Hanno detto… sul numero 5, maggio 2019 • anno 1

Roberto Serrentino
Mai elezioni europee, come le prossime, sembrano suscitare tanto interesse. All’esito di alcuni sondaggi, se rispettati, potrebbero aprirsi scenari mesi fa inimmaginabili, essere sovvertiti equilibri ed alleanze all’interno del parlamento europeo ed avviarsi stagioni di riforme radicali.
E per meglio comprendere idee e proposte per l’Europa di domani, abbiamo voluto rivolgere dieci identiche domande ai leaders dei principali partiti italiani impegnati nelle prossime elezioni.
Pubblichiamo, quindi, le interviste, auspicando che chiunque vinca (anche se alla fine, come spesso accade, tutti diranno di aver vinto), sovranisti, populisti, socialisti, popolari, ecc., forti della legittimazione elettorale, abbiano davvero in mente il bene dell’UE quale istituzione fondamentale per favorire un sistema di regole che migliori la sicurezza, lo sviluppo ed il benessere del tessuto economico e sociale di ogni singolo Paese membro e dell’intera comunità europea.


Matteo Salvini
Dal 26 Maggio anche in Europa verranno prima le persone, prima il lavoro, la dignità, la salute, la vita vera, il diritto alla pensione. La finanza deve essere uno strumento per raggiungere il fine di dare benessere ai popoli, non viceversa.
L’ Europa deve ripartire da zero e ricostruirsi, perché l’Europa senza democrazia, non è Europa. Senza sicurezza, non è Europa. Senza confini, senza lavoro, senza sviluppo, senza identità, senza famiglia non è Europa. Da questi cardini ripartiremo.
Dobbiamo entrare nell’ottica che molte questioni centrali della nostra vita ormai si decidono più a Bruxelles che a Roma ed è necessario lottare anche superando gli schieramenti politici nazionali per riprenderci pezzi di sovranità.§
Riaprire tutti i trattati e riscrivere le norme, archiviando i cavilli e i numerini, per far spazio a valori e meccanismi veramente federali.

Nicola Zingaretti
Molte idee delle quali oggi si discute per il futuro dell’Unione sono temi sui quali il nostro Paese ha sempre richiamato l’attenzione: democrazia, coesione sociale, sviluppo. C’è un grande spazio per l’Italia in Europa. Ma dobbiamo recuperare credibilità, e lavorare fianco a fianco con la Germania e la Francia. Per questo serve subito un’alternativa al nazionalismo vittimistico di questo Governo.
Serve un vero bilancio comune dell’eurozona, per sostenere il lavoro e gli investimenti nei paesi in recessione, con strumenti come un’indennità europea di disoccupazione, una delle nostre proposte. Quindi stop alla concorrenza fiscale sleale tra Stati, con l’introduzione dell’aliquota minima al 18% per le imprese, tassando i profitti delle grandi multinazionali dove sono effettivamente realizzati. L’Ue deve trainare il mondo nella sfida di un nuovo modello di sviluppo basato sulla sostenibilità.
La responsabilità di bilancio e la crescita economica non devono escludersi a vicenda. Possono e devono tenersi insieme, all’interno di un’Europa più coesa e più forte.

Antonio Tajani
Abbiamo bisogno di più Europa, ma soprattutto di una Unione più efficace, più politica e democratica, che risponda alle preoccupazioni dei cittadini in maniera concreta.
Il Patto di Stabilità e Crescita già prevede dei margini di flessibilità che vanno applicati. Ma la flessibilità deve’ servire per investimenti in infrastrutture, per abbassare le tasse su lavoro e imprese, per pagare i debiti arretrati della pubblica amministrazione, non per misure assistenziali e improduttive che fanno solo salire debito e deficit senza portare alcuna crescita.
Dobbiamo essere molto più presenti a Bruxelles, diventare credibili, preparare i dossier e costruire un sistema di alleanze, non fare proclami da Roma e poi disertare le riunioni del Consiglio.
L’Europa così com’è non va. Ma distruggerla, uscire dall’euro e dal mercato Ue, dove le nostre imprese esportano 250 miliardi di beni, sarebbe una follia. Le prime tre cose da cambiare sono: più risorse per l’innovazione, le infrastrutture, la formazione, l’industria, l’agricoltura, e non computare gli investimenti nazionali ai fini delle regole di bilancio; Approvare definitivamente la riforma dell’asilo già votata dal Parlamento Ue per sistema di ripartizione dei richiedenti asilo efficace, equo e solidale e un piano Marshall per l’Africa; Una vera politica estera, di difesa e di sicurezza europea.

