Il vero rischio che ha corso l’Italia negli ultimi periodi è che il Governo rimanesse prigioniero di quella pericolosa situazione nella quale, in una escalation di minacce verbali, di colpi in aria, di colpi sparati a prua, i contendenti arrivano ad un punto in cui nessuno dei due è più in grado di tornare indietro senza perdere la faccia.
È la “politica delle cannoniere” e più di una guerra è iniziata proprio così.
Ora, per fortuna, come accade anche nella vita quotidiana, le drammatiche conseguenze di gesti avventati vengono spesso scongiurate grazie ad una sana paura e all’istinto di conservazione. E sono stati proprio questi fattori, più che un ravvedimento operoso, a bloccare l’attacco suicida condotto contro la Commissione Europea e a rendere possibile il raggiungimento di un qualche accordo. Tuttavia, le tensioni con l’Europa sono probabilmente solo sopite e potrebbero riemergere qualora le fragili basi dell’attuale manovra non reggessero all’urto della gelata economica in arrivo. E allora, potrebbe essere utile fare oggi alcune riflessioni sui pericoli connessi ad una possibile ripresa di questi assalti all’arma bianca. Innanzitutto, è importante sottolineare che eventuali attacchi frontali portati dall’Italia all’ impalcatura europea nascerebbero in una situazione di totale isolamento.
Qualche tempo fa, al culmine della tensione con la Commissione, sia un top economist di Bruxelles, sia Daniele Nouy, allora capo della Supervisione della BCE, dichiararono contemporaneamente di non ritenere affatto che la situazione italiana potesse contagiare gli altri Paesi e i loro sistemi bancari. E questo per il semplice motivo che l’Italia era l’unico Paese europeo a trovarsi in una situazione economica così delicata. Dunque il problema nasce dal fatto che lo scenario attuale è molto diverso da quello che ha caratterizzato i momenti più bui della crisi. Allora l’allarme rosso risuonò ovunque costringendo tutti i Paesi, solidi e meno solidi, ad indossare l’elmetto e scendere in trincea. E fu proprio a causa di questa estrema contagiosità della crisi che i Governi permisero alla BCE di Mario Draghi di varare interventi prima non immaginabili pur di evitare l’implosione dell’Eurozona.
Il punto è che oggi non esiste più un allarme generalizzato: esiste invece uno scenario nel quale l’Italia è l’anello debole della catena in quanto cresce la metà degli altri, ha il doppio del credito deteriorato degli altri, ha una disoccupazione in aumento e una buona dose di incertezza politica. Ora è piuttosto evidente che nel momento in cui l’Italia decidesse di ignorare le regole europee e di riprendere l’isolato attacco alla baionetta contro l’Europa, risulterebbe poi molto arduo invocare uno scudo a protezione del proprio debito pubblico e dello spread. Draghi ha più volte affermato che la BCE non può attivare soccorsi ad hoc estemporanei, ma solo interventi rientranti in un programma valido erga omnes e governato da regole condivise (vedi il Quantitative Easing). Oltretutto, in questo contesto, l’Italia non potrebbe neanche contare sul sostegno da parte dei partner europei. Infatti, nessuna sponda verrebbe dai Paesi che sono stati sottoposti a dolorosi piani di salvataggio come Grecia, Spagna, Portogallo ed Irlanda. Le popolazioni di questi Paesi, a fronte degli aiuti ricevuti, hanno sopportato sacrifici inenarrabili quali il taglio di pensioni e stipendi, l’aumento dell’orario di lavoro, il taglio delle festività e del welfare: difficile ipotizzare che, a fronte di tutto ciò, consentirebbero all’Italia di godere di un trattamento di favore. Né, ovviamente, sarebbe possibile ottenere comprensione dai Paesi del centro Europa.
Non bisogna scordare che gli interventi espansivi della BCE sono sempre stati percepiti dai tedeschi come un regalo fatto agli italiani. Un regalo che, a causa della compressione dei tassi voluto dalla BCE, ha reso infruttiferi circa 5000 mld di risparmio degli elettori tedeschi. E appare anche piuttosto ottimistico contare sull’aiuto di ipotetici cavalieri bianchi sovranisti. Infatti, questi ultimi, anche in presenza di una improbabile ascesa nelle elezioni di Maggio, si trasformerebbero all’istante nei peggiori nemici di una Italia in grado di minacciare il loro risparmio e la loro stabilità. Ma, soprattutto, si sottovaluta il fatto che nel momento in cui un eventuale attacco all’arma bianca contro l’Europa dovesse fallire, non basterebbe al governo ritirarsi in buon ordine per riportare tutto alla normalità. Infatti, a quel punto, l’Italia sarebbe già stata travolta da una onda anomala costituita dalle paure dei mercati, dalla caduta dei rating, dagli attacchi speculativi, da spread e tassi a livelli insostenibili.
In questa ipotesi si aprirebbe uno scenario caratterizzato dalla limitazione della nostra sovranità nazionale e da misure fino ad oggi miracolosamente evitate quali una patrimoniale, forti rinunce al welfare, tagli a stipendi e pensioni. E allora, forse, è molto meglio fare ogni sforzo per aumentare il peso dell’Italia all’interno della cabina di regia europea, piuttosto che lanciarsi in attacchi scomposti contro l’Europa in uno scenario pericolosissimo e inesplorato: “hic sunt leones” avrebbero detto i latini.