Il grave e pervasivo fenomeno convenzionalmente denominato “Caporalato” agisce mettendo in connessione la domanda e l’offerta di lavoro con il fine di reclutare mano d’opera da potere offrire alle imprese tramite una sorta di mercato parallelo, in assoluta discrezionalità, sfruttando le braccia di uomini e donne quale forza lavoro caratterizzata dall’assoluta assenza di capacità contrattuale, sfruttando lo stato di bisogno e conseguente ricattabilità. L’aspetto centrale è il ricorso a varie forme di intermediazione sia formale sia informale, bypassando il ricorso alle strutture pubbliche rappresentate dai CPI (Centri Per l’Impiego). Questi cosiddetti intermediari, caporali, trattengono parte del salario spettante ai lavoratori con la motivazione di trovare per loro occasioni di lavoro e garantendone una qualsivoglia continuità lavorativa come una sorta di fidelizzazione e il tutto in violazione delle disposizioni in materia di orario di lavoro, minimi salariali, contributi previdenziali, salute e sicurezza sul lavoro.
Tratto cruciale del caporalato è il monopolio del sistema di trasporto, che costringe i lavoratori a dover pagare una somma di denaro per il loro spostamento da e verso i luoghi di lavoro. Tale sistema di intermediazione risulta più diffuso quanto è maggiore la distanza tra le aziende e le persone in cerca di lavoro e quando l’organizzazione del lavoro in squadre risulta particolarmente complicata (come nel caso del lavoro stagionale).
In Italia lo sfruttamento lavorativo ad opera dei caporali riguarda vari settori (trasporti, costruzioni e servizi di cura) ed è particolarmente presente anche nel comparto agricolo, caratterizzato da una prevalenza di rapporti di lavoro di breve durata e da un’accentuata stagionalità.
Evidenze della rilevanza del fenomeno dello sfruttamento lavorativo nel settore agricolo derivano dai dati relativi agli accertamenti effettuati dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL). Nel 2018, su oltre 7 mila ispezioni, si è registrato un tasso di irregolarità pari al 54,8%, con oltre 5 mila lavoratori interessati dalle violazioni. L’azione ispettiva a contrasto delle cosiddette cooperative spurie, inoltre, ha accertato l’occupazione irregolare di oltre 28.000 persone. Nello stesso anno le attività di contrasto al reato d’intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo hanno interessato 1.474 lavoratori, di cui il 46% è risultato essere totalmente irregolare. Tra i lavoratori irregolari, circa il 74% sono impiegati nel settore agricolo e oltre la metà sono cittadini stranieri.
Tra i fattori di rischio che determinano un’alta incidenza dello sfruttamento lavorativo in agricoltura si annoverano:
– il massiccio impiego di manodopera per brevi periodi e in luoghi isolati rispetto ai centri abitati;
– servizi di trasporto rurale inadeguati alle esigenze dei lavoratori agricoli;
– la dispersione di valore che avviene lungo la filiera agroalimentare, a causa della frammentazione degli operatori, dell’organizzazione logistica e del funzionamento dell’industria di trasformazione, che incide sul prezzo dei prodotti agricoli riconosciuti ai produttori (su 100 euro destinati dal consumatore all’acquisto di prodotti alimentari, il margine in capo all’imprenditore agricolo è inferiore ai due euro).
Come noto nel 2011 con il D.L. n. 138/2011, convertito in Legge n. 148/2011, è stato introdotto nel nostro ordinamento il reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” (art. 603 bis c.p.).
Il D.lgs. n. 109 del 16 luglio 2012, con cui è stata recepita la Direttiva 2009/52/CE (c.d. Direttiva sanzioni), ha inasprito le sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che assumono lavoratori in posizione irregolare, prevedendo delle ipotesi aggravanti nei casi in cui il divieto di impiego di cittadini stranieri, il cui soggiorno è irregolare, sia caratterizzato da “particolare sfruttamento”.
