Hanno detto… sul numero 14, febbraio 2020 • anno 2

Roberto Ieraci
Il 9 gennaio 2020, la Cina ha riferito che è stato identificato un nuovo coronavirus (2019-nCoV) come agente causale ed è stata resa pubblica la sequenza genomica.
L’attuale epidemia all’8/2/2020 ha causato circa 37.590 casi: di cui 37.230 casi in Cina; 360 fuori dalla Cina; 814 decessi; 2 decessi fuori dalla Cina: 1 (Hong Kong) 1 (Filippine).
La situazione in Italia è di 3 casi confermati al 7 febbraio.
Una vasta gamma di animali è conosciuta per essere la fonte di coronavirus; ad esempio, la sindrome respiratoria del Medio Oriente coronavirus (MERS-CoV) è originata da cammelli e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) ha origine da gatti.
Questo nuovo coronavirus rilevato in Cina è geneticamente strettamente correlato al virus SARS del 2003 e sembra avere caratteristiche simili. Ancora ci sono troppo pochi dati disponibili per dire con certezza quanto sia letale 2019-nCoV, ma i risultati preliminari indicano che è meno fatale di SARS-CoV.
Al momento non ci sono abbastanza informazioni epidemiologiche per determinare quanto questo nuovo coronavirus si diffonda facilmente e in modo sostenibile tra le persone.
È dunque molto importante prevenire l’infezione, o contenere un’ulteriore diffusione dopo un’infezione.

Mario Antonio Scino
Gli investimenti pubblici nella loro globalità sono passati nel nostro Paese dai 54 miliardi di euro nel 2009 ai 37 miliardi di euro nel 2019. Di questi, 31 miliardi di euro nel 2009 sono stati dedicati alle opere pubbliche, per diminuire fino ai 19 miliardi di euro nel 2019.
Le infrastrutture realizzate negli anni sessanta e settanta hanno oggi seri problemi di manutenzione, mentre quelle di più recente realizzazione scontano ritardi e inefficienze che penalizzano non poco il sistema infrastrutturale del Paese.
La qualità del sistema infrastrutturale di un paese è anche uno degli asset strategici per attrarre investimenti dall’estero. L’attrazione di investimenti è condizionata da alcuni fattori come la qualità del sistema normativo e amministrativo, i tempi della giustizia, la sicurezza, la presenza di poli innovativi e di ricerca; orbene, uno di questi fattori condizionanti, forse il più rilevante, è il sistema infrastrutturale.
C’è molto da fare, in primis aumentare le risorse per gli investimenti pubblici con un importante piano di ammodernamenti e controlli, soprattutto nel Mezzogiorno. Allo stesso tempo è doveroso stabilizzare le norme di settore, in modo che siano chiare e certe. Bisogna anche semplificare le procedure, sbloccare gli investimenti fermi e mettere a punto la macchina amministrativa.
È un obiettivo sfidante, che va affrontato con rigore ma anche con entusiasmo, perché se si vince questa sfida la vittoria non sarà di questo o quel governo, ma del sistema Paese, cioè di tutti noi.

Salvatore Vecchione
Un ordinamento giuridico degno di rispetto, dalle grandi tradizioni come le nostre, non può tollerare che il decorso del tempo impedisca di amministrare giustizia in un numero abnorme di processi, così di tutelare società e cittadino a volte sì e a volte no. È, questo, un non senso! Gli esempi, anche clamorosi e scandalosi di soggetti condannati finanche in due gradi di giudizio, beneficati da una prescrizione – invece millantata per una assoluzione nel merito – sono inaccettabili.
Ciò premesso, va soffermata l’attenzione su tre punti: sull’abuso del processo consentito dalla prescrizione; sulla gratuità della declamata affermazione secondo cui il blocco della prescrizione finirebbe con il ritardare ancora di più un processo già lento; su un accenno ovviamente sommario ai rimedi processuali ben possibili.
In tanto è controversa la questione sulla prescrizione, in quanto il processo penale è lento; se il sistema processuale fosse più efficiente la prescrizione dei reati non sarebbe più di attualità.
Il problema dei problemi, quindi, è quello di ricercare i rimedi idonei ad accelerare gli istituti processuali.
È ormai da decenni che nelle relazioni annuali dei Presidenti di Corte di Cassazione e di Appello e dei Procuratori Generali vengono proposti significativi rimedi alle vere e proprie incongruenze del processo penale. Qualche cosa si è fatto nel corso degli anni. Tuttavia non è bastato: le riforme devono essere coraggiose.

Francesco Fimmanò
L’annosa questione della riforma della Giustizia Tributaria è avvertita da più parti da decenni, anche se con prospettive diverse. In particolare dal 2013 al 2019 sono stati presentati in Parlamento un numero rilevante di disegni di legge. Sul piano storico il confine tra la giurisdizione contabile e quella tributaria è segnato dalla conclusione del procedimento di acquisizione dell’entrata. Le controversie sul processo acquisitivo delle entrate, infatti è di competenza del Giudice Tributario, laddove quelle inerenti la gestione delle entrate già acquisite all’Erario è della Corte dei Conti. In ogni caso le questioni di maggior rilievo, in tutti i progetti di legge, riguardano in particolare: il deficit di terzietà e di imparzialità che si riscontra nell’attuale sistema di giustizia tributaria, rispetto alle altre magistratura. Ebbene, i vari orientamenti di riforma sono sostanzialmente convergenti, quanto alla soluzione delle più rilevanti problematiche che oggi caratterizzano la Giustizia Tributaria, sia in termini di maggiore imparzialità, indipendenza e terzietà dei giudici tributari, che in termini di rafforzamento della loro professionalità. Essi si diversificano, invece, nelle loro direttrici di fondo, attinenti al plesso magistratuale al quale assegnare le funzioni giurisdizionali, oggi espletate dalle Commissioni Tributarie. Per queste ragioni il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti il 6 novembre 2019 ha adottato una risoluzione mettendo “a disposizione della comunità repubblicana le competenze peritali ed esperienza settoriale per concorrere alla buona fattura della legge allo scopo di garantire la migliore tutela degli interessi diffusi legati all’amministrazione della giustizia tributaria”.

