Il dolore cronico colpisce più di 16 milioni di italiani, una persona su quattro lotta per sopportare questa condizione e capire come affrontarla. Solo nella metà dei casi ci si rivolge ad un medico, raramente al terapista del dolore, per il resto si sopporta, sottovaluta o si gestisce autonomamente.
Il dolore cronico, a differenza di quello acuto, è una vera e propria malattia che va curata adeguatamente come ogni altra malattia,
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute uno stato di benessere fisico, psichico e relazionale.
I pazienti affetti da dolore cronico vivono, tutti, una condizione di sofferenza fisica ed emotiva, depressione, ansia, disturbi del sonno, forti disagi nella vita sociale, familiare e lavorativa, aumentando il rischio di inabilità al lavoro; insomma, un quadro di limitazioni per una sofferenza quotidiana che sembra non avere fine.
L’algoiatra, impropriamente definito, “terapista del dolore”, è un medico qualificato che non si occupa solo della terapia, ma anche della diagnosi e cura tecniche farmacologiche e o con procedure interventistiche di chirurgia mini-invasiva. La terapia del dolore interventistica è una branca giovane della medicina, in continua evoluzione e non ancora riconosciuta e disciplinata come specialità a sé stante. Ciò fa sì che chiunque possa cimentarsi in questa branca medica.
Esistono però società scientifiche nazionali ed internazionali che stilano linee guida basate sulla medicina dell’evidenza scientifica a cui attenersi. Questa è l’unica via per tutelare pazienti vulnerabili, come quelli affetti da dolore cronico, da inutili e a volte dannosi trattamenti non contemplati dalle linee guida ufficiali.
Il trattamento farmacologico del dolore cronico, come per tutte le terapie farmacologiche, ha una influenza genetica. Pertanto la stessa dose di farmaco può essere giusta per un paziente, ma per altri può essere bassa o eccessiva. Infatti, diversi studi dimostrano che in molti casi le dosi terapeutiche indicate sul bugiardino dei farmaci non sono idonee per gran parte della popolazione presa in esame. Perciò sempre di più si parla di medicina personalizzata dove la dose viene prescritta considerando il patrimonio genetico del paziente e le interazioni tra i vari farmaci che molti pazienti assumono. In Italia oltre il 60% della popolazione di età superiore ai 65 anni assume da 5 a 11 farmaci diversi. È facile immaginare quanto sia difficile prescrivere la giusta dose in questi pazienti. Oggi non essedo dotati di un data base genetico di tutta la popolazione, non è possibile effettuare prescrizioni farmacologiche personalizzate.
Tra i farmaci utilizzati nella terapia del dolore, gli antinfiammatori hanno importanti effetti collaterali se utilizzati con continuità.
I dati rilevano che il 70% delle persone di età pari o superiore a 65 anni usa i FANS almeno una volta alla settimana, di cui la metà di loro assume almeno 7 dosi a settimana. Nel 2007 la FDA ha pubblicato una guida ai farmaci per i FANS, che raccomandava di utilizzare la dose più bassa possibile per il trattamento. La guida elencava l’infarto del miocardio (MI), l’ictus, i problemi renali e l’emorragia gastrointestinale come alcuni dei potenziali effetti collaterali gravi.
Anche gli oppiacei, farmaci utilissimi e spesso insostituibili, per il trattamento cronico del dolore, se utilizzati in modo improprio, possono avere effetti devastanti come quello che stanno vivendo gli Stati Uniti con la cosiddetta “Opioid Crisis”, che ha determinato restrizioni governative che, di contro, rendono difficile la prescrizione anche in quei casi in cui sono necessari e difficilmente sostituibili.
Tutto questo ha portato ad un incremento delle tecniche interventistiche, al fine di ridurre o azzerare l’uso dei farmaci.
In qualità di specialista e ricercatore, tratto pazienti con diverse sintomatologie, definendo in equipe diagnosi e trattamenti tecnologicamente avanzati e supportati da evidenza in letteratura scientifica. L’Ospedale Sant’Andrea di Roma è il centro di riferimento della Regione Lazio per la gestione del dolore cronico con tecniche di neurostimolazione spinale e neuromodulazione farmacologica.
Questi trattamenti terapeuti prevedono l’utilizzo di device tecnologicamente avanzati che hanno costi elevati, difficilmente sostenuti e riconosciuti dal Sistema Sanitario Sanitario della Regione Lazio.
Sebbene l’Italia, non riuscendo a trattare il dolore cronico con la sola doverosa motivazione etica, sia ricorsa a una legge ad hoc, la n. 38/2010, adottando così, un quadro organico di principi e disposizioni normative per garantire una rete assistenziale qualificata in ambito palliativo e della terapia del dolore per il malato e la sua famiglia, sono ancora troppe le resistenze che ne impediscono una sua completa attuazione, per mancanza di investimenti e risorse necessarie a garantire le cure, a creare campagne di sensibilizzazione per il riconoscimento etico della terapia del dolore come disciplina nel trattamento del dolore cronico.
La neurostimolazione spinale rientra tra le cure non farmacologiche ad elevato costo. È una tecnica utilizzata per il trattamento di condizioni di dolore neuropatico cronico quali lombosciatalgia, fallimento di interventi chirurgici alla schiena, sindrome dolorosa regionale complessa o altre sindromi dolorose nelle quali trattamenti farmacologici sono inefficaci e altri interventi chirurgici non sono indicati. L’intervento consiste nell’impianto chirurgico di una piccola batteria ricaricabile delle dimensioni di un pacemaker collegata ad uno o più elettrodi nel canale vertebrale, che determinano un campo elettrico in grado di inibire l’attività di quelle particolari fibre nervose che trasmettono gli impulsi del dolore.
I pazienti, che traggono beneficio dalla neurostimolazione, sperimentano in media una riduzione del dolore almeno del 50%, hanno una minore necessità di farmaci orali e, di conseguenza, meno effetti collaterali. La riduzione del dolore porta naturalmente a un notevole miglioramento delle attività quotidiane e della qualità della vita. Inoltre, questo tipo di trattamento è mini-invasivo, reversibile, viene effettuato in anestesia locale e non determina limitazioni nella vita di relazione dei pazienti.
Numerosi studi clinici sulla terapia di stimolazione del midollo spinale hanno dimostrato la sua maggiore efficacia e la potenzialità di ridurre i costi del contribuente nel medio e lungo periodo generando risparmi tangibili, se confrontati con altri trattamenti convenzionali. La neurostimolazione spinale è una tecnica che fa parte di quella branca della medicina cosiddetta “Bioelettronic Medicine” in continua espansione. Conoscere e diffondere questa terapia contribuirà a sensibilizzare la classe politica affinché la renda accessibile a tutti quei pazienti affetti da dolore cronico neuropatico refrattario alla terapia medica.