Giorgia Meloni
È necessario un recupero delle sovranità nazionali, in una logica di sussidiarietà verticale: non decidano i burocrati di Bruxelles quello che può essere meglio deciso a Roma, Budapest o Parigi.
Il nostro modello è quello di una confederazione di Stati sovrani che cooperino sulle grandi materie, dalla politica estera al mercato unico, dall’immigrazione alla sicurezza, lasciando alla competenza degli Stati e alle sovranità le questioni più prossime ai bisogni dei cittadini, cioè l’esatto contrario di quello che fa oggi la Ue.
In Europa noi andiamo a difendere l’Italia, andiamo a difendere la nostra grandezza che è data soprattutto dalla nostra identità, che significa valorizzare i nostri prodotti, valorizzare il turismo e le nostre produzioni agricole, che vuol dire difendere il nostro artigianato, i nostri pescatori, tutto quello che fa l’Italia grande, dalla moda al settore vinicolo, che ad esempio regala all’Italia 15 miliardi di fatturato e 1,2 milioni di posti di lavoro ma che la Ue ostacola, non prevedendo alcun obbligo nello specificare la provenienza delle uve per i vini che in Italia rappresentano un marchio unico e inimitabile.

Nicola Fratoianni
La crescita, in tempo di crisi, è il risultato di forti investimenti pubblici, non di politiche restrittive ai danni dei ceti popolari. La crescita di cui oggi abbiamo bisogno è quella che assume in sé il concetto di limite della natura, cioè del territorio, del paesaggio, del Creato, per usare una parola cara a Papa Francesco.
L’establishment europeo nel tempo della crisi ha responsabilità non contingenti, bensì storiche. Il popolo, d’altra parte, è stato visto come entità indistinta, omogenea, compatta, depositario di una verità assoluta. Cos’è allora un’Europa diversa? È un’Europa governata dalla politica, non dall’economia dei mercati e dalla finanza speculativa della moneta.
Serve una visione strategica, non ordinaria, del processo europeo, senza la quale cambiare è impossibile e conservare inutile. La “complessità” del sistema di regole accresce il ruolo tecnico della burocrazia di Bruxelles e allontana i cittadini dalla comprensione dei reali meccanismi operativi e decisionali. Il sistema va semplificato. E il metro di misura è in ogni caso la sua procedura pienamente democratica. Va difeso il ruolo del Parlamento Europeo, ma occorre accrescerne la centralità, migliorarne l’efficienza.

Benedetto Della Vedova
Noi vorremmo un’Italia che riacquisti un ruolo di protagonista nel processo di integrazione che vorremmo accelerare. Ma l’Italia sarà protagonista nella misura in cui sarà credibile, in cui dimostrerà di recuperare produttività, di tornare a crescere, a investire nel futuro e nelle nuove generazioni. Invece stiamo facendo quello che si è sempre fatto: assistenzialismo a debito, solo che in modo molto più pericoloso per la tenuta dei conti pubblici di quanto non facessimo in passato.
Le tre cosa da cambiare subito sono senz’altro; l’abolizione del voto all’unanimità nel Consiglio UE e il passaggio, per tutte le politiche, al voto a maggioranza, l’attribuzione di un pieno potere di iniziativa legislativa al Parlamento europeo e il raddoppio del bilancio europeo per finanziare ricerca, innovazione e politiche comuni come quella sull’immigrazione e l’asilo.
Dobbiamo guardare ai mercati in espansione, a cominciare dall’Africa, che sta conoscendo ritmi di crescita simili a quelli asiatici. L’Unione Europea dovrebbe puntare a diventare il primo partner economico dell’Africa, superando la Cina, e a questo scopo accogliamo con favore l’idea di istituire una grande area di libero scambio tra Europa e Africa. Sarebbe un’opportunità straordinaria anche per il nostro Mezzogiorno, proprio per la sua posizione strategica nel Mediterraneo.

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