della pressione fiscale, appare come una excusatio non petita, accusatio manifesta.

    Le regole entreranno in vigore dal 1 gennaio 2026, ma le valutazioni che vengono fatte in questa sede avranno risvolti fiscali notevolmente impattanti sulle tasche dei cittadini, i quali il più delle volte all’imposta sugli immobili debbono aggiungere il costo già gravoso delle utenze (gas, luce e acqua), finalizzate al buon utilizzo dell’immobile oltre ai costi degli eventuali mutui.

    L’investimento immobiliare è stato e sarà sempre un motore economico del nostro Paese. Tassarlo e tartassarlo con una norma poco chiara o comunque potenzialmente idonea ad aggravare la posizione dei proprietari appare inopportuno ed inadeguato alla luce del momento storico in cui ciò accade.

    Ci auguriamo un ripensamento generale della materia per armonizzare le norme e la pressione fiscale che incombe sui proprietari di immobili.

    Alfredo Maria Becchetti

    notaio in Roma

    Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
    Direttore: Roberto Serrentino

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