Intervista a Antonio Tajani

Più Europa, o meno Europa?
Nessun Paese, da solo, può fornire risposte efficaci alle grandi sfide di oggi: dalla disoccupazione ai cambiamenti climatici, dalla digitalizzazione alla sicurezza. Nessuno Stato Ue può tenere testa a giganti come USA, Russia, Cina o India. Abbiamo bisogno di più Europa, ma soprattutto di una Unione più efficace, più politica e democratica, che risponda alle preoccupazioni dei cittadini in maniera concreta.

L’esito del referendum sulla Brexit, ed il conseguente caos che ha portato in Gran Bretagna e non solo, potrebbe essere un elemento per dire più Europa.
Le divisioni ed il caos nel Regno Unito hanno dimostrato che uscire dall’Unione europea porta solo conseguenze negative. In questo contesto di grande incertezza, la priorità del Parlamento europeo sono i 3,6 milioni di cittadini europei che vivono nel Regno Unito e i cittadini britannici che vivono nell’Ue. Continueremo a lavorare per i cittadini e non accetteremo una soluzione che non tuteli pienamente i loro diritti.

I vincoli, per lo più economici, imposti dall’Unione Europea, secondo alcuni aumentano l’austerity e non favoriscono la crescita. Di contro, altri sostengono che il loro rispetto garantisce all’Italia spread contenuto e stabilità economica.
Le regole in materia di bilancio sono importanti per garantire la stabilità del sistema.  Ma ci sono stati eccessi di austerità che hanno contribuito a ritardare l’uscita dalla crisi e hanno alimentato risentimenti e populismi.

Il Patto di Stabilità e Crescita già prevede dei margini di flessibilità che vanno applicati. Ma la flessibilità deve’ servire per investimenti in infrastrutture, per abbassare le tasse su lavoro e imprese, per pagare i debiti arretrati della pubblica amministrazione, non per misure assistenziali e improduttive che fanno solo salire debito e deficit senza portare alcuna crescita.

L’Europa dei burocrati, o l’Europa dei popoli? Comunque un’Europa diversa?
Il primo obiettivo del mio mandato daPresidente del Parlamento europeo è stato quello di riavvicinare le istituzioni Ue ai cittadini. Per questo il Parlamento europeo, l’unica istituzione eletta direttamente, deve avere un ruolo centrale e poter proporre le leggi. I cittadini vogliono che siano i loro rappresenti eletti, e non i burocrati, a decidere.

Durante il mio mandato mi sono sempre battuto affinché il Parlamento avesse l’ultima parola su tutte le decisioni prese in Europa. Se sarò rieletto, mi impegnerò per far sì che anche il Parlamento europeo abbia finalmente il diritto iniziativa legislativa e vengano meno i diritti di veto da parte degli Stati Ue.

Si può dire che i rapporti di forza all’interno dell’Unione Europea sono sbilanciati con una Germania egemone, una Francia alla quale tutto o quasi è concesso, mentre l’Italia resta l’osservata speciale.
Oggi il nostro Paese si trova isolato perché ha abbandonato la politica del dialogo cercando lo scontro con gli altri Paesi dell’Unione su diversi fronti. Bisogna cambiare radicalmente strategia. Usare la forza e l’autorevolezza, non la violenza e gli insulti.

L’Italia deve avere un ruolo più centrale in questa Europa, agendo da federatore degli interessi dei Paesi del Sud e dell’Est. Questo permetterebbe anche di avere un’Unione meno sbilanciata verso l’asse franco-tedesco. Ma per fare questo dobbiamo essere molto più presenti a Bruxelles, diventare credibili, preparare i dossier e costruire un sistema di alleanze, non fare proclami da Roma e poi disertare le riunioni del Consiglio.

Per l’Italia sono solo elezioni europee, o anche politiche, quale primo test del governo 5 stelle – Lega dopo un anno di vita?
Il Governo gialloverde non ha fatto nulla di utile per il paese. La fotografia economica è molto negativa: siamo il Paese con le prospettive di crescita peggiori in Europa, aumenta il debito pubblico, le imprese continuano a soffrire come anche i pensionati, la disoccupazione giovanile è preoccupante. È necessaria un’inversione di rotta totale e invece i rappresentanti del governo continuano a litigare su tutti i fronti senza risolvere i problemi del Paese. Sembra un matrimonio esaurito, non sono neanche più separati in casa, non dormono nella stessa casa. I cittadini se ne sono accorti e in tutte le regioni dove si è votato recentemente hanno chiesto con forza un governo di centrodestra.

Tre cose da cambiare e tre cose da difendere nell’attuale, complesso sistema di regole dell’Unione Europea.
L’Europa così com’è non va. Ma distruggerla, uscire dall’euro e dal mercato Ue, dove le nostre imprese esportano 250 miliardi di beni, sarebbe una follia.

Abbiamo bisogno di un’Europa che investa di più, che gestisca i flussi migratori e che si dia i mezzi per difendere i nostri interessi nel mondo e contribuire alla stabilità. Per questo, le prime tre cose da cambiare sono: più risorse per l’innovazione, le infrastrutture, la formazione, l’industria, l’agricoltura, e non computare gli investimenti nazionali ai fini delle regole di bilancio; Approvare definitivamente la riforma dell’asilo già votata dal Parlamento Ue per sistema di ripartizione dei richiedenti asilo efficace, equo e solidale e un piano Marshall per l’Africa; Una vera politica estera, di difesa e di sicurezza europea.

Tra le cose da difendere metterei sicuramente le libertà di circolazione per persone, merci e servizi, gli accordi commerciali che ci consentono di esportare le eccellenze europee in molti mercati del mondo e i nostri standard di sicurezza per consumatori e lavoratori, oltre a una politica ambientale all’avanguardia. La lista sarebbe davvero molto più lunga. E non va mai dimenticato che quest’Unione, con tutti i suoi difetti, ci ha garantito 70 anni di pace e libertà senza precedenti nel nostro continente.

Proposte in sede europea per aiutare il made in Italy?
Da Commissario europeo prima, e oggi da Presidente del Parlamento, mi sono sempre battuto per la competitività delle nostre imprese, per proteggere le nostre eccellenze ed il nostro saper fare. Tra le altre cose, ho promosso nel 2013 le nuove regole per rafforzare i controlli sui prodotti nel mercato interno, inclusa l’obbligatorietà dell’indicazione di provenienza, il così detto “Made in”.

Ho sostenuto con forza l’approvazione di regole antidumping molto severe, che oggi ci proteggono dalle pratiche sleali cinesi e, un sistema di controllo sugli investimenti stranieri che impedisce a Paesi terzi di portarci via il nostro saper fare.

Per aiutare le PMI ho fatto approvare delle garanzie di capitale limitate per i prestiti fino a 2.5 milioni di euro e ho attuato la direttiva sui ritardi di pagamento, che obbliga la Pubblica Amministrazione a pagare le imprese entro 30 giorni, pena interessi di mora all’8%.

Anche in questo campo c’è ancora molto da fare. Serve un bilancio europeo che investa di più, con risorse aggiuntive pagate da chi le tasse non le ha mai pagate, come giganti del web o i paradisi fiscali. Questi fondi devono sostenere l’industria, le PMI, il commercio, l’artigianato, l’agricoltura, le infrastrutture. Serve un Piano d’Investimento europeo, con la possibilità di emettere titoli garantiti dal bilancio Ue. Servono centinaia di miliardi nei prossimi anni, se vogliamo competere a livello globale e completare le infrastrutture per il mercato interno.

Roberto Serrentino

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Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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