Il filosofo tedesco Jürgen Habermas, esattamente cinquanta anni fa, coniò un’espressione per definire i malesseri politici che seguirono il turbolento periodo degli anni sessanta: “Crisi di legittimità “. Habermas si riferiva al crollo di fiducia nei governi dell’Europa occidentale, che in tale vuoto non riuscivano più a soddisfare le aspirazioni di una società sempre più disgiunta dal potere politico.
È una espressione che rispecchia l’essenza del sentimento prevalente oggi in Italia, un Paese che dalla sua creazione come stato unitario, ha regolarmente attraversato – forse più di altri – crisi di legittimità di diversa natura. Quella odierna però è una crisi diversa, perché le autorità stesse sembrano aver perso fiducia nelle istituzioni.
La fiducia istituzionale non si domanda, si merita. Le istituzioni guadagnano fiducia quando riescono ad ottenere risultati e se tali risultati rispondono ai bisogni dei cittadini. Se – come Habermas sostiene – la riabilitazione della legittimità statale è proporzionale alla qualità della risposta dello Stato ai bisogni primari del cittadino, dobbiamo chiederci quanto, nel contesto odierno, tale risposta possa essere definita come un esercizio politico di natura esclusivamente domestica. Per esempio: può la strategia di protezione del cittadino dai rischi di una pandemia, essere concepita da un governo con successo in un contesto esclusivamente nazionale?
In un momento nel quale l’umanità combatte un’implacabile pandemia – la più globale delle minacce – alcuni continuano ad alimentare l’illusione che per meglio risolvere i problemi nazionali occorra ridurre l’impegno internazionale e concentrarsi sulle necessità domestiche. Si tratta di una strategia alla quale dobbiamo resistere. Esperienza insegna che, storicamente, tale strategia ha sempre aumentato le calamità, invece che risolverle.
Mentre combattiamo shock e devastazioni causate alle nostre comunità dalla pandemia, occorre essere chiari: non ci sarà alcuna soluzione della crisi pandemica per coloro nel Nord che cercheranno di isolarsi, ignorando la crisi di chi vive nel Sud. Infatti, la più saggia strategia di protezione di sé, potrebbe proprio essere una ragionevole risposta di solidarietà: la pandemia, insieme alle minacce del cambiamento climatico, ha reso oggi la cooperazione internazionale una necessità esistenziale.
La campagna per le vaccinazioni e la grande sfida della rinascita del Paese (perché di rinascita abbiamo bisogno, più che di una semplice ripresa) offrono due opportunità per reimmaginare il rapporto tra governanti e governati.
Anche prima della esplosione pandemica, il mondo era frantumato da pericolose polarizzazioni, indebolito dal declino della cooperazione allo sviluppo e del multilateralismo. Tuttavia, sappiamo che la maggior parte delle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità, cultura, orientamento politico, età o sesso, condividono un fondamentale riconoscimento del valore essenziale della cooperazione internazionale per affrontare le sfide del futuro, che sono senza frontiere per loro natura.
Per partecipare alle nuove alleanze del futuro, ed avere un ruolo nel loro impatto, auspichiamo un governo che si impegni a rilanciare (sbloccandolo) il grande potenziale del paese, coinvolgendo risorse e settori tradizionalmente indeboliti da divisioni non necessarie: l’immaginazione del settore privato, l’innovazione della ricerca accademica, l’esperienza della società civile nell’impresa sociale, la forza propulsiva delle intermediazioni finanziarie, le energie e le tradizioni delle amministrazioni locali, e molto ancora che è parte della storia e della identità del nostro Paese.
Cionondimeno, nulla di tutto ciò diverrà forza di progresso che renda all’Italia il ruolo internazionale che merita, in assenza di un governo che ispiri legittimità ed infonda in ognuno un autentico spirito di coesione nazionale. Un governo che sappia cogliere le opportunità dei profondi cambiamenti in atto, per trasformarli in forze di progresso nazionale e di contributo alle sinergie internazionali, che definiranno il nuovo ordine di relazioni globali, così come emergerà nel periodo successivo alla campagna di vaccinazioni.
Di sotto, 10 principi per ispirare un possibile programma di ripresa.
1 – La pandemia ha dimostrato che siamo sempre più inevitabilmente interconnessi. Le sfide conseguenti a questa crescente connessione non possono essere risolte con successo in assenza di una profonda riforma del sistema multilaterale.
2 – Il multilateralismo non è una generosità in cui indulgere in momenti di prosperità economica. È una necessità storica, indispensabile in un momento in cui la pandemia ci sta indicando che il virus, se non combattuto nelle regioni più deboli, è destinato a risorgere in quelle più ricche.
3 – L’equazione Donatore/Beneficiario è del tutto obsoleta. La cooperazione allo sviluppo è oggi multidirezionale. Rafforzare il multilateralismo è nell’interesse dei paesi in via di sviluppo, tanto quanto nei paesi sviluppati: nel paese donatore, la cooperazione produce crescita economica, genera lavoro, sollecita scambi, stimola innovazione.
4 – In tempi di crisi profonda, è illusorio ritenere che il trasferimento di fondi dalla cooperazione allo sviluppo, ai budget per gli investimenti nazionali, possa favorire una duratura soluzione della crisi.
5 – L’integrità della terra è sempre più minacciata dallo sfruttamento sconsiderato delle sue risorse naturali. La salute della razza umana non può essere protetta se si compromette quella del pianeta in cui viviamo.
6 – Dopo gli entusiasmi dell’Accordo di Parigi nel 2015, pochi Stati firmatari hanno mantenuto gli impegni presi per combattere il cambiamento climatico. Come conseguenza, il mondo diviene sempre più fragile. Diviene anche più vulnerabile ad epidemie, così come il sistema immunitario dell’essere umano.
7 – Abbiamo oggi un’occasione di rilanciare gli impegni presi a Parigi ed infine onorarli. Ricostruiamo un’economia più verde, fondata su fonti energetiche più moderne, su consumi sostenibili e su strategie di sviluppo economico che affrontino una delle più formidabili minacce alla pace e sicurezza internazionali: la diseguaglianza.
8 – Sappiamo che alcuni paesi non potranno affrontare con successo una futura ripresa economica, se continueranno ad essere economicamente immobilizzati dal peso di un debito schiacciante. Non facciamoci illusioni: una sostenibile ripresa internazionale sarà impossibile senza una equilibrata rinegoziazione del debito .
9 – Nel continente europeo in particolare, occorrerà uno sforzo collettivo per evitare che passioni populiste ci impediscano di perseguire il bene comune, minacciando la risposta dell’Unione Europea alle sfide della ripresa economica e sociale.
10 – Una ripresa che consideri marginali il rispetto dei diritti dell’uomo e la centralità dello stato di diritto, prepara crisi future. Probabilmente, crisi più minacciose. I futuri modelli di sviluppo economico e sociale non potranno essere slegati dalla saldezza dei principi democratici e dall’indipendenza del sistema giudiziario.
Il recente accordo Unione Europea su Bilancio 2021 e nuovo strumento di cooperazione internazionale, costituisce una configurazione concreta (e concordata) all’interno della quale discutere in modo ambizioso l’implementazione di priorità e la definizione di progetti di ripresa globale. Non c’è tempo da perdere: il tempo di agire è ora. L’Italia, che guiderà il prossimo G 20, ha di fronte a sé un’occasione che potrebbe divenire Storica. Riusciremo a trasformarla in un momento di Storia da ricordare, o da dimenticare?