I rifiuti urbani
in Italia e nella sua capitale

L’argomento rifiuti è destinato a diventare notizia solo di fronte a crisi ed emergenze: incendi, rifiuti per strada, tangenti, terra dei fuochi, manifestazioni “contro”.

Poche le informazioni di cui l’opinione pubblica dispone sul funzionamento ordinario del sistema, e questo vale anche per i decisori politici. Vediamo qualche dato.

Ogni giorno si producono in Italia 80.000 tonnellate di rifiuti urbani, pari a circa 4.000 autotreni pieni. Il sistema di gestione dei rifiuti italiano raccoglie questi rifiuti, li allontana da case e aziende e li porta da qualche parte, a recupero o a smaltimento. Vediamo come.

Oltre il 55% dei rifiuti urbani, circa 16,5 milioni di tonnellate all’anno (2017), vengono raccolti in forma differenziata e avviati a riciclaggio (compostaggio, riciclo di imballaggi). In questi processi si generano degli scarti (circa il 20% di quanto raccolto, 3,3 milioni di tonnellate), così il tasso di riciclaggio è del 43,9%. Un ottimo risultato, in linea con le migliori esperienze dei Paesi del nord Europa e vicino all’obiettivo del 50% previsto dalla Direttiva europea sui rifiuti entro il 2020. Possiamo guardare con ottimismo al raggiungimento dell’obiettivo di riciclaggio della nuova direttiva rifiuti: 65% al 2035.

Il risultato di raccolta differenziata e riciclaggio è diverso da regione a regione. Se nel nord Italia ormai il livello di raccolta differenziata supera il 65% ed il riciclaggio il 50%, in alcune zone del centro sud siamo ancora indietro (fra il 20 ed il 40%). Insomma una Italia a due velocità.

La raccolta indifferenziata (circa il 45% del totale), viene avviata ad incenerimento (5,7 milioni di tonnellate) o a discarica (6,9 milioni di tonnellate), in molti casi passando prima per degli impianti di preselezione (TMB), da cui si recupera un po’ di ferro, si prepara il combustibile per gli inceneritori e si stabilizzano i rifiuti prima di portarli in discarica (in Italia è proibito portare rifiuti urbani tal quali in discarica). In realtà in discarica finiscono anche molti degli scarti del riciclaggio così il tasso di utilizzo della discarica in Italia è ancora molto alto (oltre il 30%). Un valore molto superiore alle migliori performance europee (alcuni Paesi hanno già raggiunto l’obiettivo di discarica zero). Ma soprattutto un valore distante dall’obiettivo della nuova direttiva europea sui rifiuti, che stabilisce un limite massimo di rifiuti urbani in discarica pari al 10% del totale entro il 2035.

Il tasso di incenerimento è di circa il 18% del totale, valore distante dalle migliori performance europee (30/40%) e distante da quanto previsto dal pacchetto di economia circolare (circa il 25/27% di recupero di energia dai rifiuti urbani).

Insomma l’Italia prima in classifica per riciclaggio (siamo il principale mercato europeo di recupero di materia), ma ancora in ritardo sulla riduzione della discarica e una ragionevole quota di recupero energetico per i rifiuti non riciclabili e gli scarti del riciclaggio. Per raggiungere gli obiettivi europei al 2035 servono quindi impianti di riciclaggio (circa 40 digestori anaerobici per la produzione di biometano e compost), nuove piattaforme di valorizzazione di materiali, ma anche impianti di termovalorizzazione (ne mancano 8/10 per 1,8 milioni di tonnellate aggiuntive alle attuali), e volumi in discarica (le discariche oggi autorizzate si stanno esaurendo e per i prossimi 15 anni servono 70 milioni di nuovi metri cubi, anche riducendone l’uso al 10%.

Pur con le differenze fra regioni e i molti problemi, il sistema funziona tutti i giorni e genera un’industria da 11 miliardi di euro l’anno (350 euro a tonnellata). Un pezzo dell’economia circolare.

Le principali criticità si concentrano nel sud Italia e in alcune aree metropolitane, prima fra tutti l’area di Roma capitale.

La città di Roma produce 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno. La raccolta differenziata è stata pari al 41% del totale dei rifiuti, quindi 700.000 tonnellate, di cui 240.000 di frazione organica.

Il riciclo effettivo (raccolta differenziata meno scarti) è pari al 35 % del totale rifiuti.

Il problema di Roma è che non ha impianti finali per nessun flusso di rifiuti, dopo la chiusura della discarica di Malagrotta. La frazione organica viene portata a compostaggio quasi tutta fuori Roma (a Roma c’è un unico impianto di 20.000 tonnellate). Gli scarti della raccolta differenziata sono circa 105.000 tonnellate che finiscono fuori Roma.

I rifiuti raccolti in modo indifferenziato sono quindi 1 milione di tonnellate. La città di Roma disponeva di due impianti di selezione di AMA (TMB) da 240.000 tonnellate anno circa ciascuno (Rocca Cencia e Salaria) e di Cerroni/Malagrotta (500.000 tonnellate anno). Recentemente il TMB di Salaria è andato a fuoco e non è utilizzabile.

Si tratta di impianti intermedi che non smaltiscono i rifiuti né li riciclano, ma li trasformano per poi portarli in discarica, o incenerimento in giro per l’Italia o l’Europa.

In sostanza la capitale italiana non è autosufficiente nella gestione dei propri rifiuti, a differenza di quanto accade in tutte le principali capitali europee che associano un buon livello di raccolta differenziata, all’esistenza di uno o più impianti di termovalorizzazione e recupero di energia (Parigi, Berlino, Amsterdam, Copenhagen, Vienna, Oslo, Stoccolma).

Una situazione che espone la città di Roma ad una crisi perenne e continua, essendo dipendente da impianti di altri e da intermediari. Una situazione di crisi che può essere risolta solo dotando l’area metropolitana romana di un impianto finale, che non potrà essere una discarica.

Chicco Testa

Presidente di Assoambiente

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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