Riforma fiscale.
Un contributo di metodo

Anche questo Governo ha posto la riforma fiscale tra i punti cardine del suo programma, improntato a realizzare una crescita adeguata allo sviluppo delle economie europee ed occidentali ed a ridurre, se non eliminare le disuguaglianze immanenti nel sistema ed accentuate dalla crisi connessa all’emergenza pandemica.

Nel discorso alle Camere il Presidente Mario Draghi ha dichiarato che “la riforma fiscale segna in ogni paese un passaggio decisivo, indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio”. Nel medesimo contesto ha anche indicato, seppure in linee generalissime, i contenuti della riforma: “In questa prospettiva, va studiata una revisione profonda dell’IRPEF con il duplice obbiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi obbiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale”.

Bene. Obbiettivi tutti condivisibili, ma, come sempre, il problema è il come.

E su questo spenderei qualche parola. Anzitutto mi soffermerei sul tema della “progressività”, di cui si prevede la conferma come principio di riferimento. Del resto non potrebbe essere diversamente vista la specifica statuizione dell’art. 53 della nostra Costituzione. Se così è, si pone subito il problema relativo alle imposte sostitutive, che sottraggono intere categorie di reddito dalla tassazione progressiva, che al momento è limitata sostanzialmente a redditi di lavoro, sia dipendente che autonomo nelle sue varie forme, imprese individuali o società di persone e, seppure marginalmente, ad alcuni redditi immobiliari.

Come si sa, non tutte le imposte sostitutive sono della medesima entità sia per la varietà delle aliquote di imposta che nella relativa base imponibile, con rilevanti sperequazioni anche tra redditi che nella sostanza hanno fonte analoga e caratteristiche molto simili tra loro.

Un altro tema evocato nella dichiarazione del Presidente del Consiglio riguarda la “semplificazione”. Nel tempo, anche recentemente, sono stati introdotti vari provvedimenti per semplificare gli adempimenti, con risultati modesti, non per la inadeguatezza delle norme approvate allo scopo, ma perché se si vuole effettivamente semplificare non basta intervenire sugli adempimenti, ma occorre agire anche sulla definizione degli stessi presupposti imponibili, evitando di inseguire le specificità che le varie situazioni individuali e l’evoluzione dell’economia e delle caratteristiche delle singole operazioni propongono continuamente all’operatore. Con questo non si vuole che venga adottata una legislazione di meri principi, che potrebbe ingenerare ulteriori incertezze nella sua applicazione, ma raccomandare uno sforzo per individuare gli elementi che nelle diverse fattispecie esprimono l’effettiva capacità contributiva cui il tributo deve riferirsi, accorpando in una disciplina comune fattispecie simili, ancorché siano diverse per alcuni particolari che, come l’esperienza ci dimostra, non sono significative per una adeguata perequazione del prelievo, in funzione dei relativi effetti economici.

Chi è impegnato nelle attività di applicazione dei tributi, sia dalla parte dell’amministrazione finanziaria che dei contribuenti, sa bene quante difficoltà si incontrano sulla base della vigente legislazione nel definire puntualmente il trattamento fiscale di alcune fattispecie. La moltiplicazione del numero di interpelli e l’analisi delle questioni proposte sono lì a dimostrare la incertezza immanente nel nostro sistema normativo, che genera rischi di non corretto adempimento per tutti i contribuenti, con la conseguente applicazione di sanzioni peraltro molto pesanti ed il ricorso al contenzioso.

Detto questo in merito agli obbiettivi della riforma, mi viene di porre alcuni punti di domanda, cui a mio avviso occorre dare risposta prima di procedere all’elaborazione delle modifiche da adottare e formulare una proposta che restituisca organicità al sistema com’è negli auspici di tutti.

Cominciando dall’IRPEF, o meglio dalla tassazione dei redditi personali, mi chiedo come si intenda attuare una perequazione che tenga conto della funzione sociale delle famiglie, pilastro primario per il nostro sistema di protezione dei più deboli. Anche la emergenza pandemica in atto ha una volta di più dimostrato l’essenziale ruolo assistenziale della famiglia nella concreta manifestazione del principio di solidarietà sancito dalla nostra carta costituzionale.

In breve, come si intende attuare la “protezione sociale dei più deboli” nella strutturazione del tributo? Si dirà che questi problemi devono essere risolti con i programmi di spesa, cioè con la politica di redistribuzione del prelievo, A mio avviso tale risposta non è esaustiva, ove si consideri che il principio di capacità contributiva, che presiede alla definizione dei presupposti ed alla disciplina dei tributi, comporta l’esclusione dal prelievo della quota della ricchezza necessaria ad assicurare il sostentamento proprio e della propria famiglia, intesa come gruppo di persone che condivide risorse ed impieghi della ricchezza, in virtù di vincoli di mantenimento o convivenza.