Marco Forlani
Ci troviamo di fronte ad un momento di instabilità preoccupante, forse come non mai, se consideriamo le attuali complessità e, conseguentemente, è piuttosto arduo poter interpretare ciò che accadrà.
È impietoso e frustrante assistere ogni giorno a dibattiti tra leader di partito o esponenti governativi o dell’opposizione incapaci di dialogare, o semplicemente strumentalmente non desiderosi di farlo, su qualsiasi tema.
La perdita di credibilità della politica sull’economia e sulla piccola, media e grande impresa, che sostengono lavoro e Paese, è arrivata ad un punto di difficile ritorno e ha determinato una situazione in cui sono la finanza, l’economia e l’impresa a dettare le regole.
In questo contesto, sempre più determinante è poi il peso assunto dalla magistratura (Ilva docet).
Ci chiediamo ora riflettendo, ma il voto sarebbe un bene per il Paese? A voi la risposta; io non so più valutarlo. Ciò che posso affermare, senza alcun timore di esser smentito da qualsiasi cittadino o parte politica, è che un male per il Paese sia cambiare coalizione di governo (o premier) 7 volte in 8 anni, esattamente come accaduto in Italia dall’agosto 2011 (gli ultimi mesi con Berlusconi premier) all’agosto 2019 (Conte II).
La necessità che il Paese trovi stabilità e solida continuità governativa è la priorità assoluta, al fine di promuovere e favorire una crescita vera, che porti alla creazione di posti di lavoro per i nostri giovani ed una prospettiva professionale adeguata che oggi è alquanto nebbiosa.

Stefano De Lillo
Alle recenti elezioni regionali, con il forte valore politico che le accompagnava, hanno fatto seguito tutta una serie di analisi e valutazioni. La mia personale si pone nel campo di osservazione dell’area politica di centro-destra, nella quale mi sono sempre riconosciuto quale moderato, cattolico praticante, tutt’altro che giustizialista e liberale nelle scelte di politica economica.
La compagine di governo con Nicola Zingaretti in testa ha messo in risalto il risultato di Stefano Bonaccini, al cui carisma va in gran parte il merito della vittoria, considerato che l’errore del centro-destra è stato quello di esasperare il significato politico della tornata, favorendo il voto disgiunto di “soccorso”, che ha svuotato gli altri candidati ed in particolare i 5 Stelle.
D’altra parte, non si può non evidenziare come la grande presenza di Salvini abbia portato la coalizione di centro-destra ad un sostanziale testa a testa (la differenza tra le coalizioni è stata solo di 50.000 voti), unico nella storia repubblicana, in una regione che vedeva la vittoria costante della sinistra con valori superiori al 60%.
E poi, poca rilevanza è stata data alla vittoria di Iole Santelli in Calabria, prima donna eletta Presidente di Regione nel Sud Italia. La vittoria delle elezioni in Calabria rappresenta l’ottavo successo del centro-destra nelle ultime nove elezioni regionali.
Giorni non facili attendono il premier Conte nel portare avanti l’agenda di governo tra la volontà del PD di capitalizzare politicamente il risultato e la necessità del nuovo “reggente” Vito Crimi di valorizzare le istanze storiche del Movimento.

Fabia D’Andrea
In Italia lo sfruttamento lavorativo ad opera dei caporali riguarda vari settori (trasporti, costruzioni e servizi di cura) ed è particolarmente presente anche nel comparto agricolo, caratterizzato da una prevalenza di rapporti di lavoro di breve durata e da un’accentuata stagionalità.
Tra i fattori di rischio che determinano un’alta incidenza dello sfruttamento lavorativo in agricoltura si annoverano:
– il massiccio impiego di manodopera per brevi periodi e in luoghi isolati rispetto ai centri abitati;
– servizi di trasporto rurale inadeguati alle esigenze dei lavoratori agricoli;
– la dispersione di valore che avviene lungo la filiera agroalimentare, a causa della frammentazione degli operatori, dell’organizzazione logistica e del funzionamento dell’industria di trasformazione.
Ciò che bisogna fare è contrastare in ogni modo queste barbarie, presidiando in primo luogo il territorio da parte delle Istituzioni, innovando fattualmente i sistemi di collocamento pubblico (come la recente riforma che ha introdotto la figura dei navigator), ma anche agendo sui sistemi infrastrutturali dei trasporti pubblici, migliorando le politiche di edilizia abitativa temporanea e di strutturazione di servizi sanitari temporanei e itineranti, ma soprattutto controllando con ogni mezzo il territorio per fare venire alla luce ogni abuso nei confronti dei lavoratori, siano essi extracomunitari o meno, costretti a subire vessazioni e soprusi non più tollerabili.

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