Intervista a Paolo Fiore

Luci e ombre dei tribunali minori

Presidente Fiore, dal 2015 lei presiede il Tribunale di Gela. Data la mole di lavoro e l’organico, il suo può considerarsi un tribunale minore?
Sulla carta lo siamo se ci limitiamo a considerare l’organico complessivo dei magistrati che è di 14 unità soltanto. Ma se poi andiamo a vedere di che cosa ci occupiamo possiamo dire che il lavoro che svolge il Tribunale di Gela per i cospicui impegni di risorse personali e di tempo che richiede non è commisurabile con quello degli altri uffici giudiziari inseriti nei medesimi cluster dimensionali o geografici. Nel settore penale abbiamo infatti una preponderante presenza di procedimenti particolarmente gravosi per delitti di criminalità organizzata, quali quelli di associazione di tipo mafioso o finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, omicidio, usura, estorsione, fittizia attribuzione della titolarità di beni al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. E poi ci occupiamo anche di uno dei poli industriali più estesi del meridione d’Italia, costituito dall’impianto petrolchimico locale, con gravissimi problemi di inquinamento, malattie professionali, alterazioni genetiche e menomazioni neonatali derivanti dall’esposizione a sostanze nocive, originanti un complesso contenzioso civile per l’accertamento e il risarcimento dei danni patiti dalla popolazione oltre a procedimenti penali per reati ambientali, lesioni personali e omicidi colposi commessi con violazione delle disposizioni per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro particolarmente gravosi per la tecnicità delle materie e il particolare impegno necessario per giungere all’accertamento di nessi causali e responsabilità.

Quali sono le principali criticità che deve affrontare nel dirigere l’ufficio?
Attualmente abbiamo una grande emergenza che è comune a tanti altri uffici giudiziari del nostro paese ed è costituita delle insostenibili scoperture che si registrano e protraggono da tempo tra le fila del personale amministrativo previsto per l’ufficio. I tanti che sono andati in pensione negli ultimi venti anni sono stati sostituiti solo in piccolissima parte da nuove risorse e il risultato è che oggi il Tribunale di Gela ha una scopertura nelle figure apicali del 60 %. Non abbiamo il Dirigente, non abbiamo neppure i funzionari e i cancellieri e dobbiamo ciononostante fare fronte a compiti sempre più complessi, come quelli legati alle nuove attribuzioni che ci sono state date alla fine del 2014 in materia di funzionamento e manutenzione degli uffici giudiziari in cui operiamo.

Quali sono le condizioni degli altri tribunali minori?
I piccoli uffici hanno problemi comuni ma noi forse soffriamo un po’ di più per la mancanza di esperienza e il forte turn over dei magistrati che da noi, che non abbiamo figure stanziali, sono tutti di prima nomina, vengono da fuori e appena possono fanno rientro verso uffici più vicini a casa. Stanzialità e anzianità di servizio significano ruoli gestiti da magistrati che con l’esperienza hanno potuto ottimizzare la gestione del proprio lavoro; significano ruoli che non diventano acefali a intervalli triennali per durate variabili che possono raggiungere anche entità significative in cui accumulano tutto ciò che entra senza che vi sia alcuno smaltimento e che si abbattono sui poveri magistrati che ci vengono destinati e che alla loro prima esperienza lavorativa sul campo si trovano ad affrontarli, con tanto entusiasmo ma comprensibili difficoltà che si ripercuotono necessariamente sui livelli di produttività e di efficienza dell’ufficio.

Secondo lei, come si dovrebbe intervenire per sanare queste criticità?
Beh ritengo fondamentale che il Ministero della Giustizia compia uno sforzo che consenta di sopperire ad un immobilismo che è durato per troppo tempo, riaprendo la stagione dei concorsi per le figure apicali del personale amministrativo che sono quelle che permettono agli uffici di operare con efficienza. Non bastano gli assistenti giudiziari, occorrono dirigenti, funzionari e cancellieri.

Quanto ai magistrati un piccolo passo nella giusta direzione è stato fatto con il recente innalzamento legislativo da 3 a 4 anni del periodo minimo di permanenza nella sede di assegnazione. Il provvedimento ha suscitato tanti mugugni in tutti noi, me compreso, perché frena la mobilità e mortifica aspettative personali, però certamente fornisce un utile strumento per migliorare la stabilità operativa degli uffici. Un’altra misura fondamentale da adottare, ma su cui per il momento non si riescono a trovare soluzioni normative, sarebbe quella di garantire raccordi tra i tempi dei trasferimenti e quelli delle assegnazioni di sede, così da assicurare comunque continuità funzionali che non pregiudichino troppo le performances degli uffici.

Dove metterebbe le priorità?
Nelle persone e nella formazione. Solo così potremmo affrontare le sfide del futuro con serenità.

Se dovesse dare un consiglio al Ministro della Giustizia, cosa gli direbbe?
Ritengo che sia importante migliorare i raccordi tra centro e periferie e che sia necessario che tanti servizi che noi fatichiamo ad assicurare nei nostri circondari vengano gestiti in sede centrale o, quanto meno, regionale, come quelli per gli appalti per la fornitura di servizi e le manutenzioni degli stabili. Ci servono anche semplificazioni normative, stabilità e equanimità nelle politiche giudiziarie. Confidiamo nell’impegno del Ministro.

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