Nel 2014 il D.L. n. 91/2014, convertito con modificazioni dalla Legge n. 116/2014 (art.6), ha istituito la Rete del lavoro agricolo di qualità, a cui possono iscriversi le imprese agricole che non abbiano riportato condanne penali e non abbiano procedimenti penali in corso per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, e che non siano destinatarie di sanzioni amministrative definitive e in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi.
La Legge n. 199/2016, recante “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”, ha riformulato il dettato dell’art. 603 bis c.p. estendendo la responsabilità penale, precedentemente prevista solo per i caporali, anche agli imprenditori che ricorrono alla loro intermediazione.
In questo contesto si inserisce la strategia nazionale messa a punto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, riavviando nel settembre 2018 a Foggia (provincia simbolo di tale fenomeno) il ‘’Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura”, istituito con il D.L. n. 119/2018, allo scopo di programmare azioni per la prevenzione e la repressione dei citati fenomeni in tutto il territorio nazionale. Il Tavolo è presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e si compone di membri istituzionali di diversi Ministeri, dell’INPS, della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, dell’ANPAL e dell’ANCE, ecc.
Le funzioni principali di questo Tavolo sono: predisposizione del piano triennale e linee di intervento, indirizzo e programmazione attività istituzionali, monitoraggio interventi, monitoraggio sulla legge 199/2016, coordinamento azioni intraprese dalle diverse istituzioni volte al contrasto del fenomeno, condivisione buone prassi sperimentate a livello locale, confronto su programmazione fondi europei, elaborazione proposte normative, collaborazione con la cabina di regia presso INPS.
Sono stati, quindi, attivati progetti e accordi volti a concretizzare queste funzioni quali, ad esempio: il progetto con le Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Progetto SU.PRE.ME); l’accordo di programma con l’Ispettorato nazionale del lavoro nell’ambito del progetto ALT Caporalato, in partenariato con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), finanziato sul Fondo Nazionale Politiche Migratorie per 3 milioni di euro; il progetto “Economia sociale e lavoro dignitoso: imprese sociali come modello di rigenerazione locale”, finanziato dalla DG Terzo Settore in partenariato con il Centro Internazionale di Formazione dell’OIL (ITCILO) di Torino, per oltre 500 mila euro a valere sul FSE-PON Inclusione; il progetto “Filiere Bio”, finanziato dalla DG Terzo Settore del Ministero del lavoro, ai sensi dell’art. 72 del Codice del Terzo settore a valere sull’avviso 1/2017 con un finanziamento di oltre 250 mila euro; i progetti “Allora, legale! – lotta al caporalato per la regolare assunzione dei lavoratori e la denuncia dei caporali” e “La legalità ti rende libero”, finanziati dal dalla DG Terzo Settore ai sensi dell’art. 72 del Codice del Terzo settore a valere sull’avviso 1/2018 con un finanziamento complessivo di oltre 500 mila euro.
Le azioni fin qui menzionate si inseriscono nel c.d. Piano Triennale, che si basa su una strategia articolata in tre diverse fasi: un’azione di analisi del fenomeno, dei fabbisogni del mercato del lavoro agricolo in relazione ai territori e alle stagionalità; interventi di natura emergenziale nelle aree più critiche; interventi di sistema rivolti a tutto il territorio nazionale. Il Piano è poi articolato in tre sezioni. La prima sezione è dedicata all’analisi del contesto di riferimento. In particolare, vengono analizzati i dati ufficiali sul mercato del lavoro nel settore agricolo ed alimentare, sottolineando i fattori di rischio rispetto a fenomeni di sfruttamento lavorativo e caporalato. I fenomeni vengono poi definiti, tenendo conto della normativa nazionale e delle convenzioni internazionali in materia ed inseriti nel quadro istituzionale nazionale, evidenziando le diverse competenze ed attribuzioni dei soggetti coinvolti in azioni di contrasto. Vengono, poi, inseriti i riferimenti alle azioni che, ad oggi, sono state poste in essere da parte delle diverse istituzioni.