 Passando all’ imposizione sulle attività economiche in generale viene subito ad evidenza il tema del necessario riferimento al contesto economico e finanziario internazionale. E, pertanto, come si intende rispondere alla modificazione strutturale dell’economia, che attraverso la diffusione della digitalizzazione ha reso sempre più virtuale l’oggetto delle attività e i luoghi di riferimento per la tassazione, sia esso il luogo di produzione del reddito che di residenza fiscale? Tali elementi influenzano in modo significativo la capacità impositiva degli stati con la difficoltà di allocare in termini condivisi i presupposti stessi dell’imposizione e la capacità di imporre i tributi. Ambedue i temi prendono sempre più spazio nel dibattito a livello sia dell’Unione Europea che degli altri organismi di cooperazione tra Stati. Lo sviluppo della digitalizzazione delle attività economiche renderà tale problematica immanente a tutti i tributi ed ai sistemi impositivi, impegnando la comunità internazionale a condividere scelte che privilegino un prelievo generalizzato ed effettivo per tutti i soggetti, per assicurare una adeguata effettività dell’imposizione stessa. E questo non solo con riguardo ai colossi del web, che sottraggono all’imposizione larga parte dei loro guadagni.

Un ulteriore nodo che, a mio avviso, dovrà essere sciolto sempre con riguardo alle attività di impresa, consiste nel definire i criteri di tassazione riferita a soggetti organizzati in forma di società di capitali piuttosto che ad imprese individuali e società di persone. La vigente disciplina si differenzia significativamente sia per entità che per tempi del prelievo, tra le due situazioni pur se relative al medesimo oggetto, cioè il profitto realizzato nell’esercizio dell’attività.

In tale contesto della imposizione delle attività d’impresa, occorrerà anche definire se si intende proseguire nella tassazione del reddito al momento in cui è conseguito, ovvero se si avrà riguardo al momento in cui lo stesso viene utilizzato per scopi o attività diverse da quelle dell’impresa che lo ha generato o distribuito ai soci ed ai partecipanti. Tale seconda soluzione consentirebbe alle imprese di accentuare la propria capacità di autofinanziamento con indubbi effetti positivi sulla crescita delle aziende.

Infine, nel quadro complessivo dell’imposizione occorrerà definire se mantenere l’attuale sistema di agevolazioni settoriali, di cui alcune hanno esaurito il proprio compito, ovvero se ridurle al massimo in corrispondenza di una generalizzata riduzione delle aliquote di imposta.

Con riferimento a tale ambito della normativa, non si può non rilevare che la legislazione più recente, non solo quella di emergenza, fa largo uso di “contributi” da parte delle Stato a favore delle imprese connessi a spese o investimenti virtuosi meritevoli di sostegno di carattere contingente, che ben possono compensare la riduzione delle agevolazioni, che incidono sulla determinazione della base imponibile o sull’entità del prelievo, con il vantaggio di una maggiore trasparenza delle finalità e dei tempi dell’intervento.

Vi sono inoltre temi di fondo, che pure dovranno essere considerati nella scelta del sistema: se e come inserire un’imposizione a carattere generale di tipo patrimoniale e come combinarla con le attuali imposte patrimoniali su beni immobili e su stock finanziari e l’imposizione sui redditi dagli stessi generati; se porre mano anche alla redistribuzione del gettito tra redditi e consumi, tenendo d’occhio l’andamento dell’economia e valutandone con attenzione i relativi effetti.

Un’ultima riflessione sul metodo di lavoro, che dovrebbe portare all’elaborazione di una proposta di riforma.

Sempre prendendo spunto dalle considerazioni del Presidente del Consiglio, appare confermata la volontà di procedere con il metodo dell’elaborazione tecnica e del confronto preventivo e successivo con le parti politiche e sociali per arrivare alla proposta da sottoporre al governo e da questo al parlamento. Lo stesso Presidente ha ricordato l’esperienza di altri paesi e quella del nostro paese relativa alla legge di riforma del 1971 attuata con i decreti delegati del 1973, che ancora oggi costituisce la struttura portante del nostro sistema impositivo, che nel tempo ha subito interventi non sempre coerenti.

 Se così è, d’obbligo formulare l’auspicio che si trovi quanto prima il consenso su queste linee di azione e che si possa dar corso sollecitamente, con il supporto di esperti delle diverse materie interessate, al lavoro di analisi della situazione, di definizione della struttura del nuovo sistema e delle conseguenti aree di intervento per poi procedere nell’elaborazione delle norme che formeranno oggetto della valutazione di governo e parlamento.

Il lavoro da fare non è di poco conto e richiede tempi adeguati per pervenire ad una proposta, che realizzi gli obbiettivi ambiziosi che sono stati indicati, anche considerando la necessità di costruire un consenso sui suoi contenuti, favorendo il dibattito che coinvolga le categorie economiche interessate. La riforma dovrà altresì essere accompagnata da adeguati provvedimenti organizzativi, che pongano l’amministrazione finanziaria in condizione di svolgere con efficienza i compiti alla stessa assegnati per una ordinata e coerente attuazione delle nuove regole.

Buon lavoro!

Luciano Acciari

socio, responsabile dipartimento di diritto tributario Studio Gianni-Origoni & Partners, già segretario delle Commissioni parlamentari per il parere al Governo sui decreti correttivi alla normativa fiscale

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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