Appare sempre più evidente come la possibilità che il sistema produttivo italiano riesca a sopravvivere all’attuale crisi economico-sanitaria dipenda dalla contemporanea presenza di tre “supporti”. Il primo è costituito dagli interventi finanziari europei di natura straordinaria. Tra questi i 207 mld del Recovery Fund che verosimilmente inizieranno ad essere disponibile da metà 2021, il Fondo SURE per l’occupazione e la cassa integrazione ed i 36 mld del “nuovo MES” per altro ancora ostaggio di inaccettabili diatribe elettorali. Il secondo supporto è costituito dagli interventi nazionali, diretti ed indiretti (garanzie statali), erogati a sostegno delle imprese annichilite da restrizioni e lock down. Ma il punto davvero delicato per l’Italia è costituito da un terzo supporto indispensabile alla sopravvivenza ed alla ripresa del comparto produttivo: il nostro sistema bancario.
E quest’ultimo elemento merita forse qualche considerazione. La prima considerazione deriva dalla legge del 90/60/90. Il sistema produttivo italiano ha una storica dipendenza dal sistema bancario: il 90% delle imprese è costituito da piccole imprese, il 60% di queste ha un rating non eccelso (B/BB/BBB), il 90% di queste PMI ha la banca come fonte primaria di sostegno finanziario. Dunque, nell’attuale crisi pandemica, il sistema bancario costituisce in Italia un fondamentale sostegno per il tessuto produttivo. Anche perché deve impedire che le aziende collassino nell’arco temporale compreso tra il punto acuto della crisi e l’inizio della ripresa basata anche sull’arrivo di fondi strutturali (Recovery Fund & C). La seconda considerazione è che si tratta di un supporto fondamentale, ma anche molto delicato. Infatti il sistema bancario italiano è reduce da un poderoso sforzo volto ad abbattere il fardello di credito deteriorato (NPL – Non Performing Loan) esploso a causa della doppia crisi del 2008- 2011. Tanto per essere concreti, si è passati dai 341 mld di NPL del 2015 con incorporati 200 mld di sofferenze, ai 130 mld del marzo 2020 con 67 mld di sofferenze. Ciò premesso, il grande rischio è che la pandemia ed i lock down facciano riesplodere il credito deteriorato nella pancia delle nostre banche generando così necessità di ulteriori accantonamenti ed iniezioni di patrimonio in grado di limitare la capacità degli istituti di supportare le aziende in affanno. Andrea Enria, capo della vigilanza della BCE ed ex presidente dell’EBA (European Banking Authority) si aspetta che gli NPL arrivino, a livello europeo, a quota 1400 mld (erano circa 1000 mld nella precedente crisi e circa 600 mld ante allarme Covid). In Italia arriverebbero a quota 300 mld, dato non lontano delle previsioni di banca IFIS che prevede nel prossimo anno NPL a quota 385 mld. La terza considerazione è che la possibilità di evitare il riacutizzarsi del problema, non solo in Italia, ma in tutta Europa, dipende in gran parte dai comportamenti delle due anime della BCE. Infatti sarà assolutamente necessario che l’anima monetaria della BCE ampli e renda ancora più flessibile il suo programma di acquisto di titoli sovrani (PEPP-Pandemic Emergency Purchase Program) attualmente di 1350 mld. Infatti, grazie a queste ulteriori iniezioni di liquidità a tassi contenutissimi o negativi, le banche potranno continuare a supportare le aziende. Giova ricordare, a questo proposito, che è stato proprio grazie a queste iniezioni che gli Istituti italiani hanno potuto erogare alle aziende sotto pressione “liquidità di emergenza” ed hanno potuto concedere alle imprese ampie sospensioni nei pagamenti dovuti (le famose moratorie). Ma è anche indispensabile che l’anima vigilante della BCE continui a mantenere un approccio flessibile e soft sui requisiti patrimoniali delle banche e, più in generale, sull’applicazione della normativa di vigilanza. Ad esempio, ha fatto molto bene la vigilanza a non includere nell’ambito del credito tollerato (forborne) le posizioni delle imprese in difficoltà finanziaria che hanno chiesto una moratoria. Infatti, in assenza di questa deroga, le banche avrebbero dovuto effettuare ulteriori accantonamenti e le aziende, già in difficoltà, avrebbero avuto ulteriori problemi ad accedere al credito bancario. Ed è evidente che il descritto approccio soft della vigilanza debba permanere sino a quando l’attuale emergenza economico-sanitaria non sia cessata. In caso contrario si produrrebbe un intollerabile contraccolpo sia sul sistema bancario che sul tessuto produttivo. E di tutto abbiamo bisogno meno che di ulteriori scossoni.