Intervista a Matteo Salvini

Più Europa, o meno Europa?
Più Europa dove serve, meno Europa dove non serve. Più coordinamento in politica estera, dove l’Italia di Renzi ha sprecato l’occasione di contare davvero, per accontentarsi di occupare una poltrona con la signora Mogherini che di risultati ne ha portati davvero pochi. Se gli italiani ci daranno una mano con il loro voto il 26 Maggio, dal giorno dopo lavoreremo perché sulla pacificazione della Libia, sulla questione migranti, sui rapporti con la Turchia, sulla Brexit l’Europa parli finalmente con una voce sola, archiviando finalmente la stagione delle direttive demenziali, dei vincoli dogmatici sui bilanci, sugli aiuti di Stato, sulle politiche sociali e su tutti gli altri argomenti dove la sovranità deve restare in mano agli Stati.

L’esito del referendum sulla Brexit, ed il conseguente caos che ha portato in Gran Bretagna e non solo, potrebbe essere un elemento per dire più Europa.
Assolutamente no. È vero casomai il contrario, cioè che il Regno Unito si è dimostrato un grande paese realmente democratico, dove alla volontà popolare espressa in referendum fa seguito l’azione coerente del Governo eletto. Ci sono complicazioni, divisioni, dibatti e problemi? Capisco che per gli eurotalebani suoni strano, ma invece è più che normale. È la democrazia, bellezza.

I vincoli, per lo più economici, imposti dall’Unione Europea, secondo alcuni aumentano l’austerity e non favoriscono la crescita. Di contro, altri sostengono che il loro rispetto garantisce all’Italia spread contenuto e stabilità economica.
Ancora con lo spread? Ancora a parlare di finanza, tassi, interessi, vincoli e parametri? No. Basta! Dal 26 Maggio anche in Europa verranno prima le persone, prima il lavoro, la dignità, la salute, la vita vera, il diritto alla pensione. La finanza deve essere uno strumento per raggiungere il fine di dare benessere ai popoli, non viceversa.

L’Europa dei burocrati, o l’Europa dei popoli? Comunque un’Europa diversa?
L’ Europa deve ripartire da zero e ricostruirsi, perché l’Europa senza democrazia, non è Europa. Senza sicurezza, non è Europa. Senza confini, senza lavoro, senza sviluppo, senza identità, senza famiglia non è Europa. Da questi cardini ripartiremo.

Si può dire che i rapporti di forza all’interno dell’Unione Europea sono sbilanciati con una Germania egemone, una Francia alla quale tutto o quasi è concesso, mentre l’Italia resta l’osservata speciale.
Non è un mistero che molte delle regole comuni a tutti sono servite in questi anni a favorire pochi paesi, a scapito di altri. Pensiamo a cosa è stato fatto alla Grecia. La colpa però non è stata solo dei governanti francesi e tedeschi che, legittimamente, hanno tutelato i loro interessi nazionali, ma soprattutto dei Governi italiani che con Monti, Letta, Renzi e Gentiloni si sono asserviti a pure logiche di mercato perdendo di vista le vere esigenze del Paese. Altrimenti non si spiegherebbe perché gli italiani li hanno puniti così duramente in tutti gli ultimi appuntamenti elettorali.

Per l’Italia sono solo elezioni europee, o anche politiche, quale primo test del governo 5 stelle – Lega dopo un anno di vita?
Le elezioni europee sono elezioni europee. In Italia dovremmo uscire, lo dico da anni, da questa visione ombelicale del mondo, come se tutto fosse sempre in funzione di equilibri interni, rapporti di forza di coalizione eccetera. Dobbiamo invece entrare nell’ottica che molte questioni centrali della nostra vita ormai si decidono più a Bruxelles che a Roma ed è necessario lottare anche superando gli schieramenti politici nazionali per riprenderci pezzi di sovranità. Detto questo, certo, sarà un voto vero, da Aosta a Palermo e darà anche un segnale alle priorità del Governo.

Con il sistema proporzionale di voto, si contano le forze in campo. Chi è in crescita nei sondaggi rischia e teme di non crescere abbastanza per concretizzare cambiamenti e nuove alleanze. Chi è in calo ha già fissato soglie di salvaguardia / successo del proprio movimento, per mantenere lo status quo delle alleanze. Gli altri partiti galleggiano. Il quadro politico nazionale rimarrà immutato nel post elezioni?
A me, come sanno tutti, dei sondaggi, del quadro politico, interessa poco. Io voglio poter fare le cose per cui sono stato votato. Punto.

Tre cose da cambiare e tre cose da difendere nell’attuale, complesso sistema di regole dell’Unione Europea.
Tre cose da cambiare? Tutto l’assetto istituzionale a partire dagli organismi democratici che devono avere più voce in capitolo su quelli finanziari. Riaprire tutti i trattati e riscrivere le norme, archiviando i cavilli e i numerini, per far spazio a valori e meccanismi veramente federali. Da salvare? L’ idea di un tavolo negoziale permanente che disegni un perimetro di democrazia e regole comuni. Per il resto poca roba. La bandiera, forse.

Il rapporto deficit/PIL e il tetto del 3% è ancora attuale? Guy Abeille, funzionario francese generalmente riconosciuto come il padre del 3%, in una sua pubblicazione ha ammesso che la regola del 3% è nata senza alcuna riflessione teorica.
Praticamente ha ammesso che la terra è tonda. Nel senso che lo sapevamo già quanto stupidamente dogmatici siano questi parametri. Da tempo noi diciamo, per restare in metafora, che “eppur si muove”.

Proposte in sede europea per aiutare il made in Italy?
Poca teoria e molta pratica. Bandiere tricolori grosse come mezza confezione sul vero made in italy e tanti tanti controlli. È questo che ci chiedono i nostri produttori ed è questo che faremo dal 26 Maggio grazie al voto degli italiani.

Roberto Serrentino

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