Intervista al Senatore Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica
Intervista al Sen. Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, e già vice ministro Ministero dello Sviluppo Economico nella XVI legislatura.
La Relazione dei servizi segreti sulla sicurezza, presentata al Parlamento nel 2018, nel capitolo “Minacce al Sistema Paese”, denunzia azioni di Paesi e aziende stranieri tese ad espropriare il patrimonio finanziario, tecnologico e industriale italiano e della «permeabilità» di alcune aziende nazionali rispetto a queste manovre dirette ad acquisirne il controllo.
Senatore Urso, vicepresidente del Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, già vice ministro Mise, esiste davvero questo pericolo e come si presenta?
Il pericolo esiste ed è reale. Si tratta di manovre di attori esteri volte per impadronirsi delle aziende italiane di rilevanza strategica o ad alto contenuto tecnologico allo scopo di copiarne le tecnologie avanzate.
Si sa chi si celi dietro queste operazioni?
Non sempre risultano chiari gli attori di riferimento di queste iniziative acquisitive straniere, si sospetta che agiscano anche in accordo con i rispettivi apparati intelligence. Dalle indagini dei Servizi emergono – cito testualmente – «iniziative di investimento rivolte a settori ed imprese nazionali riconducibili ad attori ostili o illegali (sovente “schermati” da complesse triangolazioni finanziarie) ovvero comunque ispirate da finalità predatorie»; cioè manovre che perseguono strategie volte ad occupare ampli spazi di mercato italiano anche attraverso pratiche scorrette, rapporti lobbistici, esautoramento o avvicendamento preordinato di manager e tecnici italiani mirati all’acquisizione di dati sensibili. L’intelligence ha rilevato, anche, acquisizioni di quote in piccole società (cd. startup) dall’ elevato know-how, sempre da parte di attori esterni, anche statuali, per avere accesso alla tecnologia da queste sviluppata e poterla replicare nei rispettivi Paesi.
Quali sono le conseguenze e le ripercussioni?
Come riportato nell’ultimo Rapporto ISTAT sulla competitività delle imprese multinazionali in Italia, le imprese italiane acquisite da capitali stranieri licenziano il 18 per cento dei dipendenti nel primo anno; ma ancor più gravi sono le conseguenze sull’indotto nei distretti e nelle filiere industriali, soprattutto sulle PMI, perché le imprese acquisite da capitali stranieri tendono sempre più a rifornirsi di materie prime e semi componenti da aziende estere e non più dai tradizionali fornitori italiani. Se, infatti, l’interesse di operatori stranieri rappresenta un’opportunità per le nostre imprese e per l’Italia, se ispirata a criteri di correttezza e di sana competizione economica, gli investimenti con finalità predatorie, in realtà sottraggono tecnologie pregiate, alterano la competitività e la concorrenzialità delle nostre aziende, con ricadute negative sull’occupazione. Solo la Cina ha investito in Italia – nel periodo 2000-2017 – circa 14 milardi di Euro: a proposito di investimenti strettamente legati a strategie geopolitiche mondiali (come nel campo dell’approvvigionamento di energia) o a brevetti ed innovazioni tecnologiche (come nel settore digitale e dell’automazione), il colosso asiatico ha accesso ad informazioni di importanza strategica nazionale ed europea.
Lei è primo firmatario di un disegno di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta che indaghi su questi fenomeni.
Infatti. È assolutamente necessario salvaguardare il sistema produttivo italiano, il benessere della popolazione (penso ai lavoratori ed ai possessori di titoli), il patrimonio scientifico e tecnologico (dati personali, brevetti, tecnologia, reti ed infrastrutture strategiche), la competitività e il ruolo internazionale dell’Italia.
Per quanto di sua conoscenza, il nostro Paese potrebbe essere tacciato di uguali pratiche predatorie nei confronti di imprese e mercati esteri?
No. Il nostro Paese non ha allo stato nemmeno la forza di difendersi a fronte di attacchi ormai evidenti, figuriamoci se ha la forza per offendere. Dobbiamo assolutamente prendere consapevolezza della realtà e individuare la azioni pubbliche e le iniziative legislative per tutelare il nostro interesse nazionale. Sarà questo il compito della nostra commissione, non mera denuncia ma proposte di adeguate soluzioni.