La seconda sezione si sofferma sulle sei aree prioritarie di intervento, sulla base dei lavori condotti dai rispettivi gruppi, che interessano: la vigilanza e la repressione del fenomeno; l’individuazione delle aree geografiche su cui concentrare l’attività ispettiva; lo svolgimento di indagini sullo sfruttamento lavorativo; il coordinamento tra i vari enti preposti alle attività di vigilanza; la raccolta e le analisi delle informazioni gestite dalle varie amministrazioni; la disponibilità di risorse appropriate allo svolgimento delle attività di vigilanza e contrasto. Nella seconda sezione, inoltre, trovano spazio tre tematiche trasversali: la necessità di garantire l’interscambio tra i dati detenuti dalle diverse amministrazioni coinvolte; la necessità di una specifica formazione e sensibilizzazione sul tema per tutti gli stakeholders; il potenziamento del sistema di protezione e assistenza alle vittime di caporalato e sfruttamento lavorativo.
La terza sezione costituisce il piano di interventi vero e proprio contenente le 10 azioni prioritarie individuate in relazione agli ambiti precedentemente considerati. Le dieci azioni prioritarie sono dedicate, in maggioranza (7 su 10), all’aspetto della prevenzione del fenomeno attraverso: l’elaborazione di un sistema informativo unitario, contenente i dati relativi al fabbisogno di manodopera da parte delle aziende in relazione al calendario delle colture; investimenti in innovazione e valorizzazione dei prodotti agricoli e interventi normativi di contrasto alla concorrenza sleale; il rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità; il rafforzamento dei Centri per l’Impiego e la costruzione di un sistema di intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro trasparente e la programmazione dei flussi migratori per motivi di lavoro; interventi per garantire soluzioni di alloggio dignitose per i lavoratori del settore; il potenziamento della rete di trasporti e l’introduzione di servizi adeguati alle esigenze di lavoro; l’avvio di una campagna di comunicazione per il contrasto all’illegalità e la promozione del lavoro dignitoso.
Tutto ciò premesso, si prende atto che il crescente fenomeno dell’intermediazione e del collocamento illecito della manodopera, sotto forma di caporalato, causa da una parte evidenti distorsioni del mercato del lavoro come della libera concorrenza tra le imprese, dall’altro anche rilevanti discriminazioni nei confronti di contingenti di lavoratori costretti ad accettare, in quanto facilmente ricattabili, condizioni illegali e moralmente riprovevoli di sfruttamento. In tale ambito riescono agevolmente ad operare le organizzazioni criminali strutturate e coagulate, interne ed esterne al nostro paese, che riescono ad infiltrarsi nei diversi settori produttivi e di servizi alle imprese. Risulta quindi di prioritario bisogno realizzare un’efficace azione di contrasto a tutte quelle condotte illecite creando un’azione cogestita tra l’autorità giudiziaria, le forze dell’ordine e le amministrazioni statali preposte a presidio del lavoro, della fiscalità generale e previdenziale, assicurativa e in generale per la tutela dei diritti dei lavoratori, anche sul versante della sicurezza ed igiene.
Ciò che bisogna fare è contrastare in ogni modo queste barbarie, presidiando in primo luogo il territorio da parte delle Istituzioni, innovando fattualmente i sistemi di collocamento pubblico (come la recente riforma che ha introdotto la figura dei navigator), ma anche agendo sui sistemi infrastrutturali dei trasporti pubblici, migliorando le politiche di edilizia abitativa temporanea e di strutturazione di servizi sanitari temporanei e itineranti, ma soprattutto controllando con ogni mezzo il territorio per fare venire alla luce ogni abuso nei confronti dei lavoratori, siano essi extracomunitari o meno, costretti a subire vessazioni e soprusi non più tollerabili.